Eccoci arrivati all’ultimo atto dell’anime de L’Attacco dei Giganti, almeno per quest’anno. Non mi perderò in inutili giri di parole, perché c’è parecchio di cui parlare. Queste undici settimane sono letteralmente volate, alimentando nuovamente il fuoco della passione di numerosi fan, e lasciando allo stesso tempo tanto amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere. La recente notizia di una terza stagione per il 2018 non cancella quella che è la realtà dei fatti, ovvero dodici miseri episodi dopo una pausa di ben quattro anni.
DISCLAIMER: Spoiler alert! Proseguite a vostro rischio e pericolo.
Terminato questo incipit polemico, passerei a parlare brevemente delle ultime tre puntate (10-11-12 o 35-36-37, se preferite) prima di lanciarmi in un resoconto generale sull’intera stagione. A livello di trama, esattamente come nel trittico precedente, l’azione è parecchio statica e a risentirne è l’arco narrativo, il quale subisce un brusco rallentamento. Il tradimento di Reiner e Berthold è ormai consumato, Eren non ci sta e cerca di combatterli a colpi di moncherini. In tutta questa situazione l’ago della bilancia si dimostra essere Ymir, di cui abbiamo finalmente un ricco flashback. Si scopre così il suo passato di semidivinità di un finto credo e la conseguente trasformazione in gigante come punizione, fino all’incontro casuale con il gruppo di Reiner e l’uccisione del quarto ragazzo (Marcel) da cui ha ottenuto la capacità di ritornare umana. Nel frattempo il Corpo di Ricerca raggiunge e attacca i fuggitivi e, tra continui ribaltamenti di situazione, c’è tempo per vedere il comandante Erwin perdere un braccio e il capitano Hannes morire dilaniato dal Gigante Sorridente. La seconda stagione si conclude infine con Eren che manifesta il potere della Coordinata, controllando la volontà dei giganti e rivolgendo la loro furia su Reiner e Berthold, mentre Ymir è costretta ad abbandonare Historia per correre in loro aiuto.
Anche i temi trattati, a differenza di quanto accaduto nei precedenti episodi, risentono della staticità di cui ho parlato prima, non riuscendo a emergere come in altre circostanze. Viene ripreso il rapporto Ymir-Christa ma di fatto, tra frasi non dette e atteggiamenti lunatici, si finisce solamente col perdersi senza capire le reali intenzioni dei due personaggi. Ritroviamo anche quella nube di segreti, misteri e paure: scopriamo quale sia la missione di Reiner e Berthold e intuiamo che il potere della Coordinata sia molto di più che un semplice richiamo da “capobranco”; rimane ancora un mistero su chi ci sia dietro a tutto questo o come Christa possa incastrarsi in questo mosaico. Abbiamo comunque qualcosa di nuovo sotto il sole, ovvero la menzogna. Questo tema apparentemente insignificante nasconde in realtà un comportamento che è molto umano e che è la diretta conseguenza di tutti i discorsi fatti nelle precedenti recensioni: ogni personaggio è spinto a combattere e agire da precise motivazioni, ed è in difesa di esse che si arriva a ricorrere alla bugia come ultima spiaggia. Ne è un esempio Ymir, che gioca tantissimo sulla falsità solo per proteggere la sua amica, ma lo stesso discorso può valere per Mikasa (che ci ha già dimostrato non essere in grado di uccidere a sangue freddo gli ex amici) o persino per due improbabili personaggi come Hannes e Armin. Il significato è chiaro: per uno scopo sono disposto a essere quello che non sono, o quanto meno a fingere.
In generale la seconda stagione mi ha lasciato impressioni positive: i rumors che parlavano di puntate meno shonen e più introspettive sono stati confermati. In questo senso l’abilità di Wit Studio e Tetsuro Araki è stata quella di mantenere il giusto livello di azione e adrenalina, lasciando anche il posto a una vasta gamma di sentimenti e storie secondarie. Ottima anche la scelta di attingere dal manga di Isayama senza rispettare necessariamente i suoi tempi (alcune parti già mostrate nell’anime sono state lette da pochissimo), compresa la gestione dei cliffhanger e di ciò che si è voluto mantenere in sospeso per lasciare un po’ di hype in vista del 2018. Sicuramente meno buona la gestione del ritmo degli episodi, partiti a razzo forse grazie agli strascichi del finale della prima stagione, e poi calati vistosamente e impantanati nell’infido terreno dei flashback. Altro piccolo appunto va fatto all’insistenza con cui è stata utilizzata la CGI, uno dei marchi di fabbrica di questo anime, che è risultata una voce fuori dal coro tra l’altro non necessaria. Per il resto, sia il comparto grafico sia quello sonoro hanno fatto una grandissima figura: non solo le musiche, ma anche gli effetti hanno accompagnato in maniera magistrale le inquadrature e i disegni fedelissimi al manga, trovando l’espressione massima nei combattimenti e nell’uso del movimento tridimensionale. Non da meno le numerose scene di flashback maggiormente incentrate sui sentimenti.
Il risultato finale è buono, e possiamo dire che la seconda stagione ha raggiunto una maturità mai vista in precedenza, confermando L’Attacco dei Giganti come una delle punte di diamante nel panorama degli shonen attuale. Il vero problema sarà capire quali siano le reali intenzioni dei produttori che, tra pause di quattro anni e stagioni da dodici episodi, sembrano non aver ancora le idee ben chiare. Con buona pace dei poveri fan che non possono fare altro che attendere speranzosi.
–Andrea Camelin–
L’Attacco dei Giganti – Recensione di fine seconda stagione
Andrea Camelin
- Perfetto mix di azione e sentimenti;
- Grafica e sonoro di alto livello;
- Maturità tipica dei grandi shonen;
- Il ritmo della stagione è claudicante;
- La CGI è poco sensata;
- 12 episodi sono troppo pochi!