Quindi vuoi scrivere un fantasy?
Uno di quelli belli e coinvolgenti, classici ma innovativi, romantici con striature pulp; uno di quelli con cavalieri in armatura, maghi che cavalcano draghi e gnomi a bordo di dirigibili steampunk. E non sarebbe sbagliato metterci un pistolero che va in giro con un dinosauro…
Per farlo, però, dobbiamo parlare di regole. Anche se hai in camera un poster del Che, ascolti i Sex Pistols e sei veramente convinto che ‘punk is not dead’, sappi che l’anarchia, la ribellione e la trasgressione devono essere ben dosate. Anche il cuoco più innovativo deve conoscere le regole.
Il ribelle è sempre il miglior conoscitore di ciò a cui si ribella.
Oggi faremo insieme cinque passi nel buono scrivere in compagnia di autori di grido che si sono ribellati… con intelligenza.
Step one: genere. Se vogliamo fare della scrittura il nostro mestiere dobbiamo necessariamente sapere di cosa vogliamo scrivere. Vi siete mai chiesti quale sia la definizione di fantasy? Lawrence Watt-Evans, presidente della Horror Writers Association, membro benemerito della Science Fiction and Fantasy Writers of America e scrittore, definisce il fantasy come impossibilità dell’evento. Se un’astronave che vi atterra davanti è inspiegabile, un mago che appare nella vostra cucina e vi trasforma in rana è impossibile. Va da sé che scrivere un fantasy sia raccontare l’impossibile.

Lawrence Watt-Evans
Step two: prospettiva. Appurato che andiamo pazzi per l’impossibile, partiamo con le regole vere e proprie, quelle che si devono conoscere prima di prendere ‘la penna in mano’. Come lo scrivo quest’impossibile? In che persona? Prima o terza? La scelta è unicamente dipendente dal taglio della storia. Volete un racconto che descriva relazioni tra personaggi ed eventi? La terza persona è quella che fa per voi, a patto che il narratore non sia onnisciente, rischiando di compromettere il piacere della scoperta. Volete una fantasy novel basata su suspense e mistero? Neil Gaiman, soggettista di fumetti e scrittore di fantasy, suggerisce la prima persona perché ‘it drops you into the character’, cioè ti cala nel personaggio a tal punto da farti vivere le sue emozioni.
Step three: Show, don’t tell (mostra, non raccontare): è il consiglio più prezioso che abbia letto in “About Writing“, saggio sul ‘come scrivere’ di Stephen King, uno che di fantasy ne capisce, eccome. Fa eco Daniel Arenson, autore di bestseller in America (“Requiem“, su tutti) quando suggerisce il ‘less is more’, cioè la bellezza della semplicità, per dirla a parole sue. Arenson riesce a ottenere dialoghi veloci e coinvolgenti limitando il numero di parole, ricorreggendo i periodi fino a quando non ne ottiene un condensato. Evitare giri di parole o una quantità sovradimensionata di aggettivi ci permetterà di non essere rigettati dagli editor, veri signori del nostro futuro da scrittori! Un ‘prendere dal tavolo il libro con la mano’ dovrebbe essere sostituito da un ‘sollevare il libro’. Stesso significato, meno parole. Per fare un altro esempio, piuttosto che scrivere ‘il suo cuore prese a battere follemente’ sostituire con un ‘il cuore sussultò’: meno parole ma stesso senso.
Step four: personaggio.
Scrivere dell’impossibile significa raccontare un personaggio, mai solo una storia. I personaggi sono la chiave per l’immedesimazione del lettore, una tuta da astronauta nel vostro mondo immaginario, perciò devono essere credibili e affascinanti. Qualcuno di voi potrebbe obbiettare, ad esempio, che molti dei personaggi di Martin siano dei veri e propri bastardi: è vero, e personalmente adoro Tywin Lannister, il padre di tutti i bastardi. Martin, però, non è stato l’unico a obbligarci ad amare gli antipatici.
Pensate a Weis e Hickman. Non vi dicono nulla? Ok, allora pensate a Raistlin: questo vi dirà qualcosa! Raistlin è antipatico, borioso, pieno di sé, ambizioso fino a passare sopra tutto e tutti. Ma non c’è un lettore del mondo di Dragonlance che non darebbe il mignolo destro per continuare a leggere di Raistlin. Ma per quale motivo arcano i sociopatici, violenti, e non convenzionali piacciono? Perché dietro c’è un lavoro magistrale. Robin Hobb, altro nome di spicco del fantasy mondiale, trascorre più tempo con i suoi personaggi che con i suoi familiari. Fa colazione con loro, gioca con loro ai videogiochi, ci chiacchiera e sente musica in loro compagnia. I personaggi diventano figure quotidiane, assumendo caratteri tipici e plausibili tali da obbligare il lettore a scendere nella loro psicologia, amandone ogni sfumatura. Chi di voi non si è commosso per la morte di Darth Vader? E chi non ha avuto un tuffo al cuore per l’epilogo di Tywin (ok, ok, sono di parte, lo so). Quando leggo un libro voglio appassionarmi al personaggio, sentirmi come lui, e pretendo che faccia alcune cose come le farei io se fossi al posto suo. È questa la grandezza dello scrittore: farti tornare bambino presentandoti un nuovo amico invisibile.
Step five: storia. La storia è come il tifoso a una partita di calcio: il dodicesimo uomo in campo. Ho letto romanzi privi di una storia plausibile ma con personaggi veramente solidi, che mi hanno sempre lasciato una certa insoddisfazione, una fame che non si è mai placata. Ogni personaggio ha una storia da vivere, un mondo in cui la vive, ed eventi che lo segnano. Un grande personaggio cresce solo grazie a una grande storia. Se Pinocchio non avesse vissuto tutte le disavventure raccontate da Collodi, col cavolo che sarebbe diventato un bambino in carne e ossa! Eppure si tratta di un personaggio affascinante fin dalle prime battute. Ciò che lo rende immortale è la storia che lo trasforma nel carattere e nel corpo. Storia e carattere sono il vero demiurgo, e plasmano da un personaggio una leggenda. Pensate alla storia come l’ossatura di un romanzo, e ai personaggi come i muscoli: la prima senza i secondi sarà immobile; i secondi senza la prima saranno privi di struttura, una pezza di stoffa bagnata.
Ci sarebbe molto di cui parlare: la magia e il suo ruolo, i miti, le religioni, la necessità di un prologo… ma siete personaggi pure voi, e soprattutto a voi sta lo scrivere la storia della vostra ‘professione: scrittore’, e crescere insieme ad essa. Perciò, al lavoro!
– Fabrizio Palmieri –