Quando sento dire a giovani e meno giovani che George R.R. Martin avrebbe rinnovato profondamente il fantasy, rendendolo più realistico e crudo, eliminando tutte quelle fantasticherie magiche “alla Tolkien” per far diventare la narrazione più storicamente credibile e avvincente, mi vengono sempre alla mente due nomi e, inevitabilmente, non posso fare a meno di sorridere. Il primo è quello di Robert E. Howard, padre effettivo di quell’heroic fantasy che vede proprio nella saga di Conan il Cimmero un suo ideale inizio, mentre il secondo nome, ingiustamente poco conosciuto anche da coloro che si dicono grandi patiti del genere, è quello del londinese David Gemmell, maestro di un fantasy cupo e realistico, ma allo stesso tempo, grazie alla grandezza dei suoi personaggi, dal respiro genuinamente epico.
Autore di cicli indimenticabili come quello delle Sipstrassi e dei Rigante, oltre che della sua saga più conosciuta e importante, quella dei Drenai (in cui traccia la memorabile epopea di un intero popolo e di un impero sull’orlo del declino), Gemmell ha avuto una grandissima influenza sul genere, una rilevanza riconosciutagli ovunque, con addirittura uno dei più importanti premi di letteratura fantastica dedicato alla sua memoria, meno che in Italia, dove il fantasy, si sa, è sempre visto di sottecchi e dove la sua opera, dopo essere stata pubblicata per breve tempo dalla casa editrice Nord, passò nelle mani della Fanucci, che provvide a distribuire gli ultimi volumi mancanti, per poi interromperne inspiegabilmente le ristampe, con il risultato che a oggi è praticamente impossibile recuperare questi libri, divenuti ormai oggetto di collezionismo tra gli appassionati della prima ora. A questa mancanza di attenzione (davvero insensata, visto che senza Gemmell con tutta probabilità non avremmo oggi il tanto acclamato Martin, né il mondo in cui si muove lo strigo creato dal talentuoso Sapkowski, vincitore, tra l’altro, proprio del prestigioso David Gemmell Legend Award), sembra voler rimediare la Fanucci, che a sei anni dalla pubblicazione un po’ in sordina dell’ultimo volume del ciclo dei Drenai, Le spade del giorno e della notte, ripropone ai lettori italiani l’intera saga in formato elettronico, in concomitanza con la riedizione cartacea esclusivamente del primo libro, Legend, da noi tradotto in La leggenda dei Drenai, un timido passo avanti che probabilmente servirà a saggiare l’interesse del pubblico.
La leggenda dei Drenai, che rappresenta un esordio straordinario nel mondo del fantastico per David Gemmell, ha già tutte le caratteristiche della sua produzione futura: il mondo in cui è ambientato il romanzo ricorda per molti aspetti quello che vide la fine dell’Impero Romano, che sembra avere diversi punti in comune con quello decadente dei Drenai. L’ultimo nemico di quello che un tempo era un glorioso popolo di conquistatori è rappresentato dall’indomabile popolo nomade dei Nadir, le cui tribù sono state riunite dal carismatico Ulric, signore della guerra del clan delle Teste di Lupo, che vuole avventarsi con il suo sterminato esercito contro un nemico considerato praticamente inerme. I parallelismi con le invasioni barbariche che subì l’Impero Romano negli anni estremi che porteranno alla sua caduta sono evidenti, così come nella figura del fine stratega Ulric sembra echeggiare la figura di Gengis Khan. L’unica difesa che si frappone tra l’ondata nera dei Nadir e lo stremato popolo dei Drenai è l’imponente fortezza di Dros Delnoch, simbolo dei gloriosi tempi passati, un sistema di difesa cinto da sei mura che proteggono il passaggio verso le terre del sud, la cui guarnigione è presidiata da appena diecimila soldati, contro il mezzo milione di uomini che Ulric è riuscito a raccogliere a sé. La sconfitta è dunque inevitabile, anche a causa della disgregazione dell’esercito voluta in tempi di pace da Abalayn, signore dei Drenai, e l’unica speranza sembrerebbe quella di trattenere il più a lungo possibile i Nadir in un logorante assedio proprio alle mura del Dros Delnoch, per permettere al generale Magnus, conosciuto come Il Tessitore di ferite, di ricostituire un esercito in grado di sconfiggere in un secondo tempo l’invasore.
L’unico uomo in grado di tenere la posizione della fortezza non sembra essere altro che una leggenda di tempi gloriosi ormai lontani, un guerriero che incute timore nel cuore dei suoi nemici già solo con la sua presenza, paura che traspare dal nome che i Nadir gli hanno dato: Morte che cammina. Ma l’anziano Druss, conosciuto tra i Drenai come La Leggenda o come il Capitano dell’ascia, per via della sua mortale arma chiamata Snaga, è ormai un uomo di sessant’anni che sente tutto il peso dell’aura leggendaria che lo circonda, un implacabile portatore di lutti tra i nemici, presentato però dall’autore nel suo lato più umano, più sofferente. Perché nei romanzi di David Gemmell il grande paradosso è proprio questo: pur tracciando dei ritratti di individui straordinari, le sue storie sono prive di eroi. Quelli descritti sono sempre uomini, con le loro debolezze, sia fisiche che morali, con i loro scheletri nell’armadio e con le loro sofferenze strette nel profondo del cuore, che in nessun modo vengono idealizzati e che anzi, cercano in ogni modo di sfuggire dall’idealizzazione che gli altri personaggi della storia hanno di loro. Così Gemmell fa dire a Druss: Puoi immaginare cosa significhi essere una leggenda… la dannatissima leggenda? Ti fa sentire stanco. Ti prosciuga le forze quando dovrebbe alimentarle e questo perché non puoi mai permetterti di essere stanco. Sei Druss la Leggenda, sei invulnerabile. invincibile. Sono un vecchio con la schiena artritica, un ginocchio debole e la mia vista non è più quella di un tempo.
Allo stesso modo non esistono ruoli prestabiliti: non c’è il bene contrapposto al male, ma solamente personaggi che si muovono nel loro interesse, all’interno del loro contesto, per i quali si profila forse un destino ineludibile, anche se si è una leggenda, e in questo ricordano gli eroi delle tragedie greche.
Ma bisogna fare attenzione: Ulric fa quello che deve fare, cerca di ottenere per il suo popolo un futuro migliore, così come Druss non può fare a meno di proteggere la sua gente, non per bontà ma perché è costretto dalle circostanze; sono entrambi personaggi credibili, realistici, assolutamente lontani dagli stereotipi del genere fantasy e oserei dire lontani anche dai personaggi di Martin, che alle volte sembrano vittime del loro ruolo. Il romanzo di Gemmell è crudo, tagliente, come lo è lo stile asciutto e rigoroso, senza cedere però mai a quell’eccesso di depravazione, crudeltà e corruzione spesso immotivate che sembra impregnare ogni pagina de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, e che ne fa muovere i personaggi. I protagonisti di Gemmell sono in perenne lotta con tutte le loro debolezze, sconfitte, contraddizioni. Sono esempi di come il combattere quotidianamente contro se stessi, contro le proprie più basse pulsioni, rappresenti il vero eroismo. In un fantasy privato delle creature fatate, in cui non c’è spazio per altre razze fantasiose, viene posta al centro della narrazione l’umanità più densa, in un mondo che è l’immagine speculare del nostro passato.
La ristampa di questo libro appare dunque un’occasione straordinaria, un evento che ogni vero amante del fantasy dovrebbe salutare con soddisfazione, perché finalmente si va a porre rimedio ad una mancanza insopportabile. La nuova versione della Fanucci si presenta come una riproposizione esatta dell’edizione precedente, da cui è stata ripresa l’ancora valida traduzione di Nicola Gianni, in un volume che si presenta più che bene, sebbene qualcosa di più si sarebbe potuto fare per rendere più evocativa la copertina troppo minimalista, prendendo spunto magari dalle stupende versioni inglesi. Ovviamente, senza scomodare logori proverbi, la speranza è che molti vadano oltre e scoprano un autore che, a quasi dieci anni dalla scomparsa, ha ancora tanto da dire, e che questi nuovi lettori possano portare la Fanucci a ristampare tutta l’opera di David Gemmell, continuando l’ottimo lavoro già iniziato. Ogni amante del buon fantasy non potrà che esserne lieto.
– Davide Carnevale –
La leggenda dei Drenai di David Gemmell – Recensione
Isola Illyon
- Personaggi straordinari, realistici nella loro profonda umanità, ma proprio per questo eroici;
- Scrittura assolutamente coinvolgente nella sua asciuttezza, uno stile affilato come la lama di un'ascia;
- Il romanzo è autoconclusivo, ogni volume della saga dei Drenai costituisce una storia a sé stante;
- Storia dal respiro assolutamente epico, con una trama verosimile dai continui rimandi alla storia reale.
- Purtroppo finisce fin troppo presto;