Achtung! Nell’articolo seguente si filosofeggia su “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” e pure sullo show televisivo “Game of Thrones”: chi non avesse ultimato la lettura delle prime e la visione del secondo è invitato a rivolgersi altrove onde evitare spoiler.
Come i miei amici meno amanti della lettura sono soliti ricordarmi, il prossimo aprile la HBO priverà noi cultori della carta stampata del privilegio di ridacchiare sotto i baffi ogni volta che qualcuno se ne uscirà con frasi come: “Quel personaggio di Game of Thrones mi piace: spero non gli succeda nulla di male.”
Poiché il signor George Martin non è particolarmente bravo a calcolare i propri tempi di lavoro, dalla prossima primavera la sesta stagione di “Game of Thrones” proporrà una trama che oltrepasserà ufficialmente quanto già narrato nei cinque libri attualmente disponibili de “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco” (editi in Italia da Mondadori).
Ebbene, direte voi, che ci interessa? Una storia è una storia: libro o serie televisiva che sia, quel che conta è andare avanti con la trama. Il pubblico vuole risposte: Jon Snow è veramente morto? Daenerys riconquisterà il proprio regno? Che ne sarà della storia tra Bronn e la sua bad pussy? Sì agli snodi fondamentali della vicenda, dunque: prima otterremo le risposte, meglio sarà. La HBO ha fino a questo punto fatto un lavoro ineccepibile, considerando le limitazioni oggettive, nel mettere in scena la visione di Martin: tanto vale mettersi comodi e accettare l’idea che finalmente i destini della nostra saga fantasy preferita siano passati in mano a qualcuno che è contrattualmente obbligato a mandare avanti la storia almeno una volta l’anno. O no?
Che “Game of Thrones” sia una delle migliori serie televisive degli ultimi anni è un dato di fatto oggettivo e incontestabile. Qualcuno darà il merito all’inaffondabile connubio di tette e violenza, ma questi due elementi non bastano certo a giustificare un fenomeno mediatico diventato ormai virale e pervasivo di ogni singolo aspetto della nostra vita quotidiana.
Da un lato abbiamo un materiale originale di qualità, con personaggi complessi e credibili, un mondo al tempo stesso realistico e fantastico, e una trama avvincente e ricca di colpi di scena. Dall’altro, c’è un cast di talentuosi attori che sta dimostrandosi sempre più all’altezza delle varie situazioni, sceneggiatori e registi in grado di cogliere, nonostante le limitazioni tecniche, l’essenza dei libri e a riproporla su pellicola, e degli effetti speciali che hanno finalmente ricevuto finanziamenti adeguati tali da riuscire a portare in scena i tre animaletti di Dany in maniera consona a tutto il loro draconico splendore. Finché questo connubio si mantiene, il risultato si approssima all’inappuntabilità; quando però libri e serie divergono…
Se proviamo a confrontare la trama dei libri e gli archi narrativi della serie televisiva, ci accorgiamo che l’ago della bilancia pende a favore dei primi per qualità, profondità, e mero senso logico.
Robb Stark è un giovane adulto maturo e onorevole, la cui parabola è ascrivibile a quel codice di comportamento trasmessogli dal padre? Nah, meglio trasformarlo in un adolescente arrapato che muore per non essere riuscito a tenerselo nei pantaloni. Petyr Baelish è uno dei migliori giocatori in assoluto del Gioco del Trono, le cui trame si estendono su anni di preparazione e abbracciano interi continenti! Peccato che, dopo aver brigato all’inverosimile per entrare in possesso di Sansa Stark, la “regali” a Ramsay Snow-Bolton (e spieghi la questione in dettaglio a Cersei Lannister, che del resto procede a non fare nulla perché sembra che re e regine contino sospettosamente poco in un luogo chiamato i Sette Regni). Le Serpi delle Sabbie (e la mai abbastanza compianta Arianne Martell) sono personaggi femminili forti e indipendenti, completamente emancipati rispetto agli stereotipi del genere? Non secondo la HBO.
Certo, non tutti i contenuti della serie vengono per nuocere: è difficile trovare lati negativi circa la Battaglia di Aspra Dimora, sulla quale i libri sorvolano ampiamente; ma a conti fatti, quando “Game of Thrones” prova a prendere le distanze da “Le Cronache”, prevederne il risultato è un po’ come discutere del contenuto della latrina di Tywin Lannister: tutti si augurano che sia oro, ma la realtà dei fatti è ben più sgradevole.
Se dunque l’analisi storica non fa fare i salti di gioia all’idea di avere di fronte un’intera stagione basata su una trama pensata a grandi linee da Martin e dove spetterà agli sceneggiatori riempire tutti gli spazi bianchi, bisogna anche considerare la sempre crescente assuefazione del pubblico al fattore choc.
Prendendo in mano i libri de “Le Cronache” ci accorgiamo che, in effetti, un po’ di violenza c’è: del resto, se volete scrivere una trama che parli anche e soprattutto di guerra all’interno di un’ambientazione medievale, prima o poi un paio di squartamenti ce li dovrete pure inserire. Se però li confrontiamo con la serie, questa violenza ci appare funzionale e contenuta. Sappiamo che la trasformazione di Theon in Reek ha richiesto mesi di estenuanti e atroci torture, non abbiamo bisogno di dedicare mezza serie a una fanfiction di “Saw”. Che Joffrey Baratheon sia uno psicopatico risulta abbastanza evidente già ai tempi della decapitazione di Ned Stark: in che modo addentrarci nelle sue perversioni sessuali può aggiungere qualcosa di valore all’intera faccenda?
“Game of Thrones” come serie ormai gode della nomea di “gritty & grittier”: più si sbandiera il proprio contenuto di violenza, più il pubblico si aspetta di vedere tale violenza, più gli sceneggiatori si trovano costretti a inserire scene tanto esagerate quanto forzate e innecessarie.
E George Martin? Beh, lui non ha mai avuto parecchia voce in capitolo. L’idea è sua, certo, ma è la HBO a decidere cosa andrà in onda, al punto che la partecipazione di Martin al comparto creativo si configura più o meno come un favore personale fatto a un simpatico vecchietto in sovrappeso. Considerando che nei prossimi mesi lo scrittore sarà impegnato esclusivamente a cercare di finire “The Winds of Winter”, sembra proprio che nel 2016 ci saranno poche “Cronache” sul “Trono di Spade”.
Se questo sia un bene o un male, staremo a vedere.
– Federico Brajda –