Nel 2016 recensire un film sul mondo virtuale non è un’impresa così ostica. Lo era nel 1982, quando Disney tirò fuori una pellicola assolutamente innovativa sotto molti punti di vista, ma che non vinse nemmeno un Oscar pur ricevendo due nomination. La giuria, reputando poco onesto nei confronti dei competitor l’utilizzo di computer grafica, non pensò nemmeno lontanamente di nominare la pellicola per gli effetti speciali. Stiamo parlando ovviamente di Tron, diretto, sceneggiato e prodotto da Steven Lisberger e con a capo dell’animazione un giovanissimo Tim Burton. Da allora di film sul mondo virtuale ne sono succeduti a bizzeffe, partendo da Johnny Mnemonic (regia di Robert Longo, basato su un racconto di Gibson, e interpretato da Keanu Reeves) e passando attraverso pellicole meno conosciute, ma di grande pregio, come Avalon del 2001, con regia di Mamoru Oshii (Ghost in the Shell), prodotto da Bandai Visual, Media Factory e Miramax. Impossibile, poi, non citare Matrix dei fratelli (ormai sorelle) Wachowski, che ha spadroneggiato a partire dal 1999, e che fino ad oggi non ha trovato rivali se non nei suoi due sequel.
Ebbene, Charles Barker (nulla a che vedere con il maestro dell’orrore Clive Barker) proverà ad insidiare il trono del signore di tutti i film sci-fi sul mondo virtuale col suo The Call Up. Certo, non ha il budget di Matrix né l’esperienza di Oshii, e non possiede nemmeno attori del calibro di Keanu Reeves, però… Beh, un ‘però’ non c’è. Ma andiamo per gradi.
Clive Barker non è certo un novellino nel campo dei ‘movies’. Ha lavorato nel mondo del doppiaggio (One Piece), e ha recitato in Walker: Texas Ranger, Breaking Bad e The Blacklist. Si è cimentato anche in ruoli cinematografici (Bear in ‘Senza Santi in Paradiso’ del 2013) e ha poi esordito come regista di alcuni cortometraggi. Essendo figlio di un colonnello dell’esercito, ha giustamente deciso di iniziare la carriera dietro la macchina da presa con un film che ha un forte sapore militare anche nel titolo, oltre che nella trama, appunto The Call Up. Ma Barker è anche un gran furbone: forte dell’esperienza dei tanti videogame FPS pubblicati ormai a ritmi vertiginosi (tra Call of Duty, Battlefield, Destiny e Halo abbiamo perso il conto), e delle nuove tecnologie di VR Headset (i visori di realtà virtuale come Oculus Rift, per citarne uno) che, come abbiamo visto anche all’E3, sembrano avere tutta l’intenzione di imporsi sul mercato, ha ben pensato di assicurarsi almeno una fetta di videogiocatori pronti a seguire le (dis)avventure di personaggi che potrebbero benissimo essere loro. Risulta subito chiaro il target del film e il coinvolgimento psicologico dello spettatore: quanti di noi non hanno mai sognato di indossare una tuta (magari non proprio quella di The Call Up…) o un’armatura da space marine? In tal senso, i primi trailer del film avevano creato una grande aspettativa, pur se affogata da troppi cliché.
Nella pellicola un gruppo di giocatori on-line viene invitato a prendere parte ad un torneo che mette in palio un succoso premio di 100.000$. La loro eccitazione diventa entusiasmo quando scoprono che l’FPS nel quale saranno coinvolti è caratterizzato da tecnologie estremamente evolute: corazze reattive, elmi con Heads up Display, ambienti virtuali estremamente dettagliati e avversari dalla IA sorprendente. I protagonisti sembrano essere tutt’altro che singolari: c’è il solito ragazzino sovrappeso con amici solo virtuali e senza una vita reale soddisfacente, la belloccia che ogni appassionato di videogames vorrebbe come ragazza, il vicino di pianerottolo altruista e gentile, l’ex militare, e il classico duro di quartiere – il che smonta un bel po’ di aspettative sulla profondità dei personaggi.
Il film, comunque, è già approdato in Inghilterra lo scorso 20 maggio, e la comunità dei videogiocatori – il main target – sembra essere piuttosto discordante sulla qualità dell’opera. Una parte di pubblico ha apprezzato molto le scene di azione e ha assicurato la presenza di una buona dose di suspense, mentre altri sostengono che la pellicola sia alquanto scontata, capace di rievocare la delusione di un film simile, ma del 2005: Doom. Pur non trattando di realtà virtuale, Doom ha dato l’idea di essere il parametro di giudizio per The Call Up – e sappiate che incassò meno dei 60.000.000$ di produzione, ricevendo persino una nomination per il peggior attore ai Razzie Awards. Con questi ‘record’ sembra che The Call Up possa fare meno peggio… anche se le gaming suites sembrano essere buone per una sfilata di pigiami, più che per prendere parte a una battaglia virtuale. Clive Barker riuscirà a fare bene al botteghino, o semplicemente tornerà alla recitazione e al doppiaggio?
Agli spettatori l’ardua sentenza, in attesa di scoprire se arriverà mai anche da noi.
– Fabrizio Palmieri –