Amici belli, avete approfittato di questo periodo di vacanza (magari anche un po’ spinti dalle nostre recensioni) a lanciarvi finalmente nella lettura della saga de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco? Mi auguro di sì. Noi, invece, abbiamo deciso di spingerci oltre la lettura, facendo un piccolo viaggio dietro le quinte dell’opera di Martin e scambiando due chiacchiere con chi ha permesso a noi italiani di immergerci negli intrighi del Westeros e nei misteri di Essos: sto parlando di Sergio Altieri, scrittore (conosciuto con lo pseudonimo di Alan D. Altieri), sceneggiatore e responsabile dell’adattamento Mondadori dei libri di A Song of Ice and Fire. Con Sergio abbiamo deciso di fare un regalo a tutti gli appassionati della saga attraverso una serie di domande che esplorano il suo lavoro e il processo che porta alla nascita di una traduzione, parlando anche delle difficoltà incontrate e delle critiche ricevute dal pubblico in merito ad alcune scelte di adattamento. L’intervista non contiene spoiler se non una piccola anticipazione su uno dei capitoli del sesto libro, Winds of Winter, già da tempo rilasciato in rete da Martin: siete liberi di procedere con la lettura senza timori, perché è accuratamente nascosto da una stringa nera (che potete rivelare cliccando su di essa e trascinando il mouse).
Ciao Sergio, è un piacere averti qui tra noi! Direi di partire subito, allora. Dicci un po’, quanto è difficile occuparsi della traduzione di una storia così intricata e di un mondo così vasto come quello de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco? Quali sono le difficoltà maggiori che hai incontrato?
Anzitutto, Mario, un grande ringraziamento per ospitarmi su Illyon e un saluto a tutti coloro che vorranno seguirci. Riguardo alla traduzione della saga A Song of Ice & Fire, gli elementi primari rimangono il rispetto dello stile dell’Autore e l′adattamento dei nomi – personaggi, luoghi, leggende, soprannomi.
L′ormai leggendario fuoriclasse George R.R. Martin scrive in modo estremamente immediato. Questa immediatezza è una delle chiavi di volta di quello che è ormai un vero e proprio culto che circonda Martin stesso come narratore, e non solo narratore di mondi fantastici. Al tempo stesso però, l’autore fa anche uso di costrutti sintattici e di vocaboli specifici attinti pressoché da tutte le culture e da tutte le epoche. Direi che sia questo il secondo livello dell’adattamento del testo di Ice & Fire. Come rendere, ad esempio, un′espressione come kinslayer (assassino di consanguinei), o anche crannogman (letteralmente: palafitticolo) senza finire nel didascalico? Ogni volume della saga Ice & Fire rimane quindi una sfida sia stilistica che linguistica.
Capisco. Qual’è stato il volume de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco che ti ha coinvolto di più e su cui hai lavorato con più piacere?
″Tempesta di Spade″, A Storm of Swords, nessun dubbio in merito. Un volume da un lato di una grandiosità epica, dall’altro di una dimensione letteraria (920 pagine a stampa) come raramente ho visto in oltre tre decenni di escursioni nella narrativa. In questa sua ″Tempesta″, Martin riesce a coniugare eroismo e intrigo, sensualità e mistero, leggenda e realismo, politica e società. Fosse un′opera singola – e per certi versi potrebbe addirittura esserlo – non esito a definire ″Tempesta di Spade″ come un vero e proprio capolavoro.
Quanto tempo impieghi in media a tradurre un volume della saga, e quante volte finisci per rileggerlo nella sua interezza?
Tradurre, lo sappiamo da lungo tempo, non-è mettere parole in fila da una lingua all’altra. Tradurre è trasferire e coagulare due diverse strutture di pensiero. Inevitabilmente, il tempo di traduzione dipende dalla complessità e dall’estensione del testo. Ci sono svariati fattori da considerare, alcuni dei quali prettamente tecnici:
– lunghezza del testo originale;
– densità della griglia di stampa originale (americana);
– ″dilatazione″ della versione in lingua italiana rispetto a quella in lingua inglese (dal 15 al 20%);
– tempistica dell’uscita editoriale italiana.
Nel caso di Ice & Fire, sia Mondadori Editore che il traduttore (ok, you know who that is…) sono stati per certi versi costretti a scrivere le regole strada facendo.
″Il Gioco del Trono″ (A Game of Thrones) – volume di apertura della saga, 640 pagine nella griglia originale –, che affrontai nel 1998, richiese sei mesi di lavoro in continuità.
″Lo Scontro dei Re″ (A Clash of Kings), 680 pagine, richiese altri sei mesi, questa volta in due periodi separati: era stata infatti stabilita la caratura dei singoli volumi nella versione italiana, vale a dire circa 400 pagine a stampa.
″Tempesta di Spade″ (A Storm of Sword), 920 pagine, resta davvero una epopea anche di traduzione, eseguita in tre periodi consecutivi sulla base del calendario di uscita. A tutti gli effetti, in queste traduzioni ″solo″, per condurre in porto 300 pagine di testo originale si rivelarono necessarie non meno di dieci settimane di lavoro.
″Il Banchetto dei Corvi″ (A Feast for Crows), 640 pagine, apre nel 2007 la stagione delle traduzioni eseguite a quattro mani. Co-traduttore di quel volume, diviso in due parti, è l′ottima Michela Benuzzi.
″La Danza dei Draghi″ (A Dance with Dragons), 1040 pagine, quinto volume della saga, diviso in tre parti nella versione italiana, vede l′entrata in scena di Gaetano Staffilano, meister leggendario della linguistica e mio mentore della traduzione. Sui tre volumi italiani, Gaetano e io abbiamo lavorato per un cumulativo di circa nove mesi.
Riguardo alla rilettura, una volta completato il testo, eseguo almeno due passaggi di continuità e adeguamento. Questo è valso anche per le parti tradotte da Michela e Gaetano, per quanto il loro lavoro fosse comunque superlativo.
Proprio in merito alla questione delle tempistiche, è inutile negare che siamo stati felicissimi di aver potuto mettere le mani su Il Mondo del Ghiaccio e del Fuoco in contemporanea con l’America. Però in molti hanno notato che ci sono state diverse disattenzioni (o che tali sembravano) nella traduzione di nomi, che anche nell’arco di poche righe cambiano più volte (es. prima Starfall e poi Stelle al Tramonto, prima Corvo di Sangue e poi Sangue di Corvo). Avete avuto poco tempo a disposizione per la traduzione? È difficile coordinarsi con altri traduttori?
A costo di suonare altisonante, desidero esprimere tutta la mia ammirazione e tutta la mia riconoscenza all’eccezionale squadra con la quale ho avuto il privilegio lavorare sul progetto World of Ice and Fire. Alba Mantovani, Denise Silvestri e Giusi Valent – straordinarie traduttrici e superlative donne di editoria – costituiscono il fulcro della versione italiana del volume. Sabrina Azzali e Laura Gagliardi, formidabili correttrici e revisori della traduzione, hanno compiuto veri e propri miracoli nell’affrontare 800 pagine di testo nell’arco di pochissime settimane. Come giustamente intuisci, nell’impresa World of Ice and Fire il fattore tempo è stato cruciale. 600 pagine di testo originale, incluse digressioni, note e riquadri, hanno generato le 800 pagine in italiano di cui ho appena accennato. Tutto questo, più correzione, revisione, formattazione, continuità, è stato condotto in porto in due mesi di lavoro effettivo. Lascio a chi ci segue in questo nostro dialogo ogni valutazione su potenziali discrepanze, disattenzioni, e quant’altro. Le quali verranno comunque appianate nelle edizioni future. Non esito a definire World of Ice and Fire un testo al massimo livello della coerenza linguistica e artistica.
E ora la domanda da un milione di dragoni d’oro, che chi ci segue si sarà sicuramente posto e che probabilmente ti avranno chiesto in tanti: in uno dei primi capitoli del primo libro, gli Stark trovano una metalupa morta infilzata da un corno di cervo. Come mai hai scelto (se tua è stata la scelta) di modificare il “corno di cervo” in “corno di unicorno”?
E sia: accetto l′esilio alla Barriera – e, perché no?, anche oltre la Barriera… a patto di avere Spettro come compagno di pattuglia Nightwatch – come ″l′eretico che ha collocato il corno di unicorno al posto del corno di cervo.″
Har! Contestualizziamo.
Iniziai a lavorare sulla saga di George R.R. Martin nell’Anno della Dinastia del Drago 1998. Esatto: sedici anni fa. All’epoca, A Game of Thrones era il primo volume di quella che sarebbe stata (forse) una trilogia fantasy esclusivamente letteraria. Doveva passare ancora molto, molto tempo prima dell’ottima serie televisiva HBO e del culto globale nel quale siamo immersi oggi. Fu in virtù di una temeraria decisione del grande Stefano Magagnoli – all′epoca editor della Narrativa Straniera Mondadori, ancora oggi vero e proprio cardine dell’editoria italiana – che questa traduzione fu affidata ad un narratore di thriller metropolitani. Conoscevo il fantasy come genere letterario ma, fino a quel momento, non avevo mai tradotto fantasy. Superato il prologo a nord della Barriera (Wall), al primissimo capitolo dell′opus trovai la meta-lupa (direwolf) morta con il corno conficcato in gola. Ehi, siamo in un mondo fantastico, giusto? Un mondo epico, misterioso e mitico. Per cui, mi presi la libertà di trasformare il cervo in unicorno. Ancora una volta, mi assumo tutta la responsabilità di quella scelta.
È interessante osservare come sarebbero dovuti passare circa dieci anni, e altri tre interi volumi della saga Ice & Fire, prima che qualcuno notasse e obbiettasse, sia pure a ragion veduta, al corno di unicorno. A tutti gli effetti, è proprio in rispetto a quelle obiezioni che quella scelta è stata opportunamente rilevata e debitamente corretta nelle recenti edizioni di Ice & Fire. Fino a questo punto, la totalità dell’opera Ice & Fire, versione italiana – 12 volumi, 400 pagine a volume, 4.800 pagine a stampa – si aggira su un totale di circa 131.000 parole. Mi rendo conto dell’importanza non semplicemente titanica, ma assolutamente cosmica, della singola parola ″unicorno″ a fronte di quelle centotrentunmila altre parole sostanzialmente secondarie… o forse no?
Capisco. Un’altra cosa che mi sono sempre chiesto è come mai ci siano alcuni personaggi come Baelor Breakspear che hai scelto di tradurre (Lancia Spezzata), mentre altri come Lady Stoneheart o Aerion Brightflame che hai preferito lasciare in originale. Stesso discorso per alcune città (Saltpans è Padelle Salate, mentre Maidenpool è rimasta tale). Come scegli quali elementi tradurre e quali lasciare in lingua originale?
Anche qui, torniamo alle scelte del traduttore. Ice & Fire è un testo pieno di ″vortici″, passami l′espressione. Vortici che spesso scavalcano la linguistica e raggiungono la fonetica. Riguardo agli specifici, centrati esempi che citi, ritenni che Baelor Lancia Spezzata avesse un ″bel suono″. Lo stesso vale per Padelle Salate, uno dei tanti, inaspettati luoghi concepiti da Martin. Per contro, pensai che Lady ″Cuore-di-Pietra″ riportasse un po′ troppo alle fiabe, e che Aerion ″Chiarafiamma″ facesse venire in mente uno spot pubblicitario di una società del metano. Quanto a Maidenpool, ″Fonte della Vergine″ (o anche della Fanciulla) richiama decisamente uno dei capolavori del leggendario maestro del cinema Ingmar Bergman. In sostanza, la chiave di volta rimane la scelta.
Immagino sia una bella soddisfazione aver quasi coniato dei nuovi termini entrati a far parte del linguaggio comune degli appassionati, come Metalupo o Bruto, grazie anche al fatto che SKY abbia scelto la tua traduzione per l’adattamento italiano dei dialoghi dello show HBO…
Ti sono grato di aver tirato fuori la questione. Ascoltare quei nomi, prima che una soddisfazione è soprattutto una straordinaria emozione. Game of Thrones, la serie HBO tratta da Ice & Fire, non è solamente uno spettacolo televisivo epocale in se stesso: è ormai un evento culturale e sociale per l′impatto che continua ad avere a tutte le latitudini. In Italia questo impatto è ulteriormente amplificato da un doppiaggio davvero stellare. Per esperienza personale nel mondo del cinema, insisto: i doppiatori italiani sono di assoluta eccellenza. Abbinamento voce/volto, dizione, enunciazione, controllo del dialogo, tutto questo e oltre. Una eccellenza riconosciuta anche a livello internazionale. Al Lucca Comics & Games 2013 ho avuto l′onore di incontrare Edoardo Stoppacciaro, voce di Robb Stark, uomo di eccezionale simpatia e professionista al massimo livello. È stato proprio Edoardo, al quale rivolgo la mia ammirazione e il mio saluto, a confermarmi come la scelta di Sky di mantenere l′adattamento dei nomi da me eseguito costituisca il glossario anche della squadra dei doppiatori. Scelte di traduzione, quindi, che si trasformano in grande emozione.
Lo abbiamo conosciuto bene anche noi, e ci uniamo con piacere a te nel salutarlo. Parlando invece dei prossimi volumi della saga, pensi che Martin riuscirà a concludere la storia nei sette libri previsti, o temi che potrebbe diluirla ulteriormente costringendoci ancora ad anni e anni di attesa per conoscerne la fine?
George R.R. Martin è un Autore – A maiuscola – dotato di un respiro narrativo con pochi eguali. Abbiamo già un′anticipazione sui titoli dei due volumi a venire che dovrebbero completare la saga: The Winds of Winter, volume 6, A Dream of Spring. Volume 7. L′estate scorsa ho tradotto per Mondadori un singolo capitolo di Winds of Winter anticipato dallo stesso Martin sul web. Il capitolo in questione vede il grandioso Tyrion al meglio delle sue arti manipolatorie nel corso dell′assedio di Meereen. Non sappiamo con esattezza quando Martin presenterà il suo nuovo opus, ma l′aspettativa è torrida quanto il respiro dei suoi draghi. Ci vorrà ancora tempo, ma non dubito che, alla fine, troveremo… il Corno di Joramun.
Martin non è l’unico autore di cui ti sei occupato, ma hai avuto il piacere (spero) di tradurre anche Lovecraft, Herbert e diversi altri. Qual è stato il tuo preferito, indipendentemente dal genere?
Ti sono doppiamente grato di porre anche questa domanda. Ho avuto certamente il piacere ma, prima di qualsiasi altra cosa, l′onore di tradurre opere di Giganti, davvero Giganti, quale il Profeta del lato oscuro Howard Phillips Lovecraft, come giustamente menzioni, e quali i Maestri indiscussi dello hard-boiled/noir Raymond Chandler e Dashiell Hammett. Sono Autori che hanno creato personaggi archetipici e definito interi modi di raccontare. Sono Autori a fronte dei quali sarebbe non solo ingiusto ma addirittura irrispettoso indicare un ″preferito″. Ancora oggi, l′opera di tutti e tre questi Maestri continua influenzarmi nel profondo non soltanto come traduttore ma anche come narratore a mia volta. Da traduttore, la mia direttiva primaria rimane mantenere il rispetto assoluto verso la loro opera.
Da un punto di vista di riscontro del pubblico, hai avuto maggiori soddisfazione come traduttore o come autore?
Sono due riscontri nettamente diversi. Il riscontro del traduttore è concentrato sulla resa linguistica e semantica. Quello del narratore si amplia alle tematiche del testo, all’esecuzione della storia, allo stile della narrazione. Anche qui, soddisfazione è un termine forse riduttivo. Posso però dire che, sia da traduttore che da narratore, il mio scopo è riuscire a comunicare. Comunicare quanto più possibile nel senso più lato possibile.
Secondo te quanto peso deve avere nelle scelte editoriali il giudizio di un lettore? Quanto è difficile per un’azienda o anche per un autore arrivare a capire dove finisce la critica costruttiva e dove inizia quella sterile?
Ritengo essenziale il dialogo tra lettori, autori ed editori. Sono i tre cardini di quell’unico, grande sistema che è la lettura. Al tempo stesso, un cardine non può, né deve, fare a meno degli altri due, e viceversa. Soprattutto oggi, con gli strumenti di comunicazione globale disponibili, con l′annullamento pressoché completo delle barriere di spazio e di tempo, questo dialogo può diventare straordinariamente costruttivo. In riferimento specifico all’opera di Martin, molte delle osservazioni, considerazioni, riscontri compiuti proprio da lettori e da blogger hanno indotto Mondadori ad affinare le nuove edizioni dei testi. Questo è, a mio parere, un ottimo esempio di questo dialogo multipolare. Il quale dialogo può ulteriormente allargarsi e affinarsi con altri incontri ed eventi, anche web. A tutti gli effetti, abbiamo la volontà, abbiamo i cervelli e abbiamo la tecnologia. In teoria, the sky is the limit. Riguardo alla linea di confine tra critica costruttiva e… ″settarismo″, passami anche questo termine, direi che tutto sia negoziabile. Basta non azzannare tanto per il gusto di farlo.
Che dire, Sergio… davvero grazie per averci portato a fare questo piccolo tour “dall’altra parte” di questo mondo affascinante. Ci auguriamo di averti presto ancora qui con noi!
Grazie a te per avermi ospitato, Mario, e un caloroso saluto ai web-surfers di Illyon!
– Mario Ferrentino –