La hit del momento si chiama Shingeki no Kyojin, una sinfonia che sta toccando vette poco esplorate grazie a un mix di musiche, disegni, sceneggiatura e tecniche di regia di assoluto livello. Dirige l’orchestra un trio: Hajime Isayama, Tetsuro Araki e Wit Studio. Dopo questa sviolinata (più che giustificata in realtà), direi di non perdere altro tempo e tuffarci subito nella recensione del secondo trittico di puntate della nuova stagione.
DISCLAIMER. Chi non volesse leggere importanti riferimenti alla trama, causa pericolo di spoiler, è pregato di non proseguire oltre!
Gli episodi 4-5-6 (aka 29-30-31) riprendono il filone narrativo dei precedenti, terminando la vicenda del castello di Utgard e aprendo un nuovo capitolo della saga che promette fuoco e fiamme. Se ben ricordate, la narrazione si era focalizzata sul gruppo di reclute costrette alla difesa all’interno delle rovine, mentre dall’altra parte l’armata ricognitiva galoppava in loro aiuto per respingere l’attacco dei giganti. Nemmeno il tempo di immaginare una possibile vittoria, che i quattro ufficiali (tra cui Nanaba e Gelger, mica pizza e fichi) trovano la morte. E in tutto ciò il Gigante Bestia assurge al ruolo di vero figlio di buona donna grazie alle sua abilità balistiche dalla lunga distanza. Nel frattempo viene ripresa anche la chiacchierata tra Reiner e Ymir, inspiegabilmente troncata nella puntata 2×03, con quest’ultima che infine rivela il potere di trasformarsi in gigante e si getta sugli assedianti per salvare i suoi compagni. Piccola pausa per consentire un flashback corposo che ci racconta il rapporto tra Christa e Ymir, e poi di nuovo nel presente, con l’armata ricognitiva che finalmente arriva (prima kill di Eren, stappate lo champagne!) e risolve la situazione. Finito qua? Macché! C’è ancora tempo per scoprire che il vero nome della biondina è in realtà Historia Reiss, erede della famiglia reale, e che Reiner e Berthold sono rispettivamente il gigante Corazzato e quello Colossale. L’episodio “Guerriero” si conclude infine con i due traditori che si trasformano e rapiscono Eren e una convalescente Ymir.
Il binomio Isayama-Araki si conferma di altissimo livello anche in queste puntate, con il mangaka a muovere i fili della vicenda in modo superbo (come nel fumetto d’altronde), tra personaggi e temi sempre diversi e sempre ben approfonditi, e il regista nel ruolo di rifinitore sopraffino. A proposito di binomi, questi episodi sono una lezione di caratterizzazione dei personaggi e delle meccaniche di interazione, roba da prendere appunti. Si comincia con la contrapposizione tra i veterani, ormai totalmente arresi al destino, e le reclute, che seppur disarmate, resistono strenuamente con i mezzi che hanno, e si finisce con il rapporto Ymir/Christa e quello Reiner/Berthold, due coppie con le quali Isayama non ha avuto paura di sporcarsi le mani, nonostante un terreno molto pericoloso. Le due giovani, infatti, sono palesemente innamorate l’una dell’altra: emblematica è la scena del flashback in cui Ymir dice alla compagna di combattere per uno scopo che non sia il sacrificio (con tanto di ripresa su sfondo innevato), frase poi ribaltata nel presente. Ancora più complicato quello che c’è tra Reiner e Berthold. Entrambi mostrano interesse verso il genere femminile (nei confronti rispettivamente di Christa e Annie) ma è innegabile che la loro sia più di una semplice amicizia, e in questo senso la scena in cui il biondo viene accusato dal compagno di non essere più il guerriero di un tempo assume i contorni della scenata tra fidanzati.
La bellezza de L’Attacco dei Giganti è che nulla è messo lì per caso. Anche l’amore, possibile off-topic in un’opera del genere, è in realtà legato indissolubilmente a ogni altro tema trattato: il retaggio e i segreti di cui abbiamo parlato la volta scorsa si ripresentano in maniera forte anche nei quattro personaggi sopracitati, e condiziona pesantemente il loro rapporto. Menzione a parte, infine, per le musiche e per le scelte di regia, che riescono come sempre ad arricchire un prodotto già di per sé molto fedele al cartaceo. Due esempi su tutti: la confessione di Reiner (con l’inquadratura che finge di spostare l’attenzione altrove) e relativa trasformazione, e il ribaltamento passato/presente tra Ymir e la sua piccola “amica”. Vi basteranno questi per capire di cosa stiamo parlando.
–Andrea Camelin–
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