Immaginatevi due mondi, paralleli ma connessi: uno è quello che conosciamo, nel quale viviamo, l’altro è un mondo dominato da bestie, esseri ferini dall’aspetto antropomorfo.
Parte da questo concetto l’ambientazione di The Boy and the Beast, film giapponese di Mamoru Hosoda sbarcato nelle nostre sale solo per due giorni (ieri 10 e oggi 11 maggio).
Ren è un ragazzo solo e ribelle che vive a Shibuya, ha perso i genitori e pur di non sottostare a chi vorrebbe fargli da tutore, decide di scappare di casa per provare a cavarsela da solo. Ren vive nel nostro mondo e detesta tutti.
Kumatetsu è un orso, è uno dei pretendenti per il posto di gran maestro del regno di Jutenkai, dotato di una forza sovrumana ma anche di un pessimo carattere. Infatti nessuno vuole essere suo discepolo, e questo dettaglio gli proibirebbe di partecipare alla corsa per il titolo. Anche Kumatetsu detesta tutti.
Questi due esseri, tanto diversi ma con in comune l’animo ribelle, sono destinati a incontrarsi e a legarsi, perché la bestia chiede al ragazzo di diventare suo discepolo, accompagnandolo in un mondo nuovo, fatto di creature mai viste prima, ma anche di valori morali lontani da quelli del mondo che conosciamo: l’onore pare essere onnipresente, la violenza assente, relegata solo ai combattimenti ufficiali dove i guerrieri più forti danno sfoggio delle proprie doti marziali, ma sempre con grande rispetto verso l’avversario. Ma è una convivenza difficile: i due caratteri scorbutici cozzano tra loro e impediscono un apprendimento serio. Inoltre c’è la reticenza di chi non vuole Ren nel mondo delle bestie: gli esseri umani sono portatori delle tenebre, di tutti quei sentimenti negativi che si annidano nel loro petto e che rischiano di espandersi in quel mondo dove vigono leggi fisiche diverse, dove non c’è spazio per l’odio. Per non parlare della nostalgia di casa che il ragazzo proverà sulla sua pelle nel momento in cui il mondo degli umani tornerà a far capolino nella sua esistenza.
Mamoru Hosoda è conosciuto da noi per alcune pellicole che hanno ottenuto un discreto successo tra gli appassionati dell’animazione giapponese, come La ragazza che saltava nel tempo, il lungometraggio One Piece: L’isola segreta del barone Omatsuri, e Digimon – Il film, oltre che per molti altri lavori di stampo fantastico che gli hanno valso il titolo (un tantino esagerato?) di erede di Miyazaki.
Questo prodotto è in linea con la sua precedente filmografia da un punto di vista qualitativo: la sceneggiatura e il soggetto vanno al di là del classico film per bambini, trattando temi decisamente adulti, e mascherandoli con un velo di comicità. Impossibile trattenere il sorriso dinanzi i siparietti comici creati dalla strampalata coppia ogni qual volta litiga, così come è difficile trattenere qualche lacrima sul finale quando i toni si fanno decisamente più cupi.
Lo stile dell’animazione è quello classico con i disegni a mano, ma estremamente vivido e al passo coi tempi, come potrete giudicare da alcune scene che definire evocative sarebbe riduttivo. Delle musiche epiche e un doppiaggio ben riuscito completano il tutto, confezionando un prodotto adatto sia ai grandi che ai più piccoli.
A voler esser pignoli si può obiettare su un minutaggio non perfetto: il film risente di alcuni cali di ritmo che si sarebbero potuti evitare con più esperienza. Inoltre, i temi che vengono toccati sono tanti, forse troppi per potere essere sviscerati tutti allo stesso modo, col risultato che qualcosa o qualcuno rimane solo accennato. Ma stiamo cercando proprio il pelo nell’uovo.
A fine visione, infatti, quel che rimane sono alcuni concetti fondamentali legati al tema centrale: quello della lotta tra bene e male, amore e odio.
Ognuno porta in sé entrambe le componenti: quel che è richiesto a un uomo è decidere quale delle due far vincere, se abbracciare il bene o lasciarsi divorare dal male. Sembrerà un tema banale, ma ciò che conta è il modo in cui viene raccontato, che di per sé non è affatto scontato. Ed è per questo che il film è perfetto per ogni generazione: dai bambini che stanno iniziando a comprendere che differenza ci sia tra le due cose, fino agli adulti che hanno il compito di spiegargliela.
E se invece non ve ne può fregare di meno di tutti questi concetti, guardatelo comunque perché i combattimenti marziali sono epici.
– Andrea Carbone –
The Boy and the Beast: la recensione
Andrea Carbone
- La morale di fondo si svela a poco a poco;
- Stile dell’animazione magnifico e disegni evocativi;
- Tra i protagonisti si crea un rapporto unico;
- Qualche calo di ritmo nella parte centrale;
- Troppi temi, non tutti trattati equamente;
- Alcune scene sono troppo didascaliche;