Si chiama Argo, il suo nome ricorda una famosa città greca. Ha vissuto come un semplice contadino proprio in Grecia, finché un giorno una strana serie di eventi l’hanno richiamato al suo destino, un destino che lo porterà a Roma, un destino legato all’intera umanità.
L’avvento del Prescelto è il volume iniziale della saga di Argo, prima pubblicazione di Mario Granozio, autore del salernitano, edito dalla casa editrice Vertigo nella collana Approdi. La saga, secondo le prime voci, dovrebbe essere composta da un numero totale di sei volumi, di cui però non è ancora stata anticipata l’uscita. Il protagonista è un giovane contadino della penisola ellenica che alla morte del padre adottivo verrà a conoscenza del fatto che egli era il custode di un medaglione appartenente alla dea Minerva, la quale aveva sacrificato il suo stesso corpo per tenere imprigionato Aita, dio degli Inferi. Ma gli uomini, dimenticato il patto stretto con la dea che aveva permesso la prigionia di questa pericolosa divinità della morte e della distruzione, hanno permesso ad Aita di liberarsi. Per volere della dea, dunque, il nostro giovane eroe dovrà dirigersi a Roma sia per salvare quello che resta dell’essenza della divinità, e quindi non permettere che scompaia del tutto, sia per radunare i dodici guardiani della dea, gli unici che potrebbero salvare il destino di quella che oggi conosciamo come la città eterna. Ma in Argo c’è molto più che un semplice guardiano della dea: in lui c’è qualcosa di sorprendente, che perfino gli dei potrebbero dover temere.
Non manca ovviamente la “bella” dell’opera, di cui il protagonista si innamora a prima vista. È la giovane Ariel, cieca dalla nascita, ma dall’animo così puro che, anche senza vista, riesce ad avere una visione del potere che si cela nel suo amato.
Ora, essenzialmente, ciò che si evince da questo romanzo è il forte legame e la forte affinità che esso ha nei confronti dell’anime e manga Saint Seiya (o I Cavalieri dello Zodiaco, come sono meglio conosciuti qui), e sicuramente la copertina incentiva una considerazione del genere. Senza contare che c’è il forte rapporto della mitologia greca con quella romana che, nomi a parte, presentano le stesse figure, quindi non occorrono studi classici per associare Minerva e Atena. Ma del resto è lo stesso autore ad affermare nel suo forum che la saga nata dalla matita di Masami Kurumada è stata per lui una grande fonte di ispirazione, essendoci egli molto legato. Il testo tende ad usare un tono articolato, e c’è una certa tendenza nel lasciare i verbi in chiusura di frase. Frequenti sono i dialoghi e frequente e anche l’uso delle onomatopee che probabilmente l’autore utilizza per dare un aspetto più visivo o teatrale. A qualcuno piacciono, a qualcun altro no, certo creano un contrasto con il ritmo della narrazione. Ma forse è anche questo l’intento dell’autore, ovvero spezzare quel ritmo che potrebbe apparire altrimenti troppo serio. Per quanto riguarda la trama, la storia segue esattamente le aspettative del lettore, sul protagonista ma anche sul modo in cui lui accresce i suoi poteri e su quanto velocemente ne viene a conoscenza, seppure non gli vengano mai elargite risposte chiare nel momento in cui egli ponga le proprie domande; questo in un climax ascendente fino allo scontro conclusivo che porta a un finale aperto. La storia, dunque, annuncia già di per sé un seguito.
Tuttavia non si può tralasciare che in questo romanzo vi sia una grande pecca, e cioè la scarsa cura della casa editrice nel ricontrollare il testo, editarlo e correggere quindi quei refusi che sono all’interno dell’opera tutta. Questi bloccano il lettore e lo portano a rileggere spesso un determinato pezzo per rendersi conto se non sia stata una propria svista o altro, soprattutto quando un verbo viene sostituito con una congiunzione e viceversa. E questo, da chi pubblica con una casa editrice, non ce lo si aspetta, perché si presuppone che il testo, se non perfetto, sia per lo meno corretto. Non incriminiamo l’autore, ma chi, per lui, si deve essere occupato di pubblicare.
Forse il ritmo di questo racconto è troppo rapido per come io, personalmente, considero debba esserlo in un romanzo. È adatto per quelli che prediligono l’azione all’introspezione. Una storia leggera, dunque, ovviamente rivolta a chi quel genere lo fa suo.
-Eleonora Carrano-