Stranger Things è approdata su Netflix il 15 luglio scorso, e anche noi abbiamo avuto modo di vedere la prima puntata di questa serie televisiva che ha fatto molto parlare di sé negli ultimi giorni, grazie al suo spirito decisamente anni ’80 che pesca a piene mani dal cinema di quel periodo, col quale molti di noi sono cresciuti.
I protagonisti sono un gruppo di ragazzini, presentati all’interno di una cantina a giocare a Dungeons & Dragons: rispettando i topoi del genere, è possibile distinguere a una prima occhiata il leader (non poteva che essere il Master), il tipo un po’ più imbranato, quello più razionale e infine quello più “enigmatico” da inquadrare. È proprio quest’ultimo a sparire, quella sera stessa, mentre torna a casa in sella alla sua bici.
La puntata inizia in quarta in modo da permetterci da subito di farci un’idea dell’ambientazione e di quella che sarà la trama principale: in un laboratorio militare vengono condotti esperimenti che hanno portato alla creazione di un mostro. Quando questo riesce a fuggire dalla sua prigionia, si mettono in moto una serie di eventi che portano dapprima alla sparizione del suddetto ragazzino, e poi alla comparsa di una bambina che proviene dallo stesso laboratorio, e che viene nascosta in casa dagli amici del ragazzo scomparso. È una bambina particolare perché ha poteri sovrannaturali, probabilmente frutto degli esperimenti condotti su di lei.
I giovani si trovano quindi protagonisti di un’avventura dalle tinte horror in cui devono da un lato far fronte alla scomparsa del loro amico, e dall’altro gestire la “nuova arrivata”, evitando che gli adulti ne vengano a conoscenza, in quanto sarebbe pericoloso.
Come dite, avete una sensazione di déjà vu? Tranquilli, è normale. Fin da questa prima puntata i fratelli Matt e Ross Duffer, ideatori della serie, attingono a situazioni e personaggi già viste in film quali E.T. e I Goonies. A volte ci si ritrova davanti a velate citazioni, altre a spudorati omaggi, tanto che è possibile scorgere perfino inquadrature che ricordano scene famose dei suddetti lungometraggi. Forse hanno calcato un po’ la mano sotto questo punto di vista, ma è possibile che abbiano riservato questo trattamento al primo episodio in modo da farci capire con cosa avessimo a che fare.
Va detto, comunque, che guardando la puntata decisamente non ci si annoia. Vengono mescolati abilmente l’horror all’avventura, e sono pochissimi i tempi morti, in quanto gli eventi si susseguono con concitazione, intervallati da momenti più rilassati in grado di strappare anche un sorriso. Per farvi capire, provate a ricordare la scena de I Goonies in cui Chunk incontra per la prima volta Sloth incatenato, alla paura che avete provato nel sentire le sue urla, all’involontaria scena divertente seguita poco dopo quando il ragazzino gli offre la barretta di cioccolato. Ecco, è questo il mix di sensazioni variegate che riassumono ampiamente la puntata in cui, nonostante l’implicito dramma della scomparsa, si viaggia su un tipo di visione – passatemi il termine – leggera e senza grosse pretese.
A rendere il tutto ancor più old style contribuiscono una serie di dettagli che a prima vista potrebbero sfuggire. La colonna sonora creata da Michael Stein e Kyle Dicon si sposa benissimo con l’ambiente, caricandolo di suoni elettronici e misteriosi (non ho potuto non pensare ai brani di Twin Peaks di Badalamenti) intervallati da musiche di artisti quali Toto (Africa), Jefferson Airplane (White Rabbit, She Has Funny Cars), e The Seeds (Can’t Seem to Make You Mine). La stessa sigla di apertura è ispirata al lavoro di Richard Greenber, compositore di diverse sigle per classici come Alien, Altered States, Superman e, appunto, I Goonies. La fotografia, poi, è stata settata in modo da rendere le scene “vintage” tramite appositi filtri.
A completare il lavoro c’è ovviamente un cast di tutto rispetto. Il primo nome che vi sarà saltato all’occhio è sicuramente quello di Winona Ryder (non a caso un’artista che ha raggiunto l’apice della sua carriera tra gli anni ottanta e novanta). Qua interpreta la madre del bambino scomparso, una donna sola che deve far fronte a questa tragedia cercando di non perdere la testa. Quando però i primi eventi inspiegabili iniziano a palesarsi, la sua salute mentale viene messa a dura prova, e l’attrice è molto abile nel trasmettere il dolore di una madre, ma anche il coraggio che riesce a superare la paura dell’ignoto. Ad accompagnarla troviamo David Harbour, noto per alcuni ruoli minori al cinema e in serie televisive, e ovviamente il giovanissimo gruppo composto da Finn Wolfhard, Millie Bobbi Brown, Gaten Matarazzo e Caleb McLaughlin. È ancora presto per giudicare la loro performance (sono quasi tutti alla prima esperienza lavorativa e sicuramente cresceranno nel corso delle puntate), ma su di essi girano in rete già alcune curiosità: i loro provini sono stati effettuati sulla base di alcune scene tratte da Stand by me – Ricordo di un’estate (1986), e pare che i ragazzi abbiano davvero provato paura nel recitare alcune scene, al punto da dover essere tranquillizzati dalla troupe. Inoltre si dice che Millie Bobbi Brown inizialmente non volesse radersi i capelli, ma si convinse dopo aver visto il look di Charlize Theron in Mad Max: Fury Road. E come darle torto?
Dunque, una prima puntata che ci ha convinto positivamente, ma che soprattutto presenta questa serie in maniera trasparente. Non promette enormi misteri da risolvere, eccessivi approfondimenti psicologici o drammi familiari: assicura, invece, un intrattenimento di stampo più avventuroso, con punte di horror alla vecchia maniera e sano divertimento fanciullesco. Se a questo aggiungiamo un revival di un genere a cui molti di noi sono affezionati, direi che gli otto episodi meritano tutta la nostra considerazione. Nella speranza, ovviamente, di poter ambire non solo a un’operazione nostalgica, ma magari a qualcosa di più.
– Andrea Carbone –
Stranger Things 1×01: la recensione
Andrea Carbone
- Ottimo bilanciamento dei generi;
- La colonna sonora rende perfettamente le atmosfere;
- Sceneggiatura ben scritta, il ritmo non cala mai;
- Un pizzico di originalità in più non guasterebbe;
- Il gioco della caccia alle citazioni è bello quando dura poco;