Chi, almeno una volta nella vita, non ha provato l’ebrezza di lanciare una manciata di dadi su un tavolo? Solitamente ad avere questo privilegio sono i “ruolisti”, e il lancio del dado è qualcosa che trascende il gioco stesso, tanto che spesso potrebbero non farvi sedere al tavolo se non doveste portare il vostro set personale. Ogni giocatore ha ovviamente un modo tutto suo per lanciarli, il che mi porta a presentarvi i seguenti profili: in quale di questi ritrovate voi o i vostri amici?
Il Saggio del tempio
Afferri i dadi con precisione, calcoli il loro peso per assicurarti che ci siano tutti, quindi rivolgi il palmo verso l’alto e stendi le dita in modo da farli scivolare dolcemente sul tavolo per ricoprire uno spazio non più grande di dieci centimetri quadrati. Di certo avrai letto tutte le regole del manuale, comprese varianti e opzioni, sei preparato su ogni cosa e ne sai sempre una più del Master. Occhio che da qui a diventare ossessivo compulsivo, il passo è breve.
Il Paolo Fox di Faerun
Hai un rituale tutto tuo per tirare i dadi. Solitamente eviti di toccarli o anche solo guardarli prima del primo lancio ufficiale, questo perché rischieresti di scaricare eventuali critici. Il processo con il quale li sfili dal sacchettino richiede una preghiera alla divinità dell’ambientazione, quindi tenendoli ben saldi nei pugni, metti in pratica ulteriori attività propiziatorie (c’è chi soffia, chi chiede agli altri di soffiare, chi pretende di avere un altare fatto di patatine dentro il quale tirarli) e infine li lasci andare al loro destino. In gioco sei un fatalista, il tuo pg si lascia guidare dalla dea della fortuna Tymora, perché sa che la ruota gira sempre, per tutti.
Lo Zhentarim bastardo
Hai cercato online dei dadi truccati e, quando sono arrivati, hai accolto il corriere di Amazon con un cappuccio sulla testa per non farti riconoscere. Sei paranoico e pensi che il tuo Master imbrogli dietro lo schermo, quindi il tuo è solo un modo per ristabilire la giustizia, o almeno è questa la giustificazione che ti permette di dormire la notte. I tuoi compagni iniziano a dubitare dei tuoi critici filati, ma solitamente riesci a mantenere la calma e il sangue freddo, avendo imparato a sorridere e fare spallucce. Il tuo alter ego in gioco è solitamente un ladro: cos’altro saresti in grado di impersonare, farabutto che non sei altro?
Il Barbaro in ira
Tu i dadi li lanci nel vero senso della parola. Quando va bene, prendi in testa qualcuno dei tuoi compagni (il Master si salva rifugiandosi dietro lo schermo), urlando come un forsennato e riempiendo il tavolo in legno di intaccature, che ormai rappresentano il numero di nemici decapitati. Prediligi i dadi in metallo perché danno più soddisfazione al momento dell’impatto. Il tuo gruppo ha organizzato dei turni per coprire il ruolo di cercatore di dadi, poiché a seguito del lancio si insinuano negli angoli più reconditi della stanza. In gioco prediligi il guerriero o il barbaro, e ti immedesimi così tanto nel tuo personaggio che ormai ti viene difficile distinguere la realtà dalla finzione.
Il Bardo fancazzista
Sei quello che dimentica i dadi a casa, oppure non li hai mai avuti e fingi di dimenticarli. I tuoi compagni ti odiano perché sono costretti a prestarti i propri, che magari tocchi con le mani unte di patatine al formaggio. Quando li lanci, lo fai con noncuranza e trascuratezza, perché in fondo del gioco non è che te ne importi più di tanto. Sei lì per far contento il tuo Master o magari perché quest’ultimo è una bionda da far paura. Il risultato infatti non lo leggi, sono gli altri che lo devono fare per te (anche perché sommare 8d6 inizia a diventare troppo complesso e dispendioso). In game hai un pg inutile, possibilmente pre-costruito per te dal Master perché tu non avevi voglia di inventarti una storia. Ogni tanto ti chiedi il motivo per il quale tu sia ancora al secondo livello mentre gli altri iniziano a evocare divinità, ma in fondo in fondo non te ne frega più di tanto, basta che ci sia la birra al tavolo.
Il collezionista
I dilettanti raggiungono il luogo di gioco col cofanetto in finto legno, i professionisti hanno degli schiavi per trasportare un forziere in mogano ricolmo di dadi. Ce li hai di tutte le dimensioni, forme e materiali, persino di giochi che non conosci. Hai il dado a venti, trenta e cinquanta facce che riempie di giubilo i tuoi compagni, ammirati dalla sua mancanza di attrito. Inorridiscono di terrore di fronte ai dadi non euclidei di Cthulhu, per poi provare ad allenare i bicipiti con quelli in metallo da 4kg l’uno. Anche in gioco ami collezionare oggetti, specie se magici. Lo scopo del tuo pg è di aprire un bazar, o in alternativa partecipare al programma tv “Sepolti in casa”, data la roba che hai intenzione di accumulare.
Il popolano ignorante
Non è che non ti impegni, anzi… ce la metti tutta, ma questo meccanismo dei dadi proprio non ti entra in testa. L’ignoranza coinvolge tutto il processo, a partire dalla componente visuale: non sei in grado, dopo dieci anni di gioco, di capire la differenza tra un d8 e un d10, tanto che ormai sono i tuoi compagni a metterti in mano quello giusto. Ovviamente non sai mai quali e quanti lanciarne, soprattutto in seguito a un passaggio di livello. Per non parlare dei vani tentativi di sommare il risultato nel caso di un tiro multiplo: ti si potrà scorgere a tamburellare le dita sotto il tavolo per tenere il conto (che risulterà comunque sbagliato di almeno una decina di unità), o a usare calcolatrici scientifiche e pallottolieri a forma di drago. Nel gioco non sei proprio il cervello del gruppo, e il Master lo sa, tanto che i png negozianti cercano sempre di fregarti, riuscendoci spessissimo.
Bene, adesso non vi rimane che ammettere a quale di queste categorie appartenete e taggare i vostri compagni da gioco che non riescono a prendere autocoscienza della cosa. Se invece credete di essere lanciatori “normali”, sappiate che state solo mentendo a voi stessi e presto arriverà qualcuno ad aprirvi gli occhi!
– Andrea Carbone –