“Non è ancora domani”, un episodio di The Walking Dead che non potrebbe avere titolo più evocativo ed essere intimamente bipartito: due narrazioni dal ritmo decisamente diverso vogliono toccare i due aspetti fondamentali del nuovo mondo. Il primo è la ripartenza, cominciando dai biscotti caldi di una ritrovata Carol che nella prima parte dell’episodio cerca di tornare alla vita di tutti i giorni, riportando un po’ di dolcezza al gruppo. Il secondo è la guerra totale, che al momento però definirei piuttosto parziale: uomo contro uomo, quella causa che i sopravvissuti stanno perpetrando, la loro causa. Non si combatte semplicemente per la sopravvivenza, ma per la supremazia, per il controllo e indubbiamente per la costruzione di una nuova civiltà, ripartendo da un’apocalisse zombie, non dimentichiamocelo.
BISCOTTI FRESCHI CERCASI
Non è facile ripartire da un biscotto, nessuno potrebbe dire il contrario. Eppure la nostra prode sopravvissuta ci prova. La puntata si apre, ancora, con la musica: ci sentiamo immediatamente catapultati in un ambiente piuttosto familiare, e subito ritroviamo una Carol ai fornelli, che ci siamo persi per un po’ di tempo. La musica ci accompagna anche quando la mitica casalinga è costretta a sporcarsi per uccidere uno zombie mentre si trova nel bosco a raccogliere le ghiande per i biscotti. Se non fosse per questo, un idillio. C’è spazio anche per una scena nostalgica che ci riporta ai lutti della donna, da sempre “mamma” del gruppo, che ha visto morire un sacco di bambini ai quali s’era in qualche modo affezionata. Un biscotto, adagiato sulla fossa in memoria del dolce e pacioccone Sam Anderson, un modo come un altro per chiedergli scusa dopo averlo minacciato e spaventato a morte. C’è anche del sentimento, non dimentichiamocelo: una nuova coppia che potrebbe nascere e coinvolgere proprio Carol, addirittura un bacio che probabilmente in molti non si aspettavano. La nuova vita, un gesto semplice e genuino che in questo contesto acquista un valore enorme, infinito. Ma è una finzione, e manca poco al momento in cui Rick riporterà tutti sulla terra, arrivando quasi sgommando con un caravan carico di provviste e con l’intenzione di arruolare un esercito per attaccare altri uomini. Non è ancora domani, e tutti vengono riportati immediatamente con i piedi per terra. C’è spazio per vedere Abraham che lascia Rosita perché, testualmente “non è l’ultima donna sulla faccia della terra” e si butta nella mischia con Sasha, successivamente: in tutto ciò Eugene continua a fare la figura dell’idiota indesiderato. Non ci siamo nemmeno dimenticati della coppia dottoressa Denise e Tara, con una prima dichiarazione d’amore che si rivelerà essere (come confessato a padre Gabriel) un modo di camuffare le proprie preoccupazioni e i propri veri sentimenti. C’è molto spazio ultimamente per questo tipo di sviluppo narrativo, ma confinato in una sezione ben definita potrebbe sembrare più interessante. Il discorso di Rick all’interno della chiesa potrebbe essere quasi paragonato a quello di uno dei tanti bei politici dittatoriali e belligeranti, ma in una situazione del genere non potrebbe essere diversamente. Morgan fa il moralista, ma dura poco: a dispetto dei pochi in disaccordo, si inizia a pianificare l’attacco per rispettare gli accordi con Hilltop.
GUERRA PARZIALE
Il modo frenetico in cui tutta la scena di preparazione e pianificazione dell’attacco prende luogo probabilmente poteva essere disteso su una narrazione più ampia, occupata invece dalla prima fase che focalizza la sua attenzione su Carol, come abbiamo visto, ma va bene così. Alla fine, dopo tutte le belle parole scambiatesi fra Rick e gli altri all’interno della chiesa, arriva un piano molto furbo, quello di trovare una testa che debba necessariamente somigliare a quella di Gregory. Non un atto di pietà, ma un gesto astuto che contraddistingue in un certo senso un segno di civiltà e soprattutto di sopravvissuto ingegno. Fortunatamente, a differenza dei Wolves, non tutta l’umanità sta tornando allo stato ferale, e questo ci fa piacere. La parte centrale, quella dei saluti, del viaggio e dell’effettivo arrivo alla base dei Salvatori suona dolorosa e a tratti anche lenta e ripetitiva, ma siamo abituati a questo lato romance della storia e ce lo prendiamo esattamente per quello che è: indubbiamente utile per lo sviluppo caratteriale dei personaggi, ma innegabilmente sfruttato come riempitivo che spezza il respiro action e poco horror della situazione, soprattutto in questo episodio.
Anche l’arrivo a quello che dovrebbe essere, secondo i nostri sopravvissuti, il quartier generale di Negan, avviene ovviamente in notturna. La tana dei Salvatori si presenta piuttosto bene, anche se i lettori del fumetto se la sarebbero aspettata diversa, magari con un tocco più steampunk e meno naif, a dirla tutta, ma il presentimento reale è che ciò che abbiamo visto possa essere soltanto un avamposto o qualcosa di simile. I vistosi sistemi satellitari (genericamente definibili come ANTENNONI) potrebbero dare a pensare che si tratti di un centro di controllo o un ripetitore, tenuto fra l’altro in buono stato, e quindi fruibile. I fari e le luci sono perfettamente funzionanti, il che rende plausibile che anche il resto dell’attrezzatura possa essere utilizzato. La tecnica è quella del cavallo di troia, e il modus operandi è quello di una squadra speciale addestrata ad operazioni di alto profilo – non mancano però le esitazioni e i momenti di incertezza nell’uccidere, a sangue freddo, uomini nel sonno. Un encomio particolare alla scena in cui Glenn, alzando lo sguardo, nota una serie di foto di persone con il cranio spappolato: ancora una volta, questo è un presentimento? Un omaggio al fumetto? Il destino manifesto del nostro asiatico americano preferito? Ai posteri l’ardua sentenza. Dopo il massacro silenzioso di fronte al quale Rick non mostra particolare esitazione a differenza di qualcun altro, non manca ovviamente un bel più vistoso scontro a fuoco, con armamenti da Call of Duty e una scena nel deposito delle armi che potrebbe star bene in un crossover fra Pulp Fiction e Arma Letale 4.
La mattanza arriva all’interno di questo edificio dagli spazi angusti e claustrofobici, da quel corridoio pieno di porte pronte ad aprirsi da un momento all’altro: sarà proprio immediatamente all’esterno di queste mura che finalmente Padre Gabriel ucciderà a sangue freddo un uomo, non prima di aver recitato una preghiera. Questa scena, volutamente estemporanea in un certo senso dal casino all’interno, ci presenta un prete che indossa i suoi abiti tipici ed è consapevole di ciò che era prima dell’apocalisse e ciò che è adesso: un prete. Ma le cose ora vanno in modo diverso e, a volerla dire tutta, anche la professione di una fede si piega alle regole di questo nuovo mondo, anche se, come il titolo ci ricorda alla perfezione, non è ancora domani. Il finale (non) ci sorprende, non è finita: nonostante Michonne chieda a Rick di riconoscere fra i cadaveri quello di Negan, non riesce a convincere nessuno che sia davvero tutto finito. La scena è lenta, e riprende alla luce del giorno un finale apparentemente lieto, sciogliendo l’atmosfera tesa e le inquadrature adrenaliniche con movimenti molto più morbidi e una colonna sonora conciliante. Immediatamente una moto: quella moto, che Daryl riconosce. Il sopravvissuto viene abbattuto come un cane randagio, ma dalla radiolina una voce femminile ci dice che Carol e Maggie (che in tutto ciò – pure incinta – avrebbe fatto bene a farsi i cazzi suoi e a restare a casa) sono state prese come ostaggio. Ancora una volta i nostri sembrano costretti a dover deporre le armi, ma dello scontro finale abbiamo visto solo l’ombra. Non è ancora il momento. Non è ancora domani.
– Antonio Sansone –
- La bipartizione della puntata è sicuramente una scelta vincente da parte degli sceneggiatori;
- Le scelte registiche ed i tempi della seconda parte della puntata sono impeccabili;
- Avanti, "uscite" Negan!
- Il rischio che gli sceneggiatori allunghino il brodo con espedienti tristi e decisamente noiosi, come in passato, è alto;