È notizia di pochi giorni fa che Robin Hobb ha pubblicato in patria Assassin’s Fate, capitolo finale della “Trilogia di Fitz e del Matto” e facente parte di una saga iniziata negli anni ’90 ed edita nel nostro Paese da Fanucci e Sperling & Kupfer. In attesa di scoprire quando il volume sarà disponibile anche in Italia, andiamo a presentare l’autrice a chi non dovesse conoscerla.
Inizio subito dicendo che Robin Hobb è lo pseudonimo che Margaret Astrid Lindholm Ogden utilizza per pubblicare alcuni suoi romanzi di carattere fantasy, quelli ambientati appunto nei “Sei Ducati”, mentre su altri suoi lavori (che spaziano da favole per bambini, a romanzi di fantascienza, fino a storie urban fantasy) appare il nome Megan Lindholm. Il perché lo scoprirete continuando a leggere.
Le sue prime storie risalgono agli anni ’70, ma il debutto ufficiale avviene nel 1979 all’interno dell’antologia Amazons!: è proprio nella storia qui pubblicata, Bones of Dulath, che abbiamo il piacere di conoscere Ki e Vandiel, personaggi ricorrenti dei suoi racconti brevi, che ritroviamo anche in quello successivo, The Small One.
Oltre a questi, l’autrice ha scritto anche molti urban fantasy, come Wizard of the Pigeons, forse il più famoso, che i critici non sono mai riusciti ad archiviare definitivamente in quel genere, oppure nel ciclo Arturiano. Come è possibile, direte voi? Beh il personaggio a tutti gli effetti pare Merlino, e la costruzione della storia è così precisa e il racconto così coinvolgente che Roger Zelazny, noto poeta e scrittore americano, lo definì “stupefacente”.
Ahimè, tutti questi racconti e molti altri scritti dall’autrice sono recuperabili solo in lingua inglese, poiché le uniche pubblicazioni tradotte che abbiamo sono tutte legate ai lavori compiuti sotto il suo pseudonimo più conosciuto, tranne un racconto breve che in Italia si trova nell’antologia curata da George R.R. Martin e Gardner Dozois, La Principessa e la Regina, di cui trovate la nostra recensione qua.
Ma che differenze ci sono tra Megan Lindholm e Robin Hobb? In una lunga intervista di qualche anno fa la scrittrice ha dichiarato che tra le “due” le differenze sono senza alcun dubbio di carattere stilistico: i racconti fantasy scritti sotto lo pseudonimo di Hobb presentano una narrazione che dà molto spazio ai dettagli e alle emozioni, mentre in quelli di Margaret Lindholm lo stile di scrittura è più diretto ed essenziale. Ha anche confessato che soltanto quando conclude la stesura di un romanzo decide con quale nome firmarlo.
I temi che apprezzo profondamente della letteratura della scrittrice sono senza ombra di dubbio la parità dei sessi e la grande libertà, soprattutto nei racconti dei “Sei Ducati”. Certamente non è complicato trattare tematiche del genere in un mondo fantastico, ma anche le sue storie urban fantasy snocciolano in profondità gli argomenti, che come lei stessa afferma sono legati a filo doppio l’uno con l’altro.
Per concludere, vorrei lasciarvi un aneddoto per farvi capire il suo carattere: nel 2004, assieme a un gruppo di scrittori di fantasy e fantascienza, l’autrice realizzò un’opera volontariamente orribile per dimostrare come le case editrici a pagamento tenessero, in realtà, in ben poca considerazione il lavoro degli scrittori, e che fossero solo interessate a ricevere soldi da quelli che avevano la sfortuna di lasciarsi convincere a mettere mano al portafogli pur di vedere pubblicata la propria opera. Il libro in questione era stato volutamente scritto in maniera frammentaria, con capitoli ripetuti, altri ancora mancanti, altri scritti da un programma che generava parole utilizzando frammenti di frasi dei capitoli precedenti, con personaggi che prima morivano e poi tornavano in vita e tanti altri piccoli e grandi errori che normalmente ne avrebbero reso impossibile la pubblicazione. Invece, a dispetto di tutto, la casa editrice in questione diede il suo assenso, e solo dopo che gli autori rivelarono il loro intento annullò loro il contratto.
Una burla niente male, ma ora sapete che non c’è da scherzare con la Lindholm o le sue creazioni!
–Riccardo Gallori–
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