Secondo appuntamento con l’approfondimento delle relazioni tra le razze fantasy di Dragonlance e di una figura importantissima: Raistlin Majere.
Raistlin.
Non dovremmo, quindi, dire altro.
Ok , ok, forse si, per completezza.
Raistlin Majere.
Due parole, un solo nome, quattordici lettere. Tutto questo, potremmo dire, racchiude appieno la bellezza, la poesia, l’ansia, il pathos, la tristezza, la malinconia di Dragonlance: perché è accettabile da tutti considerare questa figura, quella dell’Arcimago delle Vesti Nere, quella più iconica della saga, un po’ come quella di Drizzt do’Urden o di Elminster per Forgotten Realms e per il Signore degli Anelli… no, nessuna, tutte sono iconiche, tutte bellissime, nessuna che troneggia sulle altre.
“Ma, caro Leo d’Amato, dovresti comunque tirar fuori un nome”.
Un solo nome…? Ok, Sam. Samvise Gamgee. È lui il vero protagonista, il vero eroe, il vero “nessuno” che diventa tutti. Sconvolti? Ci torneremo, promesso. Prima o poi.
Torniamo a parlare di Raislin, una figura contraddittoria, una figura tragica, una figura che nel mondo del wrestling sarebbe l’Undertaker, più dell’Undertaker, ossia l’Undertaker fuso con Triple H: un heel, un bastardo di un bastardo che non si può, deciso e crudele, consapevole di sé stesso e del proprio obbiettivo eppure… in grado di tendere, saltuariamente, la mano verso chi ne avesse davvero bisogno; un antieroe di quelli che ti fanno amare l’Oscurità.
Vabbè, basta, andiamo avanti.
Raistlin ha sempre costituito una figura ambivalente, prevalentemente rivolta all’oscurità data dalla certezza di avere un obiettivo, di dover fare tutto quello che “è necessario” per riuscirci, pilotando eventi, situazioni, ma soprattutto le persone: uno su tutti, suo fratello gemello, Caramon Majere. Eppure, si diceva, era intriso di un’oscurità non priva di sprazzi di insospettabile altruismo e di generosità, legati ad un orgoglio personale misto ad uno stranissimo senso del dovere: no, piuttosto, dovremmo aggiustare il tiro dicendo che il suo orgoglio gli impediva di sentirsi in debito con chicchessia.
In quanto cagionevole di salute fin da giovane (e le cui condizioni andranno solo peggiorando dopo la Prova nella Torre dell’Alta Stregoneria), intelligente, sveglio, pronto e dotato nell’Arte (ossia la Magia), Raistlin ha sempre sofferto di un complesso di inferiorità misto a gelosia nei confronti di suo fratello gemello soprattutto, “reo” di essere aitante, bello, in ottima salute per quanto più lento di comprendonio (una convinzione errata, dopotutto, visto che Caramon era solito soppesare bene tutte le cose e non soffermarsi alla prima impressione); e, a ben guardare, è proprio nei confronti degli umani che ha sempre dimostrato una sorta di malcelata superiorità e insofferenza, o al meglio capacità manipolatrice, senza tener conto delle conseguenze. È stato così per lady Crysania, benevola sacerdotessa di Paladine invaghitasi del mago oscuro (e Noi di Mistero siamo convinti che Raistlin ricambiasse, sebbene come detto avesse tutt’altro scopo e fine, e non avrebbe permesso a niente e nessuno di ostacolarlo, nemmeno ai propri stessi sentimenti) che è stata sfruttata per gli obiettivi del mago e poi lasciata da sola a morire (anche se… no, vabbè, niente spoiler!); ma è stato così anche per Caramon stesso, che è stato ferito e sfruttato più volte, e che tuttavia è stato salvato dalla morte dal mago stesso, in concomitanza della Guerra delle Lance; in qualche modo sarà così anche per Sturm, che se non altro sarà un degno avversario “morale” per Raislin.
Ma, a ben guardare, per quanto sia stato Caramon stesso la principale ancora di salvezza dell’anima del fratello, ed in qualche maniera l’“amore” verso Crysania abbia fatto scattare la scintilla, pure la “salvezza” è venuta da altre fonti, che ne hanno alimentato l’ardore, chiamando il mago oscuro a compiere un passo indietro, ammettere i suoi sbagli e, pur senza fare ammenda, far tutto ciò che fosse nelle proprie forze per porvi rimedio.
Queste fonti si chiamano Bupu, Tasslehoff e Scrounger: quest’ultimo è un personaggio minore della saga, un mezzo-kender che si arruola nell’esercito del Barone Pazzo assieme a Raistlin e Caramon, e che, inserito nel romanzo Fratelli in Armi, ha comunque avuto il merito di mantener vivo nell’animo dei due fratelli, all’epoca giovanissimi mercenari, una sorta di fanciullesca innocenza e di speranza oltre che un forte desiderio di autodeterminazione; è a Scrounger che Raistlin deve l’aver risolto gli intrighi narrati nel romanzo, ed è una figura in qualche modo importante in questo, oltre che per aver insegnato ai due fratelli che si potevano superare i limiti imposti dalla propria razza e, in qualche modo, dal proprio destino.
Tasslehoff, il celeberrimo kender, quello che funge da ispirazione a tutti coloro che giocano i kender (ma anche coloro che giocano gli halfling e, in misura minore, coloro che interpretano in un dato modo gli hobbit), è risultato per certi versi fondamentale: anche se i rapporti tra lui e Raistlin saranno sempre difficili, dopo la Prova che cambierà per sempre la vita del mago è pur vero che la Veste Nera resterà ancorata a certuni ricordi di gioventù, quelli più cari, quelli più lontani, il cui ricordo e le cui risate costituiranno un memento importantissimo per lui, una nostalgia per un tempo che fu, quasi un rimpianto per ciò che poteva essere eppur non è stato, senza però che la cosa porti a discutere i propri obiettivi; solo così si spiega il fatto che Raistlin, pur provato e stanco, abbia salvato la vita al kender che stava per morire a causa di un potentissimo veleno, rischiando la propria vita. “Non ci sono più debiti”, si troverà spesso a dire: ed è questo suo orgoglio che lo spinge, seppur votato al male, a compiere un gesto di raro altruismo.
Di più ancora, quando era ancora in bilico tra Neutralità e Tenebre, egli verrà influenzato profondamente da Bupu e sarà il ricordo di lei ad alimentare la fiamma scaturita dalla scintilla di cui sopra si accennava, per la salvezza: Bupu è una figura miseranda, per quanto più intelligente e sveglia dei suoi simili, una Nana dei Fossi, stirpe tarata per intelletto, codardi per natura, ridotta sovente in schiavitù ed irrisa da qualunque altra razza, al di sotto di ogni scala sociale e gerarchica, in grado di suscitare a tratti la compassione persino di un kender (che raramente viene accettato in qualsivoglia contesto). La storia di Bupu, sulla quale Raistlin lancerà un incantesimo di charme molto potente, al punto da suscitare la di lei ammirazione ed una forma di amore, rappresenta una triste storia. Eppure, lei sola dimostrerà di preoccuparsi di Raistlin, di “amarlo” per quello che è, di adoperarsi per proteggerlo e in qualche maniera venire incontro ai suoi desideri (come procurargli di nascosto uno dei libri di Fistandantilus, l’antico mago oscuro) e di cercare di curare la sua salute con i propri metodi, come l’uso di una lucertola essiccata per curarne gli eccessi di tosse. Sarà proprio Raist a “liberarla” anche dal proprio servaggio, a invocare una sorta di “benedizione” perché ella potesse tornare a casa sana e salva e chiamarla “piccolina”. Cioè, teneramente, mostrando pietà verso di lei, “piccolina”. Scusate, una lacrimuccia.
Proseguiamo.
Sarà proprio l’immagine della Nana dei Fossi, morta ed abbandonata nel fango stringendo la sua “lucertola curatrice”, appartenente ad un ipotetico futuro (che non si realizzerà) in cui erano stati sbalzati sia Caramon che Tasslehoff, a far nascere i primi, veri, dubbi in Raistlin sul proprio agire: stanco e provato, ferito e conscio di essersi da solo compromesso e cacciato in un vicolo cieco, con la Regina delle Tenebre alle calcagna eppure con la via di fuga ad un passo, il Mago vedrà nella mente del fratello ciò che avrebbe portato con le sue scelte, con la sua brama di potere, col suo egoismo… un mondo distrutto, gli dei caduti, più niente per poter creare la vita e, tra tutte le cose, una sola: un corpicino minuto; un corpo abbandonato nel fango; quello di Bupu, abbandonata ad un riposo infelice, ad una tomba senza nome, ad una morte senza alcun dio che ne accogliesse l’anima.
Nemmeno lui stesso, che in quel futuro ipotetico sarebbe diventato l’unico dio ancora esistente.
“Vuoto… vuoto. Non c’era nulla dentro di lui? Sì… c’era qualcosa. Non molto, ma pur sempre qualcosa. La sua anima gli tese la mano. E la sua stessa mano rispose, protendendosi a toccare la pelle coperta di vesciche di Crysania.”
È questo il momento di svolta, quello più alto e profondo del personaggio, che aveva mostrato una increspatura nella “maschera” solo in pochissime altre occasioni, come quando stava per separarsi dal gemello a dorso di un drago verde (Cyan Bloodbane), oramai avendo vestito le Vesti Nere, impedendogli di seguirlo nell’oscurità.
«Davvero?» chiese Raistlin con voce sommessa, appoggiando una mano sul collo del drago per tranquillizzarlo. «Verresti con me nella tenebra?» Raistlin lo fissò. I suoi occhi erano pozze dorate dentro una profonda tenebra. «Sì, credo davvero che lo faresti» si meravigliò il mago, parlando quasi fra sé. Per un momento Raistlin rimase seduto sul dorso del drago, riflettendo. Poi scosse la testa con decisione.
«No, fratello mio. Dove io vado, tu non puoi seguirmi. Per quanto tu sia forte, questo ti condurrebbe alla morte. Siamo finalmente quello che gli dèi intendevano che fossimo, Caramon: due persone intere, e qui i nostri sentieri si separano. Tu devi imparare a percorrere il tuo da solo, Caramon». Per un istante il fantasma di un sorriso tremolò sulla faccia di Raistlin, illuminata dalla luce della bacchetta, «o con quelli che potrebbero scegliere di percorrerlo con te. Addio, fratello mio».
Con questa affermazione, Raistlin protegge e salva suo fratello: rifiutandogli la “tenebra”, ossia di seguirlo e condividere con lui la vita scelta per sé dal mago da quel momento in poi, Raistlin è sinceramente convinto di averlo salvato da una sorte differente, da una morte.
Lo stesso accade quando i due, durante il loro viaggio nel passato, restano da soli nel bosco e Caramon finisce per sbaglio in una trappola per conigli, restando appeso a testa in giù, tenuto solo per una caviglia, assieme alla loro preda. È una scena talmente comica, nella sua semplicità, se rapportato al contesto duro in cui i due gemelli si trovavano, che Raistlin ride: ride fino alle lacrime, ride di un riso infantile e puro, ride fino a temere che “qualcosa si spezzi dentro di lui”, mentre per un poco le tenebre “vengono allontanate”. Raistlin è l’uomo fallibile, come Sturm (di cui si parlava qui in modo diffuso), un personaggio tragico, ma in tutt’altro senso, un personaggio che ti commuove, che ti lascia dentro una sensazione di umanità e mortalità tali da non poterlo odiare fino in fondo. È il personaggio potente come nessun altro, un mortale quasi assurto al rango di divinità, che resta nel male più oscuro, nella dedizione più nera ai propri perfidi scopi (dirà, per esempio, che ci sono delle volte, nel momento più cupo della notte, in cui ciò che ha fatto gli è intollerabile) che pur conscio di aver commesso il male lo rifarebbe. Eppure, quando si sacrifica, quando abbandona la possibilità di salvarsi, assecondando un desiderio di conservazione umano, ci viene un groppo in gola.
Chiudendo con una citazione, “Lo amavamo per questo”.
-Leo d’Amato-