Game of Thrones non mi è mai piaciuto. Ecco, l’ho detto. Ho provato a leggere i libri di Martin, ma le sue scelte lessicali sfocianti nella semplicità onomatopeica abbinate a una trama con evoluzioni prepotentemente naïf non mi hanno mai permesso una vera immedesimazione coi personaggi, privandomi del piacere dell’immersione narrativa. Il telefilm HBO, per necessità relative alle tempistiche, tende a enfatizzare i difetti del plot abusando di situazioni riempitive atte a creare pathos o limando alcune battute rilevanti espresse durante le scene d’azione; la fotografia e le atmosfere salvano l’opera televisiva, ma ormai la seguo solo sporadicamente per socializzare con amici e parenti che non riescono a parlare di altro (scegliendo di immolare il mio tempo in onore de Il Trono di Spade ho dovuto dire addio ai conoscenti che hanno preferito Sons of Anarchy), considerandolo di mio un passatempo traboccante sensi di colpa. Per questa mia antipatia congenita non ho potuto che trovare ilare la notizia che Sony, con il permesso dell’HBO, si stia impegnando attivamente per fare un remake della tanto amata serie, un remake pensato e sviluppato specificatamente per il mercato indiano.
Non è la prima volta che Sony si occupa di adattamenti si questo genere (vedi “Metastasis”, il “Breaking Bad“ colombiano) e l’India si è sempre interessata alle influenze occidentali (vedi “24” in salsa bollywood), perciò non dovrebbe sorprendere troppo un’operazione del genere, ma resta il fatto che, flagellato da preconcetti puramente eurocentrici, non posso che farmi un’immagine goffa del tutto. Lo so che non dovrei farmi condizionare dalla scena super-eroistica del film anni ’80 “Deriya Dil”, ma anche sforzandomi di essere oggettivo sono traviato al punto che mi immagino un fantasy di tradimenti sottolineati da numerosi e drammatici interventi musicali.
Un altro punto che mi lascia perplesso consiste nella severità della censura indiana, che già era intervenuta con mano pesante sullo show americano, praticando tagli ingenti sia sulla violenza che sui frequenti coiti che mettono decisamente a nudo la fisionomia femminile (punti di interesse che molti fan ritengono essenziali all’integrità del prodotto). Risulta davvero possibile riplasmare Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco perché siano socialmente accettabili e, soprattutto, riuscirebbero a essere ancora di intrattenimento una volta rese accessibili a tutta la famiglia? Su carta, il progetto parrebbe appetibile quanto una soap opera adolescenziale sudamericana le cui vicende orbitano attorno al mondo vampirico, un’idea di per sé folle che potrebbe avere inspiegabile (e immorale) successo internazionale. Per delineare adeguatamente la situazione, pertanto, mi sono preso la briga di fare qualche ricerca, ricavandone risultati sorprendenti.
Tralasciando la miriade di siti impegnati a diffondere la loro versione idealizzata del cast (prassi che credevo confinata ai fanatici di manga che sognano live action occidentali con al centro i loro beniamini), giungono le prime voci sugli attori ufficiali e sui ruoli che essi ricopriranno. Ecco dunque che Sakshi Tanwar, Parth Samthaan e Anita Hassanandani vestiranno rispettivamente i ruoli di Daenerys, Jon Snow e Cersei Lannister; non ho la benché minima nozione su chi siano questi individui, ma le voci che girano sul web appoggiano esclusivamente la quarantaduenne Tanwar, riservando agli altri due commenti decisamente meno lusinghieri. Samthaan, in particolare, pare fomentare in negativo un pubblico che già lo canzona con un “non sai niente Jon Snow” riferendosi alle sue doti interpretative evidentemente zoppicanti e alla sua gavetta limitata ai programmi di MTV (come se in Italia facessimo fare film ai tronisti di Uomini & Donne, insomma).
Non bisogna fraintendere, però, la futura localizzazione indiana di Game of Thrones non andrà a intervenire solamente sul colore della pelle dei protagonisti o sulla loro identità nazionale; la trasmigrazione dei sette regni sarà ben più profonda, intervenendo in maniera radicale e incomprensibile sul materiale originale. Tra le poche dichiarazioni ad oggi pervenute, infatti, è dato sapere solamente che le vicende saranno ambientate nel periodo dei moti del 1857, famoso “ammutinamento” dei soldati indiani contro i colonizzatori inglesi scoppiato a causa di incomprensioni religiose collegate alla lubrificazione delle canne dei fucili.
Mi viene naturale chiedermi se la serie, ribattezzata Rani Mahal in riferimento a un noto palazzo reale nella città di Jhansi, avrà effettivamente qualche collegamento concreto con la nostra versione fantasy o si limiterà a essere un dramma in costume. Risulta difficile credere che la controllatissima televisione locale darà via libera alle scene di incesto o che la magia si sposi adeguatamente alla ricostruzione storica, quindi come diamine inseriranno la khaleesi, il bastardo delle nevi e la bastarda inacidita? A questo punto riesco a immaginarmi solamente due potenziali svolte: un noiosissimo e melenso telefilm che usa una licenza famosa per rivangare episodi culturali dell’India e propinarli alle nuove generazioni o una pacchianissima esperienza mediatica in cui personaggi strampalati vengono spinti a forza in un contesto alieno, distruggendo ogni forma di veridicità e verosimiglianza.
Ovviamente il mio animo trash si augura ardentemente che si protenda verso la seconda possibilità, dotando le armate britanniche di un reparto cavalleggero draconico, fornendoci un sobrissimo re Robert mussulmano praticante o un Syrio Forel che istruisce i pupilli di turno con le esotiche arti di spada dell’estremo occidente; a ben pensarci credo che seguirei con netto interesse una serie costruita con basi simili, considerandola al pari di capolavori quali “L’armata delle tenebre”. In Italia, purtroppo, un’operazione simile non risulta neppure immaginabile. I mezzi che mettiamo a disposizione per i telefilm non religiosi sono decisamente modesti e la trama finirebbe fin troppo facilmente nelle grinfie della Lega, con un infoiatissimo Matteo Salvini pronto a commissionare un copione a Umberto Eco, copione in cui si approfondirebbe nel minimo dettaglio tutti gli avvenimenti collegati al Barbarossa e alla sua armata di lucertole incendiarie.
-Walter Ferri-