Il consigliare di andare a morire (ammazzati) è una cortesia che nella vita reale limitiamo solitamente alle persone veramente orribili, come chi ci taglia la strada in macchina o non intende riconoscere la differenza tra anime e cartoni animati per l’infanzia: all’interno del mondo videoludico, quando si parla di titoli di FromSoftware, il macabro augurio assume una tonalità leggermente differente. Nel magico mondo di Dark Souls, del resto, non esistono poi tanti altri modi di progredire, e la (violenta) dipartita virtuale appare meno come un inconveniente temporaneo incluso nel campo delle possibilità, e più come una costante universale con la quale dobbiamo nostro malgrado imparare a fare i conti su base regolare.
Per la gioia di tutti i masochisti e aspiranti suicidi del pixelato universo videoludico, manca ormai veramente poco all’uscita di Dark Souls III (12 aprile, su PlayStation 4, Xbox One e PC), epica conclusione della serie che nel corso degli ultimi anni ha conquistato un posto d’onore nel mondo dei giochi di ruolo: non resta molto tempo per prepararsi spiritualmente all’apocalittico terzo capitolo, ecco dunque un veloce ripasso di quello che sappiamo.
Lo stile che ci troviamo di fronte è inconfondibilmente quello di Dark Souls: del resto, nelle intenzioni di Hidetaka Miyazaki, uno degli ideatori del gioco, vi è il dichiarato obiettivo di non far sentire troppo spaesati i veterani della serie, soprattutto durante i primi momenti dell’esperienza di gioco. L’atmosfera, i nemici, i personaggi… nonostante gli obbligatori miglioramenti a livello di grafica ed estetica, quello che vediamo è tutto fortemente radicato nella tradizione ludica iniziata dai titoli precedenti, salvo alcune sottili innovazioni mutuate dall’esperienza di “Bloodborne” (altro GdR marcato FromSoftware, di cui trovate la nostra recensione qui), con un sistema di controlli leggermente differente.
Ancora una volta, il nostro protagonista senza nome (poiché non se lo ricorda) si ritrova portatore della malaugurata condizione di non-morto: questo è il momento in cui si compie la scelta notoriamente fondamentale per ogni GdR degno di questo nome, ovvero la classe del proprio personaggio. In questo caso ci ritroviamo per le mani diverse opzioni, ciascuna contraddistinta da particolari punti di forza (e debolezza), poteri specifici e una particolare scelta di Abilità (su cui torneremo in seguito). Si parte dal Cavaliere, carro armato in miniatura nella sua armatura a piastre con Vitalità da vendere, passando poi all’Araldo, un combattente in grado di ricorrere a Miracoli per difendersi e curarsi in tempo reale, per concludere con la triade degli utilizzatori di magia, Stregone, Piromante e Chierico, ciascuno specializzato in una particolare tipologia di incantesimi (rispettivamente, Magia dell’Anima, Piromanzia e Miracoli). Relativamente a queste ultime, non aspettatevi grossi cambiamenti: le stregonerie rimangono la categoria “generalista”, con diversi incantesimi utili e attinenti a tipologie di danno differenti, mentre le piromanzie si iscrivono più nella scuola di pensiero “brucia tutto, poi brucia le ceneri ancora un pochino”, e i miracoli, infine, pertengono a un tipo di magia più passivo e protettivo, con cure e potenziamenti.
Abbastanza interessante pare la nuova meccanica di “kindling”: se in Dark Souls II (e nel venerando Demon’s Souls), ogni volta che il personaggio passava allo stato di non-morto si vedeva decurtare di una certa percentuale la propria vita massima (riducendo ulteriormente le proprie chance di sopravvivenza future), nel terzo capitolo della serie i giocatori dovranno raccogliere una risorsa nota come Ember, che fornirà un bonus sostanziale alla propria salute. L’inghippo? Quando si muore, tale bonus scompare nel nulla, almeno fino a che il giocatore non riesce a trovarne dell’altro: morire è sempre brutto, in altre parole, ma non altrettanto menomante.
Non pensiate, comunque, che ciò sia sinonimo di un’accresciuta semplicità di gioco, anzi: chi ha sperimentato in prima persona il titolo ci dice che non solo le interminabili catene di morti del PG di fronte a un nuovo boss risultano terrificanti come sempre, ma anche che le build rese disponibili fino a questo punto sono state “semplificate”, per permettere una maggiore esplorazione dei contenuti di gioco nei limiti temporali imposti alle preview. Quindi preparatevi a nemici più agguerriti, e spesso dotati di uno o più assi nella manica sotto forma di “potenziamenti” (a livello di abilità o manovre di combattimento) attivati automaticamente quando la loro salute raggiunge un livello sufficientemente basso: Dark Souls ci ricorda, insomma, che “non puoi vincere facile”, e anche quando pensi di stare andando bene, beh, il gioco la pensa diversamente.
Dalla nostra abbiamo però un sistema di skills dotato di notevole peso e profondità a livello di gioco, con la possibilità di variare tra stance e manovre speciali, fino a trovare lo stile di combattimento più adatto a noi. Armati dunque di un arsenale piuttosto ridotto (con ben pochi slot a nostra disposizione per armi e ammennicoli, che imporrà un’ulteriore livello di difficoltà nello scegliere di portarsi dietro solamente l’essenziale), sarà il nostro momento per avviarci in quello che Miyazaki ha tenuto a descrivere come un mondo morente, dove a farla da padrone sono la solitudine, la melanconia, e la disperazione legata alla fine di tutte le cose.
Ancora una volta sulla breccia, cari lettori non-morti: con Dark Souls, andare a farsi ammazzare non sembra mai essere stato altrettanto divertente!
– Federico Brajda –