Negli ultimi giorni la Rete è stata mossa da un moto di sdegno per i contratti che la HBO ha proposto alle comparse del loro nuovo telefilm, Westworld. Tra i vari disclaimer, infatti, si fa menzione che potrebbe essere chiesto loro di recitare nudi o in scene di sesso, approfondendo la cosa fino ad arrivare a descriverne i dettagli più sordidi in maniera insolitamente esplicita, probabilmente confondendo la produzione del set per uno dei più celebri nightclub del panorama bielorusso. Apriti cielo: la gilda degli attori si è mossa e ora si è inaugurata la caccia alle streghe con migliaia di siti pronti a far rimbalzare la notizia per mendicare visite.
Non voglio fare l’ipocrita, se sto scrivendo queste righe è proprio per cavalcare l’onda nella speranza che i miei lettori siano affiancati da altri incuriositi dai “seni” promessi nel titolo dell’articolo. Ovviamente, a questo punto, dovrei approfittarne per dilungarmi sulla nuova serie televisiva statunitense e, con fare professionale, raccontarvi di tutti i grandi nomi che vi sono dietro, ma si tratta della storia di un parco divertimenti strapieno di robot che ricreano l’atmosfera del selvaggio West fintanto che qualcosa non va storto e succedono casini. Immaginatevi Jurassic Park con meno dinosauri e più bordelli: confido che riuscirete a capire con le vostre sole forze se l’esperienza possa essere di vostro gradimento.
Il parco Westworld esiste per soddisfare ogni singolo capriccio dei propri clienti, ed evitarne i risvolti sessuali sarebbe verosimile quanto fare un servizio sulla Cambogia senza parlare della prostituzione. Non è la prima volta, tra le altre, che la HBO si trova a dover trattare dilemmi simili: basti pensare ad Emilia Clarke (Daenerys Targaryen) che, una volta divenuta famosa, ha rifiutato di girare ulteriori scene di nudo per il suo personaggio di Game of Thrones. Un’ondata di perbenismo sempre più diffusa si è scagliata contro l’emittente via cavo nota per i suoi prodotti maturi, una vera e propria crociata che vuole dire “no” a tutti i corpi nudi e che non ha nulla da obiettare sull’immensa dose di violenza che trasuda da prodotti come Boardwalk Empire. Badate bene, non sto affatto mettendo in croce il gore contestualizzato che pare seguire ogni lavoro di Steve Buscemi – non sono mica della National Rifle Assosiation –, ma non posso non trovare peculiare la tendenza tipicamente statunitense dell’essere più turbati da un pene pendulo che da un sadico con lanciafiamme, quando si tratta di televisione.
La domanda, a questo punto, è una sola: qual’è la linea di confine che definisce il limite invalicabile? Difficile a dirsi: molto dipende dalla sensibilità del singolo individuo, ma è altresì vero che è in corso una strumentalizzazione dei costumi che fa leva sul desiderio di accettazione insito nella società. Tralasciando la sfera sessuale, prendiamo invece in considerazione lo scabroso tema della violenza sugli animali. È noto come Hitchcock, per rendere più genuino il suo lavoro, gettasse di prepotenza volatili contro gli attori di Uccelli, cosa decisamente poco carina sia per Tippi Hedren che per i gabbiani da lancio. Sacrificare volontariamente esseri viventi per un’opera di finzione difficilmente è accettabile, e certamente la cosa si meriterebbe un dibattito approfondito, ma la sensibilità USA evita ogni forma di dialogo, e trova una risposta facile ostracizzando in assoluto qualsiasi forma di brutalità esplicita nei confronti degli animali. Nel 2002 aveva fatto scandalo The Ring: gli americani non potevano credere che osasse mostrare un cavallo morente, pur rendendosi conto si trattasse di una scena totalmente montata e che nulla di male fosse capitato effettivamente all’equino; seppur in finzione, la dipartita di un animale tocca corde così sensibili che i registi sono costretti a modificare interi copioni pur di evitare di essere boicottati, finendo col far patire la narrativa per una questione di superficiale etica.
Un altro noto esempio è legato ai decessi cruenti degli infanti. Pensate a quanti lungometraggi di zombie si permettono di far vedere un bambino infetto (a me ne vengono in mente due, pur avendone visionati molti) e di quanti horror arrivano al punto di riprendere effettivamente la loro morte. Le suddette riprese avvengono spesso fuori dallo schermo, magari usando un “gory discretion shot” per non inimicarsi il pubblico e mantenere il rating accessibile ai tredicenni; solo i registi più discutibili e corrotti, non rischiando in alcun modo di perderci la faccia, si dilettano a ironizzare sull’argomento abbandonandosi alla scorrettezza più viscida. “Ironizzare”: ormai il riconoscere in pellicola l’esistenza della violenza su minori è tanto impensabile che il rappresentarla, paradossalmente, stravolge le nostre aspettative fino a rendere il tutto divertente, producendo l’effetto contrario a quello desiderato.
Tornando alla questione principale, ha senso questo moto di sdegno nei confronti di Westworld? Le suddette comparse, oltre ad essere avvisate anticipatamente del lavoro che verrà loro chiesto, otterranno uno stipendio quadruplo rispetto al minimo contrattuale (che corrisponde alla paga standard). In effetti, a ben seguire i commenti dei diretti interessati, il problema effettivo è il loro sentirsi obbligati a dover accettare una parte che stride fortemente con la loro coscienza pur di incassare un assegno che li possa aiutare a tirare avanti. La questione, in barba alle semplificazioni, non è legata alla richiesta di mostrare le chiappe in mondo-visione, ma al fatto che degli onesti lavoratori siano costretti ad accettare impieghi vissuti come umilianti perché impossibilitati a trovare valide alternative nella situazione di globale recessione in cui viviamo. Ovviamente è più semplice parlare di tette che di economia, e gli americani sono felici, così come l’Europa è felice nell’imitarli.
Dopo questo flusso di coscienza che farebbe impallidire James Joyce, vorrei chiedere a voi lettori di fare l’enorme sforzo di ragionare sulla cosa in modo da forgiarsi un’opinione autonoma, piuttosto che fare affidamento sul mio giudizio o partecipare allo sport internazionale del far rimbalzare urla di sdegno giusto per farsi sentire. Chiedere a delle comparse di recitare scene di sesso supera quel confine che nessuno riesce veramente a demarcare? È solo una questione di forma e il Nord America si concentra su inezie per non pensare ai veri problemi? È sensato far finta che le brutture non esistano nella speranza che non si diffondano nel mondo reale? Il sesso è una bruttura? Non esistono risposte false, quindi siate liberi di trarre le vostre conclusioni, oppure spegnete ogni percezione critica della realtà e rilassatevi lasciandovi cullare dagli innocenti servizi di Donnavventura.
-Walter Ferri-