Gli zombie hanno da sempre riscosso enorme successo, attirando (soprattutto nell’ultimo periodo) un gran numero di fan che si sono appassionati a questa figura raccapricciante, per certi versi fin troppo abusata, sia in campo cinematografico che in quello letterario. Chi non ha mai guardato il film cult La notte dei morti viventi o qualche altro capolavoro horror di George A. Romero? Chi non ha mai letto un libro sugli zombie? Io ricordo ancora la mia prima lettura al riguardo, La casa della morte della collana Piccoli Brividi, che probabilmente avrò ancora conservato in qualche angolo della mia soffitta; per non parlare dei numerosi videogiochi che hanno affrontato l’argomento, prima su tutti la saga di Resident Evil. Chi, come me, avrà qualche anno in più, ricorderà sicuramente il primo capitolo della serie targata Capcom e l’emozione indescrivibile nel vivere quell’avventura ricca di suspense e di scene raccapriccianti… era il 1997, diavolo! Chi mai avrebbe detto, al tempo, che quel titolo avrebbe fatto la storia dei videogiochi?
Insomma, in qualsiasi campo gli zombie hanno costituito un’ottima fonte di ispirazione. È proprio con questa breve premessa che vi voglio presentare il titolo di un nuovo fumetto pubblicato da Saldapress, che l’11 marzo debutterà nelle nostre fumetterie di fiducia: Dead Ahead – Un mare di morte. La serie, scritta dal duo Mel Smith – Clark Castillo e disegnata da Alex Niño, appartiene alla collana Z, una ricca collezione italiana dedicata per l’appunto alla figura dello zombie.
Appena ho messo le mani sul volume devo confessarvi che ho arricciato un po’ il naso, pensando: “Oh no, non ditemelo, un altro fumetto sugli zombie…”, eppure già dopo le prime pagine mi sono dovuta ricredere. La storia, nella sua semplicità, appare molto avvincente: un gruppo di persone, dopo quella che sembrava una battuta di pesca in una giornata tranquilla come le altre, si ritrova nel giro di poco tempo a veder capovolto il proprio destino. In tutto il mondo le persone si stanno trasformando in morti viventi, dunque tornare sulla terraferma equivarrebbe a morire.
È così che quel semplice peschereccio si trasforma nell’unica possibilità di salvezza, con il capitano impegnato nel riuscire a condurre al sicuro il suo gruppo, in costante lotta per la sopravvivenza. La trama è scritta bene e riesce a mantenere il giusto ritmo che ogni racconto horror che si rispetti dovrebbe avere; ad onor del vero a far sì che la vicenda risulti particolarmente interessante ci pensano le numerose parti riflessive dedicate ai vari personaggi, capaci di rendere la narrazione incredibilmente realistica. Se dovessi immaginarmi in quella situazione, e ritrovarmi su un peschereccio trasformato in una prigione galleggiante, mi lascerei andare alle stesse riflessioni e soprattutto alle stesse paranoie. L’apprendere dalla radio della sciagura, l’incredulità iniziale, l’essere allontanati dalle stesse forze dell’ordine che consigliano di rimanere il più a largo possibile dalla riva, il tentare di sopravvivere con razioni di cibo limitate e con poche munizioni per difendersi da quei mostri di cui non si sa poi tanto, pur di non essere contagiati, e poi soprattutto il luogo in cui si svolge il tutto, il mare, un valido alleato quando il vento soffia bene, ma anche un temibile nemico quando ti avvolge con le sue onde senza pietà… tutti questi sono elementi che riescono comunque a tenere ben viva e costante l’attenzione del lettore e il suo desiderio di proseguire per scoprire la storia di quei poveri sfortunati. L’atmosfera che crea questo primo volume è, insomma, davvero degna di nota: siamo noi che cerchiamo di sopravvivere insieme a quei protagonisti, e sempre noi siamo il capitano che guida il gruppo, che conosce bene il senso del motto Mors tua, vita mea, che sta ad indicare che ognuno del gruppo, anche il più caro degli amici, è sacrificabile per il bene di tutti. Il pericolo è dietro l’angolo: le armi, unica forma di difesa contro i non-morti, necessitano di proiettili, quasi come il corpo ha bisogno di cibo per correre e scappare da quegli abomini. L’istinto di sopravvivenza dell’uomo lo porta a trovare le più disparate soluzioni: i membri del gruppo si improvvisano avventurieri e, armati fino al collo, cercano di districarsi di zona in zona alla ricerca di viveri e munizioni, ma devono stare attenti perché l’errore non è contemplato, ed essere contagiati vuol dire scegliere tra il trasformarsi in una bestia senza cuore o il ficcarsi una pallottola in testa.
A rafforzare questi aspetti del racconto ci pensano due elementi fondamentali che contribuiscono a completare il quadro di Dead Ahead: i disegni e i colori. In un primo momento i tratti di Alex Niño non mi convincevano del tutto, anche perché non ero abituata a quel tipo di disegno, in parte stilizzato, se vogliamo definirlo così, e confusionario nel complesso. Ma appena mi sono addentrata nella storia, il mio giudizio è cambiato: non solo ho cominciato ad apprezzare quei tratti in alcuni punti anche solo accennati, ma mi sono calata in quelle tavole che prima definivo confuse, vedendole finalmente con chiarezza, comprendendo come questi aspetti, insieme ai dialoghi, fossero le fondamenta stesse dell’opera. Trovarsi di fronte ad una situazione come quella descritta, dinamica, confusionaria, piena di paranoia e paura, giustifica abbondantemente queste tavole così particolari che alla fine sono giunta ad apprezzare per il loro stile originale.
A condire il tutto ci sono, poi, i colori: Moose Baumann dipinge usando i giusti toni per ogni tavola. Le scene notturne, in particolare, sono davvero ben riuscite con i colori delle luci in contrasto con i toni del cielo buio, l’intensità del rosso del sangue che diventa quasi un leitmotiv visivo in diversi punti – i colori caldi ma soprattutto le tonalità fredde denotano una sapiente autocoscienza del lavoro dell’artista. Ciò che mi ha davvero conquistata, oltre alla parte paranoico-riflessiva dei personaggi che si trovano in balia delle onde in tutti i sensi, è stato proprio il connubio tra disegno e colore degli zombie: questi sono rappresentati come esseri disgustosi e spregevoli che fiutano gli umani sopravvissuti e gli danno la caccia come fossero gatti con un topo. Sono malformazioni di carne che camminano e addirittura nuotano, sono aberranti, e questo modo di essere riescono a comunicarlo solo grazie a Niño e Baumann, che insieme danno magistralmente l’idea di ciò che i sopravvissuti devono affrontare.
Dead Ahead è un fumetto horror assolutamente consigliato, quindi, dove la suspense e la corsa alla salvezza si alternano a momenti di riflessione che portano inevitabilmente alla follia, ma anche a momenti di quiete, quiete che preannuncia una tempesta di non-morti in arrivo.
– Alessia Bellettini –
“Dead Ahead” volume 1 – Recensione
Isola Illyon
- Non è la solita solfa sui vari zombie e non-morti, ma una storia di sopravvivenza, di nervi saldi e di follia;
- I disegni diventano fondamentali nel ricreare la giusta tensione nella storia;
- Ogni tonalità è usata al momento giusto, al posto giusto e con l’intensità giusta;
- L’aspetto psicologico di ogni personaggio, da quanto si evince in questo primo volume, è ben dosato;
- La "confusione" che si può percepire in alcune tavole, col proseguire della lettura scompare;
- I disegni così stilizzati e a volte confusionari potrebbero non piacere a tutti;