Quella di “Gods of Egypt” è una recensione quanto mai difficile: perché? Perché era un film che aspettavo da molto, perché conosco e amo la mitologia egizia e perché le recensioni devono avere rigore, obiettività, e imparziale sincerità verso i lettori e verso l’oggetto stesso che si va a trattare. E rimanere imparziali di fronte a Gerard Butler nei panni di Set, il Dio del Caos, e a Nikolaj Coster-Waldau, in quelli di un piumoso (si può dire “piumoso”? Meglio chiedere alla Crusca) Dio Horus… direi che è difficile. Non importa che voi siate uomo, donna o crotalo: è dannatamente difficile. Quindi, se avete un cuore, capirete il mio sforzo e potremo andare avanti. Poi parleremo anche del film.
POTEVA ANDARE MEGLIO MA POTEVA ANDARE MOLTO PEGGIO
Sì, poteva andare peggio tipo “Scontro tra Titani”, oppure “Exodus”. Ecco, quelli erano film veramente orribili, nonostante gli ottimi effetti speciali del primo e il Christian Bale del secondo. Ma se state pensando che questo sia un modo elegante per distogliere la vostra attenzione dalla bruttezza di “Gods of Egypt“, tipo quando si dice di una persona “non è brutto, ma è simpatico”, vi sbagliate. Il film non è brutto (…). Gli effetti speciali non sono così penosi come qualche spettatore autoproclamatosi James Cameron potrebbe pensare: praticamente non c’è una scena in tutto il film che non sia stata ricostruita, e la qualità credo sia volutamente stata posta con questo gusto un po’ retrò che dona un tocco di magia alla scenografia. Anche io apprezzo molto di più gli effetti stile “Transformers” dove i dettagli devastano gioiosamente le nostre pupille, però comprendo le differenze stilistiche tra i due prodotti, e non mi permetto di dire “fa schifo”. Sono stili diversi, e se vedeste la scena con la Sfinge, con la cura per i dettagli di quest’ultima, sono sicura che la trovereste eccellente.
Comunque, ho specificato che “poteva andare meglio” proprio perché anche “Gods of Egypt” ha i suoi difetti. L’elemento che più mi ha fatto storcere il naso è stato il voler mettere “tanto” in un solo film. Non è un lavoro facile quello di osare, c’è sempre il rischio di esagerare e fare un pastrocchio – ed infatti, è successo così. Non vi farò spoiler, ma analizziamo attentamente alcuni elementi che già potete intuire dal trailer (che vedete qui sotto): in primis, la mitologia egiziana. Non incominciate a rompere le faraoniche palle su “eh, ma questo non è corretto”, “ma questo è un oltraggio”, etc., perché se vi aspettavate una Iside che copulava con un fallo di legno ricostruito sopra il cadavere del marito, ve lo dico subito: no. Ok? No. Questa parte non la potevano inserire. Sono una fan sfegatata anche io della mitologia (tanto da averne frequentato un corso di studi), che sia egiziana o di altro tipo, ma non ho fatto harakiri guardando la storia di Keanu Reeves in “47 Ronin“, né mi sono cavata gli occhi come Edipo quando ho visto che i 300 spartani combattevano contro un rinoceronte. Anzi, ne ero entusiasta ed estasiata, tanto da aver amato (e amare ancora) quei film. Il concetto cinematografico, dopotutto, è quello di divertire per poi istruire: non andiamo al cinema a vedere un documentario. Quindi in questo caso la mitologia egiziana è stata reinterpretata in modo molto originale, tenendo ben presente la cultura iniziale e adattandola in chiave moderna. In particolare il concetto della cosmologia e dell’aldilà, un elemento “di vitale” importanza per gli antichi egizi, mi ha sorpreso per come sia stato curato, seppure nella brevità della sua comparsa.
Come dicevo, tuttavia, ciò che ha fatto davvero male al film è l’aver voluto inserire una grande quantità di elementi al suo interno, accennandoli senza mai approfondire. Tutto il ruolo degli dèi e il conflitto di Set, in particolare, lascia lo spettatore perplesso: voglio dire, a Gerard Butler concediamo tutto finché veste i panni di un Dio con le sembianze di sciacallo… ma si avverte la sensazione di una distanza nei ruoli degli attori, come se non si desse troppo spazio alla loro personalità. E va bene che sono dèi, ma in questo modo lo spettatore non riesce ad empatizzare con loro – ad un certo punto ho pensato “sì, ma Butler quando urla QUESTO È L’EGITTO?!”. Si poteva fare meglio anche per il ragazzo umano che segue Horus, un’ottima chance per affrontare l’argomento “divinità e umani”, oppure con le varie occasioni sprecate nella storia di Nikolaj Coster-Waldau (il Dio dell’Aria – tra l’altro mi lascia un po’ perplessa come traduzione: bastava benissimo lasciare Dio del Cielo), che veste i panni di un Horus “umano”, con qualche battuta non troppo degna di lui.
Non mancano comunque tante scene d’azione, anche belle, seppure altri momenti appaiano insensati (specialmente quelli amorosi… ma lo sappiamo che bisogna mantenersi nel politically correct): in ogni caso, chi si aspettava qualcosa di più non potrà che uscire dal cinema con un po’ di amaro in bocca.
Per concludere, la sensazione che lascia “Gods of Egypt” a fine proiezione è quella di aver assistito un prodotto gradevole, carino, anche se magari con qualche potente incazzatura sull’effetto “favola” del film (per intenderci, è tranquillamente adatto ai bambini e a tutti quelli che non si vogliono fare troppe domande…). Però, sentite: Gerard Butler è Set, Nikolaj Coster-Waldau è Horus. Forse, forse, non potevano fare di meglio…
– Elisa Erriu –
Gods of Egypt: la recensione
Isola Illyon
- Ottima interpretazione in chiave moderna della mitologia egiziana;
- Gerard Butler nei panni di Set e Nikolaj Coster-Waldau nei panni di Horus sono azzeccatissimi;
- È tutto a portata di bambino;
- La superficialità dei ruoli nella storia non fa apprezzare o rilevare nessun tipo di personalità;
- Nel film ci sono diversi buchi di trama;
- È tutto a portata di bambino…