“Avventuriero. Ladro. Collezionista di oggetti magici. Orfano.
Sinbad ha un solo desiderio: scoprire l’identità dei suoi genitori.
Per farlo dovrà scontrarsi con streghe immortali, mutaforma, sirene e mille altre creature magiche…
…compresa la più potente di tutte, un genio oscuro che non conosce pietà!”
Con questa splendida presentazione in quarta di copertina, il nuovo fumetto di RW Edizioni svela fin da subito quel che contiene: avventura, magia e mistero, condito con quel pizzico di simpatia e di sangue che rendono la miscela perfetta per gli amanti del fantasy d’avventura.
Rispetto a quanto narrato ne “Le mille e una notte”, la storia presentata in questo volume è completamente nuova: si rifà solo a Sinbad, circondandolo con nuovi personaggi e nuove trame. Niente di strabiliante o strano: Sinbad ha subito così tante rivisitazioni che questo volume non fa altro che riprendere questa lunga tradizione, rinnovandola perché non ci presenta un protagonista sempre e solo marinaio coinvolto suo malgrado in mille peripezie, ma un uomo che lascia il suo lavoro di navigatore per intraprendere la propria ricerca. In questo caso, a spingerlo è il desiderio di conoscere i genitori che lo hanno, pensa lui, abbandonato. Riuscirà ad arrivare alla verità?
È chiaro fin da subito che le tavole della novella sono state create per narrare il futuro, non il passato. Le origini di Sinbad sono svelate nelle prime pagine, in modo tale che la storia possa partire da quel racconto e andare avanti in modo autonomo, verso altri orizzonti, coinvolgendo mercanti, fauni, un ciclope… e una strega centenaria, collezionista compulsiva e amante di dolciumi e giochi. Sarà lei, la temibile Turabah, la principale nemica del nostro eroe, costretto a fuggire con il prezioso bottino sottrattole, il Calice di Alessandria. Questa grande coppa, se riempita con il Vino di Delfi, è infatti capace di mostrare il passato, ma funziona una sola volta!
Il personaggio di Turabah è sicuramente quello che mi ha colpito di più. È il classico archetipo della strega-bambina usatissimo negli ultimi tempi proprio per dare quel forte distacco dalle femme fatale o dalle befane vecchie, brutte e bitorzolute – tuttavia ciò che appare non è: ella non voleva restare bambina, la sua forma non è stata scelta da lei, ma è uno scherzo, un crudele scherzo del protagonista misterioso del fumetto: il genio. Più cattivo di Turabah, più imprevedibile di Sinbad, più straniante di qualsiasi altro personaggio mostrato: il genio è un vero djinn malvagio della tradizione mussulmana. Non ci viene presentato come il genio bonario di Aladdin della Disney, ma è crudele, e questa è la sua natura. Il motivo? Non c’è. Seguendo l’altra giusta tradizione de “Le mille e una notte”, se un personaggio non indossa una maschera, è esattamente ciò che è. Questo modo di intrecciare la storia è piuttosto diverso da quello tradizionale occidentale, in cui su tutti gli archetipi prevale invece quello dell’ingannatore.
È con il genio, il djinn blu con due zanne inferiori lunghe una spanna, gli anelli d’oro nella carne e i peli neri, che inizia il racconto, ed è sempre con lui che ha fine questo volume, diviso in tre capitoli: Il Calice di Alessandria, Le Zanne del Genio e Le Ombre dell’Harem.
Vicino allo spirito blu, troviamo il sultano, qui chiamato – indovinate un po’ – Aladino. Tuttavia, ancora una volta, gli autori riescono a farci completamente dimenticare gli archetipi disneyani, ed eccoci davanti ad un Aladino ormai califfo da tanti anni. Come è ovvio, è lui a possedere la lampada magica… e a chiedere consiglio al genio, non sempre con risultati apprezzabili. Dopo appena quattro pagine, entra in scena tutta la sua malvagità.
Importante per la narrazione è anche la pantera bianca che accompagna Sindab. Dopo non uno, ma ben due baci (e non del vero amore), l’uomo riesce a liberare la creatura dalla maledizione che la imprigiona, riportandola alle sue fattezze originali… ovvero quelle da pantera. Va bene, scusate, forse siete un po’ confusi, anche io lo ero, ma lascio che siate voi a scoprire tutta la verità.
Infine, arriviamo a Sinbad. Come già detto, la quarta di copertina descrive a pieno il volume e il suo protagonista: su di lui resta quindi poco da aggiungere, se non che è un inguaribile e un po’ lento cialtrone. Ha la passione di collezionare oggetti magici, sicuro che prima o poi gli torneranno utili e, come in ogni fiaba che si rispetti, sarà esattamente così. Durante lo svolgersi della storia avrà occasione di utilizzarne diversi, come un flauto che incanta gli animali, un pugnale parlante, una scatola che contiene l’avatar di Euterpe (la musa della guarigione), la Conchiglia di Tritone, e tanti altri. Non sono mai stata un’amante dei protagonisti, ma questo Sinbad riesce ad accattivare e coinvolgere, proprio perché è molto meno perfetto di quanto un “eroe” dovrebbe essere – soprattutto perché lui non vuole essere tale, e gli autori si impegnano a non farlo passare in quel modo.
Il finale è qualcosa di straniante, perché è esattamente ciò che ci si aspetta… ma non è ciò che ci si aspetta! Non vi svelerò altro, ma sappiate che la storia va a finire proprio come pensate, ma attraverso una via inaspettata.
Arriviamo a qualche considerazione tecnica.
18€ circa per 170 pagine tutte a colori restano tanti, ma in questo caso sono sicuramente ben spesi, perché la storia si conclude con questo volume ed è corredata da un’eccezionale qualità di disegni e colori. Entrambi risultano azzeccatissimi per la storia: i primi con dei tratti tanto tondi quanto aguzzi, che richiamano in modo egregio le caratteristiche della scrittura e dell’architettura araba; i secondi sono perfetti, fluidi, pieni, ben sfumati: non hanno caratteristiche particolari e ineguagliate, ma sono quanto di meglio ci si potesse aspettare per questo genere di storia.
La sceneggiatura e i dialoghi sono buoni, privi di sbavature, eccessiva lentezza nello svolgimento o carenze di trama dovute alla rapidità.
Unica pecca, il lettering non sempre ottimale: in 170 pagine ci sono poco meno di una decina di errori di battitura, che potevano essere eliminati con una rilettura più attenta del volume. Tuttavia, come ben sanno gli accaniti lettori di fumetti, nessuna opera è totalmente esente da questo genere di errore, che diventa importante solo quando presente in ogni singola pagina – cosa che qui, per fortuna, non accade.
Per quanto riguarda gli autori, li ho volutamente lasciati ultimi, essendo affermati in Francia e quasi sconosciuti in Italia (a parte ai veri appassionati di fumetto e bd): alla sceneggiatura Christophe Arleston e Audrey Alwett; ai disegni Pierre Alary e ai colori Jean-Paul Fernandez.
– Elena Torretta –
Sinbad – Recensione
Isola Illyon
- Ottimi disegni e colori;
- Sceneggiatura sempre divertente e dinamica;
- Personaggi splendidamente caratterizzati, tanto quelli primari quanto quelli secondari;
- Riprende e rinnova la tradizione fiabesca de "Le mille e una notte";
- Il prezzo non è accessibile a chiunque;
- Manca il passato di Azna;
- Qualche errore di lettering;