Versione testata: PlayStation 4
Finalmente la data fatidica, attesa da tanti appassionati, è arrivata: da domani, 12 aprile 2016, milioni di videogiocatori torneranno a morire, per poi ritrovarsi davanti a un falò con una spada conficcata tra le braci… e riprendere a combattere. E a morire, ancora, ancora e ancora. La serie dei ‘Souls’ non ha bisogno di presentazioni, né ne ha bisogno ‘Dark Souls III’, quinto esponente di questa saga spirituale (in tutti i sensi) iniziata nel 2009 (con ‘Demon’s Souls’), per il quale è tornato al timone il visionario Hidetaka Miyazaki, direttore e presidente di From Software. Grazie a Bandai Namco, che cura la distribuzione del gioco, abbiamo potuto provare – pad alla mano – questo nuovo ‘Dark Souls’, ma piuttosto che lanciarci in una prova frettolosa abbiamo preferito spendere in-game quante più ore possibile, per offrirvi una panoramica che non si limitasse alla prima mezz’ora di gioco e al primo boss da affrontare. Alla vigilia della release, perciò, siamo qui per darvi la nostra opinione sul titolo. Siete pronti?
L’idea di fondo è un po’ sempre la stessa: nei panni di un eroe senza nome e senza passato (creato attraverso un editor fortemente tributario di quello visto recentemente nell’esclusiva PlayStation 4 ‘Bloodborne’), che viene chiamato Unkindled (“Fiamma Sopita”), ci ritroviamo nel mondo di Lothric, dove avremo il compito di riportare sui loro Troni i Signori dei Tizzoni, coloro che in passato erano riusciti a dominare la magia del fuoco. Non ci viene detto molto altro (forse persino meno che nei precedenti videogame della serie): come sempre – e in ‘Dark Souls III’ più che mai – starà all’attenzione del giocatore cogliere gli indizi che gli consentiranno di ricostruire il lore sterminato della saga (e di questo videogame in particolare). È possibile captarli nelle brevi e unilaterali conversazioni con i pochi NPC disposti a parlare che incontreremo nel mondo di gioco (perlopiù presso la nostra “base”, l’Altare del Vincolo), ma è anche possibile scovarli leggendo la descrizione del loot raccolto negli scontri coi nemici o trovato durante le peregrinazioni nelle lande dei morti.
Questa è un po’ la filosofia dell’intera saga: un gioco che non prende per mano l’utente, ma lascia che sia questi ad agire, a migliorare, a esplorare e a scoprire. Provando, sbagliando e ripetendo dovremo imparare a riconoscere i pattern d’attacco dei boss e ad evitare i loro colpi (cosa che garantisce ondate di endorfina e una soddisfazione che farà gonfiare a dismisura il vostro ego!) e quelli delle altre creature del mondo di gioco, tutte peraltro disegnate con consolidata cura e maestria, decisamente oniriche e disumane nel loro aspetto e portamento. A trasmettere inquietudine non è soltanto il design dei mostri che siamo chiamati ad affrontare, quanto piuttosto il dover procedere attraverso l’ignoto, con cure limitate e con il nostro prezioso carico di anime, da non perdere assolutamente se vogliamo salire di livello: cosa ci aspetta alla fine di quel corridoio buio? Le fiaschette Estus che abbiamo basteranno fino al prossimo focolare? Quel Vacuo che prega morirà facilmente o si rivelerà posseduto da un demone assassino? Quel baule nasconderà un Mimik? E così via: chi conosce gli altri giochi della saga non avrà bisogno di ulteriori delucidazioni, il feeling è sempre lo stesso – e ci piace che sia così.
Rispetto ai giochi precedenti, il gameplay, perfettamente collaudato, ha subito poche innovazioni. Si fa notare principalmente una maggior fluidità dei comandi, cosa particolarmente utile dal momento che, in ‘Dark Souls III’ più che mai, sarà la varietà di approcci ad assicurare il trionfo sui nemici più forti: non basterà unicamente ripararsi dietro lo scudo o attaccare dalla distanza, ma sarà fondamentale integrare questi approcci con la piroetta, che ci consentirà di uscire dal raggio d’azione dell’avversario e di schivarne gli attacchi. I nemici si muovono, come in ‘Bloodborne’, con grande velocità, cosa che impone un approccio particolarmente dinamico al combattimento e che sembra esaltare l’importanza della velocità e della perizia con cui le dita si muovono sul pad.
Da segnalare anche il sistema delle abilità speciali delle singole armi (Arte di Combattimento) e delle magie, che andranno a consumare la barra dei Punti Azione (PA): una interessante innovazione del gioco, che tuttavia difficilmente farà presa sui veterani della serie, che continueranno ad affidarsi alla pressione del classico grilletto R1 (o equivalente, a seconda della piattaforma). Fondamentale, sia in termini di qualità della vita che di accumulo di anime, è il colpo critico, che è possibile eseguire contro un avversario quando ci mostra la schiena (backstab) e che, oltre a risvegliare primevi, animaleschi istinti di sopraffazione (dal signorile “Prendi questo!” a più triviali riferimenti al sesso anale), può essere l’asso nella manica per porre fine anticipatamente ad uno scontro particolarmente duro.
Per quanto, come detto, l’approccio del gioco sia senz’altro punitivo, nella più classica tradizione dei ‘Souls’, e il livello di difficoltà abbia pochi riscontri nel panorama videoludico (è possibile avere più salvataggi, ma solo con personaggi diversi), occorre soffermarsi sul fatto che la curva d’apprendimento all’inizio del videogame si presenti particolarmente morbida rispetto agli altri giochi della saga: questo può essere, a seconda dei punti di vista, sia un elemento negativo che positivo. Di sicuro, a mio avviso, è un segnale abbastanza deciso della volontà di attrarre al gioco nuove fette di utenza, “vergini” rispetto alle peculiari meccaniche di questa serie.
Mi soffermo poi brevemente sugli aspetti negativi di principale importanza. In primo luogo vorrei enfatizzare il fatto che molte ambientazioni (chi ha detto “il castello”?) suscitino forti sensazioni di déjà-vu rispetto a quelle negli altri giochi; non si scade però nel semplice “riciclo” di mappe (sospiro di sollievo). In realtà, il gioco si presenta solo in apparenza labirintico: spesso e volentieri, procedendo attraverso il mondo di gioco ci si rende conto che i sentieri disponibili siano al massimo due, e che tutte le altre ramificazioni che ci era parso di scorgere nella nostra esplorazione siano, a conti fatti, tristemente limitate in ampiezza. In altre parole, gli schemi non appaiono degni della complessità vista in passato. Da ultimo, una noticina sul versante tecnico: mi è capitato, di quando in quando, di registrare decisi cali del frame rate (occasionali, ma non rassicuranti) e, nella stessa misura, dei rallentamenti dell’audio (problemi, questi, lamentati anche su altre piattaforme). Per il resto si sono presentati rari bug di secondaria importanza, mentre sembra essere ridotta (sebbene non scomparsa) la fastidiosa interazione con i cadaveri vista in ‘Bloodborne’.
E voi, Isolani? Siete pronti a morire all’infinito nelle lande spettrali di Lothric? Ma soprattutto: siete pronti per conoscere il nostro giudizio finale?
– Stefano Marras –
Dark Souls III: recensione e gameplay
Isola Illyon
- Curva di apprendimento meno severa che nei giochi precedenti;
- Paesaggi mozzafiato;
- Combat system migliorato, più fluido;
- Gameplay collaudato, implementato con specifici accorgimenti;
- Il gioco adatta alcuni dei miglioramenti sperimentati in 'Bloodborne';
- Livello di sfida, come sempre, decisamente al di sopra della media degli action RPG;
- Character design dei nemici più affascinante e disturbante che mai;
- Si avanza con la costante paura della morte, ci si sente pienamente realizzati quando si individuano i pattern di attacco dei nemici o si trovano scorciatoie o loot interessanti;
- Il lore è, come sempre, solo accennato: comprenderlo richiede una ricerca attenta da parte del giocatore;
- Curva di apprendimento meno severa che nei giochi precedenti;
- Saltuari cali di frame rate e rallentamenti del sonoro;
- Ancora non ottimale il sistema di agganciamento dei bersagli (R3), soprattutto nel combattimento ravvicinato;
- Meno labirintico dei giochi precedenti;
- Inevitabile sensazione di déjà-vu;