Parafrasando Calvino, i grandi classici sono quelli che puoi leggere infinite volte, e infinite volte scoprirai qualcosa di nuovo in essi, perché non finiscono mai quello che hanno da dire. Allora il corpus di opere di H.P. Lovecraft è un classico perché, nonostante non abbia la forma-libro tanto cara alla critica e pur essendo debitore alle pagine delle riviste pulp di inizio Novecento, ha cambiato il modo di intendere il genere fantastico e consegnato al futuro racconti che non esauriscono mai la loro carica evocativa.
In questa raccolta di scritti, il racconto Il Tempio occupa un posto importante. Pubblicato nel 1920, segna una svolta per Lovecraft, che dà il via a una scrittura diversa in senso moderno per l’epoca, quindi documentaristica e quasi scientifica, con l’aura persistente del mistero e dell’inspiegabile, più che del terrore. Perché c’è il presagio, il non-detto, il mistico, il macabro, tutto in una trama che sconfina tra i generi.
Nicola Pesce Editore ha dedicato una bella graphic novel a questo racconto, pubblicandolo in occasione degli 80 anni dalla morte dell’autore (1937) e dei 100 dall’epoca in cui è ambientato (1917). Il volume si presenta come un cartonato tutto a colori di 64 pagine, comprensive di esaustiva appendice che spiega la genesi del racconto, sceneggiato da Rotomago e disegnato da Calvez.
Ecco in breve la trama, di cui anticipo solo i punti salienti per evitare grossi spoiler. La Prima Guerra Mondiale è all’apice. La storia è scritta sotto forma di diario di bordo del conte Karl Heinrich Von Altberg-Ehrenstein, al comando del sottomarino tedesco U-29. Dopo una citazione dal Necronomicon che è tutta un programma, il racconto prende il via con l’attacco del sommergibile ai danni di una nave cargo inglese. Sul corpo di uno dei marinai morti nell’attacco, i tedeschi trovano una piccola scultura raffigurante un volto antico, una divinità greca dalle sembianze apollinee. A quel punto, all’equipaggio dell’U-Boot iniziano a succedere strane cose: visioni, voci, episodi di follia e delfini che sembrano resistere alle profondità senza risalire in superficie. Tutte cose che l’integerrimo comandante prussiano etichetta come superstizione. In un susseguirsi di incidenti, suicidi e giustizia sommaria, apparentemente dovuti all’influsso di quello strano reperto, il sottomarino va alla deriva fino ad inabissarsi nell’Atlantico. Il comandante e il suo secondo Klanze rimangono i soli a bordo, a corto di energia e scorte, nel buio totale, mentre qualcuno – o qualcosa? – li sta chiamando fuori, sul fondo dell’oceano. Ad attenderli nelle profondità ci sono ben più che i pesci: strane rovine antiche non sembrano messe lì per caso…
Dal punto di vista tecnico, la storia ha un ritmo in costante accelerazione. Dopo un inizio lento, il vortice degli eventi prende il lettore con un ritmo sempre più veloce, scandito da tavole con suddivisioni a gabbie classiche regolari, fino alle pagine finali, in cui tutto rallenta di nuovo con delle inquietanti e futuristiche splash page.
La trama segue quasi per filo e per segno quella del racconto di Lovecraft, che prende il via da un fatto storico, l’affondamento della nave passeggeri Lusitania ad opera dei tedeschi nel 1915, uno dei motivi che ha spinto gli Stati Uniti a prendere parte al conflitto. È l’elemento reale che pone le basi per il racconto fantastico. Anche la presenza ridotta al minimo dei dialoghi e l’importanza data alle didascalie rispettano la forma di resoconto che Lovecraft aveva dato a quest’opera.
Il protagonista, infatti, si esprime in prima persona, e di lui veniamo così a conoscenza di ogni caratteristica psicologica: un patriota che si macchia di crimini di guerra, la prefigurazione del fanatico nazista, che non vede altro se non la realtà descritta dalla scienza e privo di ogni scrupolo nello sradicare qualsiasi cosa si ponga tra lui e i suoi ordini. Quest’uomo razionale, che rifiuta l’inspiegabile e il sovrannaturale, si scontra con una forza sconosciuta che mette alla prova la sua mente. È il classico contrasto lovecraftiano. Fin dove si tratta di suggestione non è dato saperlo, fatto sta che un ufficiale teutonico tutto d’un pezzo viene smontato un po’ alla volta, ridicolizzato nel suo pragmatismo e nella sua ossessione per l’antichità classica e per la magia del sud che incrina la tempra dell’uomo nordico – ricordate Hitler? Come a dire, gli ideologismi non sono niente al confronto dell’eternità.
Il Tempio è uno dei racconti più importanti di Lovecraft perché unisce fantasy, fantascienza e horror fin dalla cover, che attira lo sguardo verso una luce irresistibile, tra le colonne di un antico tempio, e ci mostra un uomo con l’attrezzatura da palombaro che si dirige verso di essa.
C’è l’evidente richiamo al Nautilus che nel 1869 punta i fari su Atlantide e allo stupore dell’eroe verniano Pierre Aronnax; c’è il tema classico della nave fantasma, ripreso dal Dracula di Stoker del 1897, in cui viene ritrovato un resoconto di viaggio molto simile a quello dell’U-29; e poi, come non ricordare che il racconto Il richiamo di Cthulhu prende le mosse proprio dal ritrovamento di una scultura antica e maledetta? Se poi consideriamo che il sottotitolo originale del racconto è Manoscritto trovato sulla costa dello Yucatan, il paese dei Maya, direi che possiamo chiudere il cerchio per quanto riguarda l’aura di mistero e di esoterico che avvolge il racconto.
Marino, sotterraneo, cosmico, l’abisso è l’archetipo di tutti i terrori lovecraftiani, una porta per un altrove. E tutte le tematiche del Ciclo di Cthulhu sono presenti in questo racconto dalle atmosfere cupe e seducenti, che ricordano Indiana Jones quanto gli antichi miti classici. E a proposito di Cthulhu, come non leggere un chiaro riferimento al dio cosmico nelle vibrazioni luminose a forma di tentacoli che avvolgono il comandante? Ottima scelta da parte degli autori, che hanno rispettato alla perfezione il racconto, dando attraverso le immagini ulteriore forza alle parole di Lovecraft.
Insomma amanti del Solitario di Providence, leggete questo fumetto. La vostra sete di mistero cosmico sarà placata.
–Michele Martinelli–
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H.P. Lovecraft’s Il Tempio – Recensione del fumetto
Michele Martinelli
- Adattamento fedelissimo al racconto originale;
- Stile asciutto, ritmo crescente, non-detto, esoterismo, e tante citazioni;
- Viene rispettata la scrittura di tipo documentaristico del racconto, anche nella scelta di stile e disegni;
- Per scrivere una storia del mistero, non servono i mostri: ecco l’esempio lampante!
- I disegni potrebbero non piacere al pubblico abituato a un segno grafico moderno;
- Qualche dialogo in più avrebbe restituito ancor più l’angoscia della situazione;