Come già vi accennavo qualche tempo fa, pochi autori possono vantarsi di aver influenzato un genere letterario con la stessa profondità e pervasività di Howard Phillips Lovecraft. Oltre che con la propria prosa, tuttavia, il misantropo e gattofilo Sognatore di Providence sembra esercitare a tutt’oggi il suo onirico fascino su di noi anche per quella che è stata la sua vita, le sue nevrosi, i suoi sogni. Unendo fantasia e realtà (con una certa quota di licenza poetica), gli autori spagnoli José Oliver e Bartolo Torres ci regalano un ossequioso quanto dissacrante omaggio ai primi anni di vita dello scrittore con il fumetto “Il Giovane Lovecraft” (“El Joven Lovecraft” in originale), pubblicato in Italia da Diàbolo Edizioni in due volumi rilasciati negli anni scorsi e un terzo fresco di stampa, più un quarto disponibile solo in lingua iberica.
Per gli appassionati della serie, possiamo rassicurare sulla fedeltà degli autori alla propria formula già sperimentata con successo: inalterati rimangono lo stile e lo humor demenziale e infarcito di citazioni colte sia sulla biografia del Lovecraft storico, sia sulla narrativa horror di tutti i tempi, da Edgar Allan Poe fino a “La Cosa” di John Carpenter. Come per i primi due volumi, l’esperienza di lettura è rapida e gradevole, e scivola senza intoppi tra le illustrazioni pulite di Oliver e Torres.
Per tutti gli altri, è un’ottima presentazione dei due fumettisti, che cattura dal primo momento senza bisogno di alcun preambolo: il modello è quello del web comic, con strisce autoconclusive di tre o quattro vignette, organizzate secondo degli archi narrativi piuttosto tenui, e generalmente poco collegati tra loro. Iniziare la lettura dal terzo volume è un po’ come appassionarsi ad un fumetto online già avanti con le strisce: l’impeto irrefrenabile è quello di saltare al primo numero e mettersi di impegno per recuperare il tempo perduto. Fortunatamente, in questo caso l’impresa è tutt’altro che titanica: l’intera edizione italiana del fumetto richiede, anche prendendosela con calma, al massimo una novantina di minuti d’orologio di lettura.
Il preambolo si spiega da sé: il fumetto segue le (dis)avventure di un Howard Lovecraft (o Howie, come ci si riferisce nel fumetto) ancora bambino, orfano (per licenza poetica) costretto a vivere con le proprie svampite ziette e ad affrontare tutti i giorni le insormontabili difficoltà quotidiane che hanno costellato la vita di ogni scolaretto elementare della storia del mondo: bulli, maestre poco comprensive, e orribili, orribili dentisti! Agli occhi del nostro Howie, tuttavia, avido consumatore di testi gotici e fantastici e negromante in erba, tali eventi si connotano di tratti sovrannaturali, onirici, e dai risvolti a dir poco esilaranti: e così una banale anestesia da cavadenti si trasforma in un viaggio delirante nelle Terre del Sogno, e una rissa per i soldi del pranzo può essere risolta unicamente convocando il potente Occhio di Rammenoth.
Ad affiancare il piccolo Howie sono poi l’appiccicosa Siouxie, bimbetta amante dei racconti di Edgar Allan Poe e di astronomia (con la quale il nostro asociale protagonista sente di avere ben poco in comune…), e Glenn, il ghoul domestico (in forma ferina) facente funzione di cane da guardia (parlante) presso la magione dei Lovecraft, con una comprensibile passione per la carne umana (non necessariamente morta). I tre si muovono in un’ambientazione appena accennata, imbattendosi nel corso delle proprie peripezie in numerose guest-star d’eccezione, reali e fittizie, come Charles Baudelaire e Harry Houdini, ma anche Rammenoth, un’incarnazione particolarmente ritardata di Shub-Nigurrath, e un cucciolo di Byakhee.
Disseminati tra un siparietto e l’altro, troviamo anche delle brevi quanto brillanti riletture in chiave lovecraftiana di classici della letteratura, vergati in esclusiva dalla penna del giovane autore: scopriamo dunque che forse Moby Dick era solamente l’animaletto da compagnia di un certo gran sacerdote dalla testa di polpo, e anche cosa sarebbe successo se il principe Amleto avesse deciso di sistemare la faccenda dell’omicidio del padre in maniera più… esoterica.
Le illustrazioni sono minimaliste e marcatamente caricaturali, con il giusto livello di rappresentatività: in generale, le rese a fumetti dei racconti di Lovecraft mal si prestano a un eccessivo realismo nei disegni, proprio per il forte “surrealismo” delle tematiche. Sebbene qui si tratti di opere apocrife, allo stesso modo l’approcciarsi a situazioni decisamente sopra le righe ben si aggrada con le scelte stilistiche inerenti i personaggi, i cui volti privi di naso e pupille sono resi adeguatamente espressivi dalla perizia dei disegnatori.
Per quanto riguarda i colori, poi, il comparto cromatico rappresenta un vero tocco di classe: a farla da padrone sono le varie sfumature del nero e del grigio (prego astenersi battute), cui si aggiunge l’estemporaneo rosso (sangue), il verde (cadaverico) e il viola (putrefazione), teso a sottolineare qualche tratto saliente della tavola. Una gamma che coglie in pieno i temi lugubri dell’umorismo che pervade l’opera e si sposa perfettamente con le illustrazioni che, pur lungi dall’essere dei capolavori, svolgono perfettamente la propria funzione.
Il tono dell’opera è abbastanza maturo, nonostante la tenera età dei protagonisti: non mancano i momenti splatter e grotteschi, come del resto si aspetterebbe qualsiasi fan degno di tale nome da un fumetto dedicato al maestro Lovecraft. È proprio a questi ultimi che gli autori strizzano l’occhio in più di una vignetta, con battute e riferimenti che denotano una profonda conoscenza sia della biografia che delle opere non solo di Lovecraft, ma anche di autori a lui precedenti e contemporanei (R. E. Howard), ma comunque “prossimi” nello spirito di genere.
In definitiva, non posso che dirmi assolutamente soddisfatto delle fatiche di Oliver e Torres, a cui la traduzione italiana rende pienamente giustizia, compito sempre improbo quando si parla di narrativa, e in particolar modo per ciò che concerne l’umorismo. Per le mani sento dunque di avere un omaggio, curato quanto originale, di due veri cultori del lavoro di Lovecraft, di livello decisamente elevato, che accettando di non potere (o volere) competere sul piano meramente narrativo con il quasi leggendario corpus letterario lovecraftiano, sceglie con sagacia e umiltà di illuminarne un aspetto più semplice (infantile?), ma non per questo meno degno, e ancora eccezionalmente inesplorato.
– Federico Brajda –
Il Giovane Lovecraft, la recensione del terzo volume
Federico Brajda
- Brillante, divertente, zeppo di citazioni e riferimenti;
- Disegni curati, dal tratto pulito e gradevole;
- Andiamo, è Lovecraft! Come fa a non piacere Lovecraft?
- Il formato web comic non è il più adatto alla resa cartacea;
- A tratti ripetitivo;
- Solamente tre volumi non bastano: ne vorrete di più!
"Il Giovane Lovecraft" è un fumetto di alta qualità che unisce a un discreto livello stilistico una grande passione e cura da parte degli autori sul piano narrativo-umoristico. Non mancherà certamente di affascinare il lettore occasionale, ma è per i veri amanti del genere lovecraftiano, e della figura dello scrittore in particolare, che si tratta di un mezzo "must have".