Bentornati sull’Isola dell’informazione fantasy, o voi tutti appassionati di mondi fantastici! Quest’oggi siamo qui riuniti per esplorare un universo di nuovo conio, vale a dire il cupo mondo di Obscuram (nomen omen, dicevano i latini), nato dalla penna del quartetto di mani Alfredo Drago-Diego De Vita. I due sono infatti autori del romanzo ‘Obscuram – Il Presagio’, un (dark) fantasy decisamente sui generis che non disdegna qualche cedimento all’horror e allo steampunk, e che lotta strenuamente per affermare la propria originalità. Gli scrittori saranno riusciti nella sfida?
I territori conosciuti di Obscuram sono popolati da creature ben consolidate nell’immaginario di qualsivoglia appassionato di fantasy: ci sono gli Umani – rigorosamente con la U maiuscola –, gli Elfi e i Nani. Accanto a questi, legati quasi da un’affinità simbiotica, vivono i Nhara, creature dall’intelletto vivace, degna controparte dei Nani nella progettazione di opere e marchingegni. Il dato curioso è che gli Umani, riuniti in un Impero (a dire il vero di dimensioni apparentemente modeste) la cui capitale è Aberkirk, hanno preso il sopravvento su tutte le altre razze, riducendole sull’orlo dell’estinzione e sottomettendole. L’Imperatore è, infatti, poco più di un burattino nelle mani del Decano, eminenza rossa e leader indiscusso del sanguinario ordine guerriero-monastico dell’Alba Scarlatta, che fa dell’odio verso le altre razze il proprio marchio distintivo. Elfi, Nani e Nhara vivono ridotti in schiavitù, sottoposti alle angherie dei nuovi padroni, ma non rinunciano del tutto alla resistenza. Nei meandri della labirintica Aberkirk, infatti, si celano i Guerrieri Fantasma, membri del Piccolo Popolo specializzati in attacchi mordi-e-fuggi, talvolta alleati e talaltra opposti alla Mano di Pietra, l’organo di governo clandestino di Nani e Nhara; ma nella clandestinità trovano rifugio anche gli esponenti della Loggia dei Maghi, composta da Umani ed Elfi e tendenzialmente neutrale, portata a fare un’eccezione verso l’Alba Scarlatta per assicurare la propria sopravvivenza.
Fin qui, tutto appare relativamente semplice. A questo quadro già piuttosto affollato, però, bisogna aggiungere i Dannati, vampiri che vivono nell’ombra delle catacombe, e tra essi i quattro Antichi, i più potenti fra loro, tanto malvagi e corrotti da aver ormai smarrito il lume della ragione. Non vi basta? Aggiungiamo il Viceré Warbridge, insediato nell’ex capitale elfica Elmoral, ormai pronto a fare la sua mossa per sfidare l’Imperatore e il Decano. Vi sembra ancora poco? Allora sappiate che il Decano si circonda dei misteriosi Cacciatori, guerrieri di rara abilità e crudeltà, per schiacciare i propri oppositori. E che una spedizione scortata dall’Alba Scarlatta, capitanata da un professore fuori di testa e pesantemente infiltrata da tutti gli oppositori dell’Impero, ha raggiunto un territorio fino ad oggi inesplorato, scatenando le ire di una popolazione di lupi mannari che vive nelle vicinanze.
Questo è, a grandissime linee, l’amplissimo lore sotteso al romanzo; e, credetemi, ho cercato di essere veramente stringato. Voglio rilanciare ancora, però, specificando che queste creature, provenienti dal fantasy classico, dai capostipiti del genere horror e/o dalla più recente ondata urban fantasy, vivono in un contesto lontanissimo da quello prettamente medievale al quale sono improntati ‘Il Signore degli Anelli’ o ‘Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco’: presto si comprende, infatti, che ben poco spazio hanno spade e pugnali, visto che sono le armi da fuoco a farla da padrone. Il contesto si delinea come pre-industriale o, per far riferimento a un altro genere ormai parecchio in voga, dalle forti tinte steampunk. Su tutto questo, il giudizio non può che essere ovviamente positivo: fa bene vedere un approccio che tenta di essere originale rispetto ad un genere che a molti appare ormai saturo, rimescolando e rielaborando stereotipi e suggestioni provenienti dai più diversi universi fantastici.
Ma questo tentativo non è scevro di scivoloni. A volte si tratta di ricadute, forse inconsapevoli, negli stereotipi razziali ereditati da D&D e da altri classici fantasy (gli Elfi vedono perfettamente al buio, meditano, sono inclini alla magia; i Nani scavano e così via…); in un senso più generale, il romanzo sembra mettere troppa carne al fuoco. Se si considera che la trama si sviluppa su 470 pagine circa, i personaggi risultano troppi (con relativa difficoltà ad affezionarsi, che dubito sia solo soggettiva), così come troppe risultano le fazioni e troppi gli intrighi che le portano ad allearsi e a scontrarsi le une con le altre. Dato il cliffhanger finale (parlare di “finale aperto”, in questo caso, non rende l’idea) è lecito presumere che gli autori vogliano esplorare nuovi snodi di trama, e magari approfondire il lore già costituito; a maggior ragione sarebbe stata probabilmente opportuna una diversa distribuzione del “carico”.
Altra nota dolente è, ahimè, la toponomastica. In maniera a mio avviso priva di giustificazione interna all’universo narrativo – e per questo motivo quasi urticante –, la maggior parte dei toponimi è composta da due parole inglesi. Sin dall’inizio, ma soprattutto alla lunga, leggere, in mezzo al testo in italiano, termini come Mourn Labyrinth, White Ocean o Quiet Forest dà prima un effetto straniante, poi meramente fastidioso, come se gli autori avessero cercato un esotismo di risulta, limitandosi a tradurre, ad esempio, Via Piovosa con Rainy Road. Sembra quasi come se fosse mancato il coraggio di inventare una lingua diversa e si fosse optato per una mera traduzione in inglese di parole italiane.
‘Obscuram – Il Presagio’ è stato pubblicato grazie alla piattaforma di self publishing Youcanprint e, come tante altre opere approdate sul mercato senza passare per le mani degli editori, è affetto dai problemi connessi ad un editing non professionale: errori di battitura, virgole fantasiose e ritorni a capo “acrobatici” sono una presenza costante per tutta la lettura. I due autori riescono ad amalgamare in maniera piuttosto uniforme le rispettive scritture: anche se a tratti il periodare incespica e l’aggettivazione si fa greve, la lettura riesce a scorrere senza eccessivi problemi, complice anche la curiosità di conoscere gli sviluppi della trama. Da segnalare anche la tendenza degli autori a narrare gli avvenimenti da un punto di vista ben preciso, anche se, di quando in quando, si sconfina nella narrazione onnisciente e, a tratti, giudicante.
Tra i punti a favore sono sicuramente da annoverare le bellissime illustrazioni che chiudono ogni capitolo, dando un’idea dell’apparenza dei personaggi più importanti, utili per l’associazione d’idee e a non perdersi nel turbinio di punti di vista. In conclusione, alla stregua di quanto descritto, il voto che mi sento di assegnare a ‘Obscuram – Il Presagio’ è sicuramente positivo, al netto delle criticità che ho evidenziato, principalmente per il coraggio e l’originalità che gli autori hanno saputo dimostrare nella creazione del loro universo fantasy e nello svolgimento della trama.
– Stefano Marras –
‘Obscuram – Il Presagio’: la recensione
Isola Illyon
- L'ambientazione è a tratti piuttosto originale;
- La trama è scorrevole;
- Il lore presupposto è forse fin troppo vasto per un libro soltanto;
- Bellissime le illustrazioni che segnalano la fine di ogni capitolo;
- Originalità a tratti: a volte si ricade nei cliché legati alle razze del fantasy classico;
- I toponimi dell'ambientazione, inspiegabilmente in inglese;
- Taluni dialoghi poco realistici;
- Editing non professionale;
- Troppa carne al fuoco per un solo libro: troppi personaggi, troppe fazioni, troppi intrighi dentro altri intrighi;
- Lore esplorato in maniera insufficiente;
- Talvolta si scivola verso il narratore onnisciente;