Non fa particolarmente freddo, sono le tipiche serate di brezza in cui viaggiare, e partire diventa cosi piacevole da essere quasi più facile: ormai è la mia classica abitudine partire senza sosta, viaggiare da un mondo all’altro alla caccia del mistero, di quello che si cela.
Mi lascio alle spalle l’isola e con essa la mia casa. Come sempre, nessuno sa che sono già ripartito, né conosce la mia prossima meta: sanno solo che sono Shar-kharn, il guardiano che risiede nella fortezza dell’ombra, e tanto a loro quanto a voi dovrebbe bastare, perché ora c’è altro su cui indagare. Ormai le tracce sono tutte ben chiare. Non resta che lasciarsi, ancora una volta alle spalle il mondo di Illyon e uscire dall’altra parte. A volte la gente si dimentica che vi è più mistero in questo mondo che in molti dei loro libri, ma quel che mi porta fin qui è dare un senso a quelle leggende, o forse dopo questo caso mi toccherà tornare su molti dei miei passi… Dato che questa volta a essere in discussione è veridicità storica minata da alcuni particolari oggetti conosciuti come OOpart, non mi resta che raggiungere la meta.
Arrivo da solo, come sempre, nel vecchio continente, ma ci sposteremo in questa ricerca per tutto il globo, ne ho già il sentore, ma prima devo giustamente chiarivi cosa stiamo cercando: bene, facciamolo subito. OOPArt è un termine che deriva dall’acronimo inglese “Out of Place Artifacts” (reperti o manufatti fuori posto): si vede che gli studiosi conoscono poco la mia scrivania, sarebbe piena di oggetti decisamente fuori posto, ma dubito che le tracce mi riporteranno cosi velocemente a casa, e a essere sinceri solo l’idea di un qualcosa che possa stravolgere completamente il mio panorama storico mi attira, e non posso farci niente. Ovviamente non rivendicherò nessuna scoperta, dato che già mi ha preceduto Ivan Sanderson, coniando questo nome per una categoria di oggetti che sembrerebbero avere una difficile collocazione storica, ossia rappresenterebbero un anacronismo: per capirci, è una situazione in cui appaiono oggetti o personaggi che, per ragioni storiche e cronologiche, non sarebbero potuti comparire. Un anacronismo è dunque un fatto o un oggetto apparentemente avulso dal proprio contesto temporale. Immaginate anche solo per un attimo di dover riscrivere la storia, di dover collocare avvenimenti che fino a quel momento sono stati sconosciuti, tecnologie perdute, e possibilità infinite: non ci credete, vero? O forse sì? In ogni caso, immaginare è solo una parte di questa storia, perché all’immaginazione si è aggiunto il lavoro di ricerca e recupero dell’uomo: concorderete, indipendentemente da tutto, che uno dei punti di forza dell’uomo è proprio la curiosità. E cosi, tempo dopo tempo, scavo dopo scavo, aumentavano gli OOPArt, tutti quei reperti archeologici o paleontologici che, secondo comuni convinzioni riguardo al passato, si suppone non sarebbero potuti esistere nell’epoca a cui si riferiscono le datazioni iniziali. Ritrovamento dopo ritrovamento, vari filoni più o meno veritieri si sono accumulati, dando spazio a paleo-archeologie del mistero, cosa di per sé interessante, anche se potevo tranquillamente aspettarmi il risultato “la teoria ufologica creazionistica”: inutile, suppongo, spiegarla agli appassionati del mistero. Non mi sento di escludere niente, ma come “detective” preferisco continuare le ricerche, piuttosto che affidarmi a teorie e belle favole confezionate sull’origine della specie umana. Però, a scopo puramente informativo, voglio comunque aggiungere che, in base agli oggetti che alcuni ritengono siano degli OOPart, sono stati sviluppati alcuni modelli teorici alternativi alla ricostruzione universalmente accettata di alcuni fatti preistorici:
La “teoria dell’alternanza delle civiltà evolute”, o “Teoria catastrofista”, ipotizza che sulla Terra possano essersi sviluppate, in forme e caratteristiche diverse o analoghe a quella contemporanea, molte civiltà “tecnologicamente e/o spiritualmente evolute”. I sostenitori di questa teoria pensano che le grandi estinzioni di massa documentate nella storia terrestre, in ognuna delle quali si è estinta una percentuale tra l’83 ed il 95% delle specie viventi, possano aver distrutto civiltà già evolute.
La “teoria degli interventi alieni” ipotizza che la Terra sia stata visitata e/o colonizzata da una o più razze extraterrestri, in questo caso estremamente simili all’uomo, con tracce individuate in diversi siti geologicamente molto antichi. Secondo diverse interpretazioni di questa teoria, eventuali alieni sbarcati sulla Terra, pur senza lasciare tracce, avrebbero potuto comunque influenzare indirettamente gli esseri umani preistorici, similmente a quanto accadde in tempi moderni col fenomeno del culto del cargo. Secondo le interpretazioni dei sostenitori degli OOPArt, alcuni di questi oggetti metterebbero in crisi le teorie scientifiche e le conoscenze storiche consolidate, e ammetto che la causa che mi ha spinto a lasciare l’isola anche questa volta è proprio questa. Tuttavia solo in rari casi tali affermazioni hanno avuto il sostegno della scienza: ad esempio, gli oggetti possono venire in seguito spiegati come appartenenti effettivamente all’epoca in cui sono stati fabbricati, senza che alcuna conoscenza dei fatti storici possa essere messa in discussione, cosa che porterebbe tutte le possibili cadute delle attuali conoscenze a un semplice fumo senza arrosto (così è accaduto per la cosiddetta macchina di Anticitera).
Sicuramente un sofisticato calcolatore astronomico, pregevole e fuori da ogni schema, generalmente considerato dai media e dall’opinione pubblica un oggetto tecnologicamente troppo avanzato per appartenere all’età ellenistica, ma che in realtà è perfettamente compatibile con le conoscenze tecniche e astronomiche degli antichi greci post alessandrini, pur rimanendo un reperto unico per complessità e manifattura. Quindi, di conseguenza, certo troppo avanzato ma non irrealizzabile per il popolo greco. Dobbiamo però dire che può anche capitare che gli oggetti, dopo un’analisi iniziale fallace, vengano sottoposti a studi scientifici e ne venga riscontrata la loro appartenenza ad epoche più recenti o a contesti spiegabili: questo quindi li colloca fuori dall’ambito degli OOPArt, o li fa riconoscere come oggetti di moderna falsificazione (come il Martello di London). Falsificazioni riscontrabili, peraltro, anche per reperti convenzionali: bella tecnica, ma lavoro scadente da parte dei falsificatori. Ci vuole ben altro per depistarmi. Non sono rari i casi in cui l’oggetto, dopo la pubblicazione iniziale, scompare o viene reso inaccessibile per le necessarie verifiche scientifiche, mantenendo quindi la fama di oggetto misterioso, ma senza possibilità di risolvere il “mistero”. Ovviamente la cosa non fa altro che aggiungere importanza alla fama di famigerati oggetti che celano imperscrutabili segreti, o forse semplicemente ci dimostrano che non sappiamo ancora tutto. Altre volte, invece, gli OOPArt vengono identificati con un oggetto del tutto normale. Ad esempio, all’interno del Geode di Coso è stato ritrovato un oggetto metallico, in seguito riconosciuto da tecnici esperti come una candela di un motore a scoppio degli anni venti, cosa che però ci lascia quel retrogusto di indecisione su cosa vi faccia un oggetto del genere lì dentro. Siamo nel 1995 quando il ricercatore Michael Cremo pubblica un volume enorme che cataloga tutti i reperti dimenticati delle origini dell’uomo (Michael Cremo, Richard L. Thompson: Archeologia proibita – La storia segreta della razza umana – pubblicato in Italia dal Gruppo Futura della Jackson Libri). Recuperando anche la letteratura scientifica della seconda metà dell’800, Cremo ha scoperto una vera e propria soppressione di prove, che dimostrano che l’Homo Sapiens anatomicamente moderno esiste da decine di milioni di anni. Prove che per documentazione e numero superano i reperti sparsi e incongruenti che formano la linea evolutiva accettata, ma che lasciano seri dubbi a chi segue un filone scientifico più razionale: in fondo, qualcosa difficile da trovare non significa che sia impossibile da realizzare, ma a questo punto parliamo di oggetti veri e propri. Qualche consiglio: innanzi tutto, non abbiamo a che fare con verità storiche. Affascinati dal mistero non vuol dire che tutto è vero. In secondo luogo, valutate tempi, stili grafici e avvicinamenti a concetti che le stesse immagini possono suggerire: la verità esiste solo se voi volete vederla.
Continuate a seguirci: prossimamente saremo ancora sulle tracce di oggetti fuori dal tempo, ci spingeremo fino a un mio contatto nel vecchio continente, dove nel suo archivio troverete una lista di oggetti leggendari che insieme spulceremo, per tagliare nettamente il confine tra leggenda e verità. Come sempre la notte giunge ancora una volta, ma questa volta per noi è tempo di riposare, di chiudere un’altra pagina sul mistero che avvolge questi mondi…
Shar-kharn
–Michele D’Elia–