Il cinema italiano sta sperimentando un momento assai particolare: da un lato, il tentativo di svecchiarsi e sperimentare, cosa che è sempre bene accetta quando ci sono idee nuove e fresche, dall’altro la tendenza a mantenersi con le unghie e con i denti ancorati ad un certo modo di fare film. E così mentre fenomeni tutti nostrani come Checco Zalone o De Sica disintegrano gli incassi di film stranieri probabilmente un filo più meritevoli, ecco che si torna a parlare di film attesi vuoi per la tematica affrontata, vuoi per le speranze degli appassionati, vuoi semplicemente perché appartengono ad un genere all’Italia non particolarmente caro: quello fantastico e quello supereroistico.
Negli anni precedenti abbiamo potuto apprezzare operazioni che possono magari far sorridere per i mezzi messi in campo rispetto ad altre produzioni, come due tentativi di portare il personaggio di Dylan Dog sullo schermo, come Dylan Dog – La Morte Puttana, e Dylan Dog – Vittima degli Eventi, ma che comunque avevano un’anima, cosa che diverse produzioni multimilionarie di Hollywood spesso non hanno; e così, dopo film di fantascienza come 2047 – Sights of Death di Alessandro Capone, Dark resurrection – Volume 0 e Volume 1 di Angelo Licata ed il pregevolissimo 6 Giorni sulla Terra di Varo Venturi, ecco che, in pieno tormentone di cinecomics, abbiamo registrato l’esperimento di attualizzare e nazionalizzare i supereroi prima con Il ragazzo Invisibile (2014) di Gabriele Salvatores ed adesso con l’attesissimo Lo Chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti e con la sceneggiatura di Nicola Guaglianone, film presentato in anteprima nel novembre 2015 ma che potremo guardare nelle sale cinematografiche a partire dal prossimo 25 febbraio.
SINOSSI DEL FILM
La pellicola, a dispetto del nome, c’entra relativamente poco con il personaggio creato nel 1975 da Gō Nagai: in quel manga v’era il figlio di uno scienziato, Hiroshi Shiba, che si tramutava in un essere robotico ed indistruttibile; nel film di Mainetti, il protagonista, Enzo Ceccotti, interpretato da un sempre bravo Claudio Santamaria (Aspettando il Sole, Casino Royale, Romanzo Criminale, Baciami Ancora) è invece una persona che vive di espedienti e piccoli furti a Roma, e che per caso entra in contatto con delle sostanze radioattive che gli donano delle virtù sovrumane, come forza e resistenza straordinarie; queste capacità convincono una ragazza, Alessia (Ilenia Pastorelli), che egli sia il “vero” Jeeg Robot di cui ella amava seguire le puntate in televisione, e la inducono a spingere Enzo ad usare i suoi poteri per fare del bene, tramutandosi in un autentico e realistico vigilante sullo sfondo di una lotta tra clan per il potere.
Pur calato in un contesto “verosimile”, come se cioè tutto accadesse davvero tra persone che potremmo incontrare ogni giorno sia pure per caso, il lungometraggio strizza l’occhio a tutta la tradizione supereroistica che parte dagli anni ’60 in poi: la nascita di “poteri” attraverso un incidente collegato alla scienza (in questo caso delle sostanze radioattive, come fu per Daredevil o le Tartarughe Ninja), e la presenza di una persona, spesso una donna, che guida “l’eroe” verso il risveglio e la presa di coscienza dei suoi poteri e della propria missione. Vi è poi l’incredulità del protagonista verso le proprie qualità, riscontrabile anche nelle produzioni più moderne, come quella tendenza al “realismo” inaugurata dalla Marvel con la serie Ultimate, vi sono i dubbi e le incertezze del mondo moderno verso i novelli Superman, le cui origini si cerca di spiegare per renderli “tangibili”, vi sono molte citazioni ad altre opere (esilarante nel trailer lo scambio di battute tra il protagonista e la sua nemesi: “ti ha mozzicato un ragno? Un pipistrello? Sei cascato da un altro pianeta?”), e vi è anche molto spazio destinato al percorso psicologico che il protagonista deve intraprendere per rinunciare ad uno stile di vita sbagliato ma che con i suoi nuovi poteri diventerebbe molto più facile, in nome di un ideale più alto come salvare la gente e raddrizzare i torti.
Lo Chiamavano Jeeg Robot è un’opera che, anche dalle anteprime, rivela di aver preso consapevolezza dei punti di forza del predecessore nostrano, Il Ragazzo Invisibile, e di come scongiurarne i punti deboli. Partendo da una storia tutto sommato classica, un comune super-hero movie con forte componente action alternata a momenti di introspezione, il duo Mainetti/Guaglianone sembra poter essere in grado di districare una matassa non semplice, dirigendo una pellicola in cui ci potrebbe essere molto equilibrio tra tutte le sue parti e con un cast che riesca a dare un’impronta familiare ma non “domestica”. Le attese per la proiezione nelle sale sono molto alte, il che secondo me potrebbe essere il principale punto debole della produzione, perché così accadde per la pellicola di Salvatores che, pur pregevole sotto diversi aspetti, pagava proprio dazio per il cosiddetto “hype” che aveva animato legioni di curiosi ed appassionati.
I due trailer comunque hanno svelato i tratti salienti del film senza rivelare poi troppo: fotografia pulita, filtri da cinema hollywoodiano… insomma, Lo Chiamavano Jeeg Robot si preannuncia come uno dei prodotti più attesi di questo mese, dimostrando che il regista è stato anche lungimirante nel cercare di cavalcare l’onda del genere supereroistico, giunto probabilmente già all’apice ma non ancora in fase calante. L’unico aspetto su cui personalmente ho qualche perplessità è l’uso del vernacolo, o comunque dell’accento romano dato alla pellicola: da un lato sì, la componente nostrana ne viene rafforzata nel tentativo di calare nella dimensione italiana il film, ma dall’altro è pur vero che, forse per questione di scarsa abitudine dello spettatore medio, pare strano ascoltare dialoghi e, nel complesso, una storia simile con una forte inflessione romana.
Le speranze comunque sono alte e le attese tali per cui assistere alla proiezione sarà comunque un evento.
Voi che ne dite? Lo andrete a vedere?
– Leo d’Amato –