Il genere umano ha smesso di fare cose e ha iniziato a fare macchine che fanno cose: ammettiamolo, a volte queste ultime le fanno meglio. O più in fretta. Soprattutto se il termine di paragone è uno scrittore vecchio e panzerotto con una passione per il cibo e una certa avversione per le deadline. George Martin, do you copy?
Vi abbiamo già parlato di reti neurali, e oggi torniamo sull’argomento col frutto più pazzerellone delle infinite possibilità offerte dalla startup Alexa Accelerator della Techstars, Botnik, un software si occupa appunto di creare contenuti creativi attraverso l’intelligenza artificiale.
Come funziona l’applicazione? I ragazzi del team, esperti di scrittura creativa, “addestrano” Botnik per creare tastiere predittive su repertori testuali suddivisi per aree tematiche (li trovate tutti online, insieme all’applicazione gratuita). Il risultato è una tastiera che aiuta a comporre testi simili in stile e contenuti a quelli scritti in precedenza. Quindi, teoricamente, potreste usarla per scrivere una canzone come Britney Spears, una poesia come Byron e una ricetta per il tacchino del Giorno del Ringraziamento (è già stato fatto). Peccato che sia tutto totalmente a caso!
A quanto pare, l’intelligenza artificiale conosce ragioni che la ragione non conosce: l’algoritmo del programma si basa su probabilità statistiche di accostamento delle parole, non sul senso logico e narrativo. Ecco perché, quando lo scorso settembre l’ingegnere informatico Zack Thoutt utilizzò il suo software di rete neurale per concludere Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, un Jamie pieno di parole assassinava sua sorella, Ned resuscitava (viva le reti neurali!) e nuovi personaggi dai nomi improbabili comparivano nella storia.
Nel caso di Botnik, invece, il team ha optato per un altro fantasy molto amato, Harry Potter: il software, infatti, ha scritto il capitolo tredici del prossimo libro delle avventure del bambino sopravvissuto, gloriosamente intitolato “Harry Potter e il Ritratto di quello che sembrava un Grosso Mucchio di Cenere”.
Il capitolo vede protagonisti Harry, Ron e Hermione in un’avventura che sembra molto strana già dal secondo paragrafo: “Ron se ne stava lì ed era impegnato in una specie di frenetico tip tap. Vide Harry e immediatamente iniziò a mangiare la famiglia di Hermione”. Dopo questo episodio di cannibalismo random e osservazioni estetiche di dubbia utilità (“La maglietta del Ron di Ron era un disastro come Ron stesso”), i tre protagonisti arrivano in cima al castello dove assistono a una serie di scambi galanti fra Mangiamorte, prima dell’arrivo di Voldemort. Quando lo vede, Harry perde la testa: si strappa gli occhi e li getta nel bosco, mentre Voldemort lo guarda lievemente perplesso. Ma non finisce qui.
“Voldemort, sei un mago brutto e cattivo, disse ferocemente Harry. Hermione annuì con fare incoraggiante. Il Mangiamorte alto indossava una maglietta che diceva ‘Hermione ha dimenticato come si balla”, perciò Hermione gli immerse la faccia nel fango.”
La parte da leone però spetta a Ron che, evidentemente a corto di idee, scaglia direttamente la sua bacchetta contro Voldemort, tra il plauso generale. È qui che Harry pronuncia la battuta che dà il titolo a questo glorioso capitolo della saga: “Ron è quello bello, disse Harry mentre immergeva Hermione nella salsa bollente”.
Il capitolo si conclude in modo edificante, con Silente che nomina Nuovo Hagrid il maiale di Tassorosso e Harry che precipita per tre mesi giù per la scala a chiocciola, urlando “Sono Harry Potter, la magia oscura farà meglio a temermi, che gran ficata!”.
Solo io sono triste perché non si tratta di un libro intero?
–Francesca Canapa–
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