“Fantascienza, ultima frontiera: questi sono i viaggi di un redattore di Isola Illyon. La sua missione è quella di esplorare strani, nuovi mondi, alla ricerca di nuove storie e sceneggiature, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima!”. Lo so, messa così può sembrare un po’ roboante ma, come ogni buon capitano della Flotta Stellare sa, ci sono missioni rispetto alle quali le sensazioni non sono, fin da subito, per niente buone. Esattamente come le mie nei confronti delle avventure del reboot di Star Trek inaugurato da J.J. Abrams, giunto al suo terzo capitolo, Beyond. Sono fan del franchise fin da quando, adolescente, non mancavo di sintonizzarmi sui canali commerciali in quei lontani pomeriggi della prima metà degli anni ’90 per seguire le vicissitudini della serie originale e della Next Generation. Capirete quindi i sentimenti ambivalenti nei confronti del reboot, meritorio sì di aver rilanciato un brand obiettivamente preda di un buco nero, ma colpevole a mio parere di averlo fatto in modo troppo fracassone, fino a tradire lo spirito originale, almeno per quanto ha riguardato Il Futuro ha Inizio del 2009 e Into Darkness del 2013. Svecchiare sì, ma con criterio – roba da inginocchiarsi accanto al cadavere della mitica Space Opera e recitare la scena madre: “Star Trek, chi ti ha fatto questo? Chi è stato? Star Trek, resisti! Non abbandonarci! NOOOOUUUOHHHHHHH!!!”. Dubbi centuplicati quando si seppe che il regista di questo Beyond sarebbe stato Justin Lin: i timori di un “Trek & Furious” all’ennesima potenza erano tanti. Come recensore ho il dovere di non avere pregiudizi, ma insomma, siamo umani: per rubare una frase feticcio a un altro storico franchise, avevo un gran brutto presentimento.
E invece, il regista dal quale meno te lo aspetti, ti ritira fuori Star Trek. Ammodernato, imbellito e pompato, certo, ma non ci sono dubbi: Star Trek Beyond è Star Trek. E già questa, di per sé, è una gran bella notizia.
SINOSSI
L’Enterprise arriva alla favolosa stazione spaziale Yorktown nel bel mezzo della sua missione quinquennale. La pausa dà l’opportunità all’equipaggio di ripensare ognuno alla propria vita e alla propria carriera, ma si sa, la tranquillità non è amica delle navi chiamate Enterprise. In risposta alla richiesta di aiuto di una misteriosa naufraga aliena, Kirk è costretto a entrare con la sua nave in una zona di spazio non mappata, all’interno di una nebulosa inesplorata: qui lo attende un pericolo che risale addirittura ai tempi della nascita della Federazione Unita dei Pianeti…
BENVENUTI A BORDO
Pronti? Via! Beyond ci sorprende con una sequenza iniziale totalmente diversa da quella che ci si sarebbe potuti aspettare, una sorta di carrellata sulle emozioni e le sensazioni di un equipaggio in viaggio nelle immensità dello spazio da mesi, godibile di per sé e in più sorta di riuscitissima riflessione metacinematografica sulla serialità, la cui profondità lascia piacevolmente colpiti sia i fan di vecchia data che chiunque conosca un minimo i meccanismi di cinema e tv. Poi inizia l’avventura vera e propria e, man mano che passano i minuti, si fa strada dapprima una flebile speranza, poi una sospettosa incredulità, e infine una granitica quanto commovente certezza: Star Trek è tornato! Coi suoi pregi e i suoi difetti, ma è tornato, per tutte le Galassie! Pur presentando qualche momento sopra le righe (niente spoiler, vi dico solo “moto”…), ci sono tutti, ma proprio tutti gli ingredienti che hanno reso il brand celebre nel mondo. C’è finalmente un villain degno di tal nome, vero e proprio nemico non solo fisico, ma contrapposto a tutti i valori che rappresentano Kirk e il sogno della Federazione. C’è un equipaggio che finalmente comincia a ingranare quanto ad affiatamento, con un Chris Pine più riflessivo del solito in procinto di prendere finalmente le misure col suo ingombrante alter ego, uno Zachary Quinto che sembra nato per il personaggio di Spock, e dei Simon Pegg e Karl Urban che gigioneggiano nei panni di Scotty e Bones senza far scadere i rispettivi personaggi nella macchietta, come nei film precedenti. C’è il giusto mix di sequenze d’azione altamente spettacolari (ma quasi mai fini a se stesse, come in passato) e momenti di approfondimento con dialoghi che, finalmente, non sono più concepiti come gara a chi fa la battuta più cool giusto per spezzare il ritmo. C’è l’esplorazione dell’ignoto interstellare che si trasforma nell’esplorazione dell’ignoto interiore dell’essere umano (vera caratteristica della serie). Ci sono le indispensabili citazioni e rimandi alle serie del passato (e il regista ci sorprende anche qui), che fanno la gioia dei fan. Il tutto condito da un livello di effetti visivi e di CGI che Star Trek non ha mai obiettivamente potuto vantare – nemmeno al cinema – prima dei reboot.
Tutto bello, dunque? Purtroppo no, il film è ben lungi dall’essere perfetto: il soggetto non è esattamente ciò che di più originale abbia mai visto (anzi, è piuttosto banalotto), e la sceneggiatura ogni tanto ha dei passaggi a vuoto. La storia ha un sapore davvero molto forte di déjà-vu, e questo è un peccato non da poco per una produzione del genere: è pur vero che dopo cinquant’anni sia difficile inventarsi qualcosa di completamente originale, ma questo aspetto avrebbe potuto essere curato molto meglio. Inoltre, le pellicole più riuscite del franchise riescono a dare un po’ di spazio a ciascun personaggio dell’equipaggio, mentre in questo caso alcuni comprimari importanti sono davvero non pervenuti, come Sulu e in parte Uhura. Sia come sia, questo rimane di gran lunga il miglior film del reboot visto fin qui. Soprattutto, ribadisco, è Star Trek.
– Luca Tersigni –
Star Trek Beyond: la recensione
Luca Tersigni
- Il film recupera finalmente lo spirito del franchise;
- Effetti visivi superbi;
- Il cast inizia a funzionare;
- In ultima analisi, il film diverte;
- Soggetto troppo scontato, già visto;
- Sceneggiatura a tratti farraginosa;