Silmarillion o non Silmarillion, questo è il dilemma: è più nobile nella mente subire i colpi di una bufala o prender le armi contro l’ennesima trasposizione cinematografica? Non ce ne voglia Shakespeare, ma qui il dilemma c’è e rappresenta, per gli appassionati lettori del Professore di Oxford, un possibile incubo ancor peggiore de ‘Lo Hobbit secondo Peter Jackson’.
Non si erano ancora sedate le controversie sulla qualità della trasposizione di quest’ultimo prodotto (con molte persone ancora intente a portare avanti calcoli di fisica elaborati per le olimpiadi di Thranduil, con specialità “il salto sul barile del nano”), che la rivista Moviepilot scatenava i peggiori incubi nella mente degli appassionati Tolkieniani. Tutto ebbe inizio nella grigia mattina del 12 settembre 2014, quando ancora i 5 eserciti dovevano confrontarsi sul grande schermo. La testata titolò: Will the Silmarillion ever be made into a movie? (“Il Silmarillion sarà mai trasposto in film?”). La mia reazione – scommetto due barili di erba pipa, non solo mia – fu di un salto dalla sedia, manco fossi accomodato su un cactus. Vennero in mente gli effetti speciali dei sei titoli precedenti, pregevoli ma fin troppo puliti per risultare credibili; ripensai a Legolas che faceva skateboarding su uno scudo e mi chiesi se veramente sarebbe stato perpetrato l’ennesimo scempio. Fortunatamente giunsero in soccorso le parole di Christopher Tolkien (responsabile della pubblicazione postuma di molte opere del padre), le sue dichiarazioni tutt’altro che convinte sulla trasposizione de Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit e le battaglie legali con la Warner Bros: i diritti de Il Silmarillion non sarebbero stati ceduti. Le ulteriori rassicurazioni di Peter Jackson sulla sua mancanza di interesse nella realizzazione dei racconti di Arda, poi, chiusero l’argomento placando il dilemma. Tirai un sospiro di sollievo, convinto che la questione fosse finita lì, godendomi gli ultimi giorni d’estate.
L’anno 2015, però, si aprì molto male.
Il 21 gennaio Peter Jackson, con una virata a 180° che nemmeno all’America’s Cup, dichiarò che se la Tolkien Estate (detentrice dei diritti delle opere) avesse riconsiderato la sua posizione sulle trasposizioni cinematografiche, avrebbe diretto Il Silmarillion. In pratica il regista rese una dichiarazione simile a quella che portò alla realizzazione dei film de Lo Hobbit. Come dire che il lupo perde il pelo ma non il vizio…
Se un indizio non costituisce prova, due cominciano a essere convincenti – figuriamoci tre! Famosa è la visita di Peter Capaldi, dodicesimo dottore nella serie della BBC Doctor Who, voluta da Steven Moffat (produttore della serie), presso la tenuta di Peter Jackson, nel tentativo di convincere il regista a girare un episodio del Dottore. In quell’occasione, Jackson fu ripreso mentre lucidava le statuette degli Oscar. Nulla di strano se, aguzzando la vista, non fosse saltata all’occhio una copia de Il Silmarillion in bella mostra sul tavolo. Il cactus sulla mia sedia ricominciò a farsi sentire: visto il successo (e gli incassi) dei primi sei film, non ci sarebbe stato nulla di strano se il regista fosse ingolosito dalla possibilità di girare l’ennesima trasposizione. Un po’ meno i lettori affezionati. Se Il Signore degli Anelli è stato abbastanza fedele ai libri, pur annichilendone l’impatto filosofico ed estetico e riducendolo, per dirla alla Christopher Tolkien, ‘ad un action movie per ragazzi dai 15 ai 21 anni’, Lo Hobbit ha stravolto storia, personaggi e persino lo spirito del racconto (per questo vi rimando al completo articolo di Leo d’Amato) facendo inorridire chi ha letto l’opera anche solo una volta.
E ora toccherebbe a Il Silmarillion.
Pensate un po’ a cosa potrebbe saltarne fuori: dopotutto si tratta di una raccolta di vicende slegate e accadute in Arda fino alla Terza Era. E qui il primo problema: numero di film da realizzare. Il Signore degli Anelli, composto da tre libri, è stato trasposto in altrettante pellicole. Lo Hobbit, un’opera di 350-400 pagine (a seconda dell’edizione), è stato diluito in tre film, allungando eccessivamente il brodo con il dichiarato intento di spremere il più possibile un’operazione commerciale molto remunerativa. Il Silmarillion, suddiviso in 5 parti, richiederebbe una realizzazione di almeno altrettanti film. Per me sarebbe una prova d’amore persino troppo ardua, visto che sono riuscito ad addormentarmi in occasione della prima apparizione del re dei Goblin… Nemmeno Legend di Ridley Scott (1985, con dei giovanissimi Tom Cruise e Tim Curry) aveva sortito un effetto tanto soporifero! Ora, immaginare l’origine di Eä come venuta fuori da una fabbrica di cioccolato a opera di danzanti Umpa Lumpa, improbabili amori tra i Valar stile Romeo e Giulietta o assistere all’ennesimo assedio dove tutto sembra perduto ma poi… sarebbe veramente troppo. E che dire di chi, affascinato dai film, comprando e leggendo i libri si ritroverebbe con contenuti diversi e, a tratti, agli antipodi?
Tralasciando gusti personali e sommessi – ma non troppo – mugugni dei lettori del Professore, non credo che ‘Il Silmarillon: the movie’ vedrà la luce così presto. È ormai chiaro che Christopher Tolkien non intenda commettere l’errore del 1969, quando il padre cedette i diritti cinematografici alla Saul Zaentz Company. Fortunatamente al tempo Il Silmarillon doveva ancora essere pubblicato, quindi la cessione riguardò solo Il Signore degli Anelli e Lo Hobbit. Ne è convinto lo stesso Jackson che, nonostante il rinnovato interesse per il fascino di Arda, ha riconosciuto che dovrebbe attendere un cambio ai vertici della Tolkien Estate, quindi quantomeno la morte di Christopher Tolkien, o un termine più lungo per la perdita dei diritti da parte di quest’ultima.
Come appassionato di Tolkien non mi resta che dire: lunga vita a re Christopher! Siete d’accordo?
– Fabrizio Palmieri –