Cosa succede quando una creatura mitologica presente nei bestiari fantastici di mezzo mondo si scopre essere realmente esistita? Un saggio roleplayer risponderebbe “dipende da quale bestia stiamo parlando”. Augurandoci di non dover mai scoprire che Tarrasque o dèi dalle fattezze di piovre giganti abbiano popolato il nostro mondo in qualche era, sappiate che un articolo scientifico statunitense, apparso pochi giorni fa, torna a far parlare nientemeno che di unicorni. Grazie al radiocarbonio, i ricercatori russi della Tomsk State University hanno stabilito che il cosiddetto Unicorno Siberiano – nome scientifico Elasmotherium Sibiricum – non è una fantomatica creatura, bensì un animale preistorico che avrebbe convissuto con l’Homo Sapiens e si sarebbe estinto solo 29 mila anni fa, galoppando per l’ultima volta nelle praterie del Kazakistan.
Aspettate un attimo. Ho detto galoppando? Forse mi devo correggere. Sì, perché questo animale, che potrebbe aver contribuito ad ispirare le leggende che tutti conosciamo, in realtà non era per niente simile ad un cavallo bianco con un corno sulla fronte. Per darvi l’idea, era piuttosto una via di mezzo tra un rinoceronte e un bisonte, pesante e goffo, con un corno gigante tra gli occhi. Fattezze ben distanti dalla figura aggraziata e ammaliatrice che popola il nostro immaginario.
Ecco, adesso non vorrei fare la parte di quello che svela ai bambini che Babbo Natale non esiste, però questa scoperta in effetti sfata i miti raccontati nelle fiabe. Dimenticatevi eleganti cavalli bianchi ricoperti di polvere di stelle e con corna dorate – sempre che questo enorme simpaticone erbivoro fosse veramente l’animale a cui si rifanno le leggende, ovvio. Però questi studi certamente rivelano che un quadrupede con un solo corno in mezzo agli occhi sia realmente esistito e che, con tutta probabilità, sia anche entrato in contatto con l’uomo. Pensiamo per un attimo che i nostri progenitori possano, perché no, aver inciso nelle loro grotte qualche scena di caccia in cui compariva questo Siberian Unicorn; l’immagine di questo animale magari si è così tramandata e, si sa, a forza di passaggi di mano le fattezze potrebbero essersi via via trasformate da quelle di un bestione peloso a quelle di una creatura più assimilabile a una specie di cavallo. A pensare così non si fa del male a nessuno, tanto più che l’enciclopedia svedese Nordisk Familjebok sostiene che l’Unicorno Siberiano sia vissuto tanto a lungo da essere entrato come creatura leggendaria nei racconti di un popolo nomade che vagava tra i territori delle odierne Russia e Cina, ossia gli Evenchi. Non solo: Marco Polo sostiene di aver visto un unicorno a Giava. C’è da credergli? Diciamo che la descrizione che ne fa a noi che siamo infatuati dalla versione fantasy dell’animale appare più come quella di un rinoceronte. E, in effetti, esiste il rinoceronte di Giava. Insomma, tramandare vuol dire anche che ciascuno di coloro che proseguono la tradizione metta del proprio nel racconto: dall’enorme animale preistorico al più moderno cavallo scintillante – sì, anche ai Mini Pony – il passo è più breve di quello che si potrebbe pensare.
L’unicorno che conosciamo noi è simbolo di pace e purezza. Spesso chiamato anche liocorno o leocorno (per via delle raffigurazioni che lo ritraggono con barbetta caprina, coda da leone e zoccoli bipartiti), è anche animale allegorico per la saggezza. Gli sono attribuiti vari poteri magici e, pur essendo di piccole dimensioni, sarebbe invincibile. La tradizione cristiana ha contribuito fortemente alla diffusione di questo tipo di simbologia, soprattutto durante il medioevo. Saltando tutto quello che c’è nel mezzo, la letteratura fantasy ha fatto dell’unicorno uno dei suoi capisaldi, e non parlo solo di narrativa (lascio a voi le migliaia di esempi possibili): nel Manuale dei Mostri di “Dungeons&Dragons”, per esempio, ne è presente una versione notevolmente cazzuta; nel manga e poi nella seria animata “I Cavalieri dello Zodiaco” è presente il cavaliere dell’Unicorno, direttamente tratto dall’omonima costellazione; infine, una delle feste a tema fantasy più importante d’Italia si tiene a Vinci, e sapete come si chiama? Festa dell’Unicorno.
Per quanto mi riguarda, comunque, mi ritengo uno che non ama per nulla gli unicorni. Perché? Avete presente la versione italiana de “Il Trono di Spade“? Intendo il primo dei due libri che compongono “A Game of Thrones“, volume che dà il via alla storia de “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” di George R. R. Martin. Eh sì, mi sa che qua sapete già di cosa sto parlando, specialmente voi che avete letto in tempi non sospetti questa saga fantasy quando ancora non se la cagava nessuno. Tutti ricordiamo una delle scene iniziali, complice anche la serie televisiva: gli Stark trovano una metalupa morta i cui cuccioli sono sopravvissuti. E come è morta la lupa? Infilzata da un…? Sergio Altieri, il traduttore dell’opera, ha reso “antler” (inglese per “palco di corna”) con “corno di unicorno”. Nonostante nell’intervista che ci ha rilasciato abbia spiegato i motivi della sua scelta, è innegabile che così facendo abbia mandato all’aria un significato molto importante del libro. Fortunatamente le nuove generazioni di lettori hanno a che fare con una versione corretta della traduzione, ma in tanti come me, leggendo “unicorno”, hanno pensato “ah cavolo, ma allora adesso spunterà anche Mago Merlino”. Speriamo che Martin non se ne sia accorto…
– Michele Martinelli –