L’atteso secondo episodio della trilogia divide il pubblico: Peter Jackson è un genio, o ha solo esagerato?
Inutile dirlo, aspettavo Lo Hobbit: La Desolazione di Smaug ansiosamente. Per lui ho violato la mia regola numero uno (non andare mai a vedere un film il giorno della prima) e tenuto fede maniacalmente alla regola numero due (non guardare trailer per evitare spoiler di qualsiasi tipo).
E finalmente, il gran giorno. Prenotati i posti migliori, fatta scorta di patatine, si spengono le luci e mi preparo a godermi quella magia che ho imparato ad amare con LOTR e che tutti voi, amici di Illyon, ben conoscete.
Da qui in poi, spoiler alert!
Jackson ci aveva lasciato con la compagnia dei nani in viaggio per Erebor: li ritroviamo, braccati dagli orchi, nei pressi della casa del mutapelle Beorn, essere metà orso e metà umano, che li aiuta a raggiungere un Bosco Atro meravigliosamente cupo e brulicante di ragni, mentre Gandalf si separa dal gruppo, chiamato altrove da affari più urgenti, a lui affidati da dama Galadriel.
A questo punto i nostri eroi vengono salvati dalla minaccia degli aracnidi, e catturati dagli Elfi Silvani, quelli “più pericolosi e meno saggi”, che li conducono al cospetto di re Thranduil, un enigmatico e splendido Lee Pace, personaggio riuscitissimo che avrebbe meritato più spazio. A Bosco Atro ricompare anche una vecchia conoscenza: Legolas, accompagnato dal capitano Tauriel, la new entry tanto discussa interpretata da Evangeline Lilly.
Il film subisce a questo punto una sorta di battuta d’arresto, percepibile anche da chi non ha letto il libro. Passi la presenza di Legolas, che è sì forzata ma potrebbe essere verosimile vista la parentela col sovrano (è il figlio di Thranduil), ma il personaggio di Tauriel era proprio necessario? Secondo me no. Benché sia un’elfa molto bella, e benché le scene di azione che la riguardano siano ben girate, resta l’impressione che sia tutta una semplice aggiunta di Jackson per allungare il brodo e fare tre film, invece dei due preventivati all’inizio. Un personaggio inutile, bello da vedere ma di scarso spessore, molto poco “elfico”, a mio parere.
E poi, il triangolo amoroso tra lei, Legolas e Kili? Un’elfa con un nano? Seriously? Ho paura che Tolkien si rivolterà nella tomba, per questo!
Comunque, la narrazione continua, con Bilbo che sente sempre più l’oscuro potere dell’anello, il cui potere aumenta sempre di più e questo impaurisce il nostro hobbit, che continua però a servirsene e grazie a questo riesce a far fuggire i compagni, infilandoli in alcuni barili e scaricandoli senza troppe cerimonie nel fiume. Anche qui c’è una sensibile differenza con il libro, nel quale i nani erano in barili chiusi, che li portavano fino a Pontelagolungo. Nel film invece sono aperti, ed è una trovata astuta che serve a dar vita ad una delle scene d’azione migliori del film: la rocambolesca fuga dei nani, inseguiti dagli orchi, inseguiti dagli elfi. Uno spettacolo mozzafiato, tra l’epico e il divertente.
A questo punto Jackson introduce Bard, interpretato da Luke Evans, un nuovo, tormentato ed importante personaggio, che avrà un grosso peso nell’ultimo capitolo della trilogia. Da Pontelagolungo i nani raggiungono finalmente la loro destinazione, giusto in tempo per trovare la serratura nascosta ed aprire la porta segreta. Da qui, tutto si può riassumere con un’unica parola: Smaug!
Ricorderete certamente le diatribe sul numero di zampe che avrebbe dovuto avere un drago: state certi che neppure per un attimo vi fermerete contargli gli arti. Smaug è semplicemente meraviglioso. Maestoso, mellifluo, crudele e cattivo, la perfetta incarnazione dell’idea tolkieniana. Animato benissimo, doppiato da un Luca Ward riesce nell’impresa titanica di non farci rimpiangere Benedict Cumberbatch, vale da solo il prezzo del biglietto. Nel momento in cui appare tutto diventa superfluo, e se la sequenza dei barili vi aveva appassionato, le scene dedicate al flagello alato vi lasceranno a bocca aperta. Non ho difficoltà ad affermarlo: è il miglior drago che il cinema ci abbia mai regalato.
Qui Jackson ha collocato il brusco finale, un cliffhanger che ci terrà col fiato sospeso per un altro, lungo anno.
Comincia un nuovo conto alla rovescia…
-Barbara Sergio-