Proprio qualche settimana fa, presa da un’irrefrenabile voglia di leggere qualcosa di già presente nella mia libreria dei manga, ho poggiato il dito su quella che è una delle mie serie preferite: Death Note. È difficile non riuscire a trovare la voglia di rituffarsi in quest’opera, complici il tratto dei disegni, ma soprattutto la storia, che rende questo fumetto qualcosa di davvero impareggiabile e che, quasi come fosse scritta da uno dei più grandi scrittori di gialli e thriller, è riuscita a tenere alto l’interesse sino all’ultimo numero (cosa che possiamo dire anche dell’anime, fedelissimo al manga e piacevole anche per quanto concerne il doppiaggio in italiano).
Nel corso degli anni sono apparsi diversi adattamenti live action del manga, l’ultimo dei quali è quello di cui parleremo oggi.
Trasmesso in Giappone a partire dallo scorso 5 luglio, grazie a Crunchyroll è stato possibile vederlo anche oltreoceano, e in Italia (per chi è interessato a seguirlo) a partire dal 13 Luglio viene trasmesso gratuitamente su VVVVID. Che la serie tv sarebbe stata liberamente ispirata al manga, questo si sapeva, ma nell’effettivo, almeno prima dell’uscita dell’episodio pilota, era abbastanza difficile capire quanto nel concreto si rifacesse al manga: nel drama Light Yagami, interpretato da Masataka Kubota, è più grande rispetto al protagonista originale, tanto da frequentare già l’Università, oltre all’essere “solo” uno studente nella media (e non il genio che avevamo conosciuto nel manga). La sua famiglia non è la stessa che abbiamo conosciuto nell’opera originale, dove c’è il padre amorevole e dedito alla moglie e ai figli, ma che purtroppo a causa del lavoro così dinamico e impegnativo è poco presente: nella serie tv la figura di Soichiro Yagami, interpretato da Yutaka Matsushige, viene stravolta, e non solo è vedovo, ma oltre ad essere poco presente, appare come un uomo freddo, distaccato e talmente dedito al suo lavoro da preferire un interrogatorio di un criminale catturato, allo stare vicino alla moglie sul letto di morte e ai propri figli piccoli straziati dal dolore. Almeno i figli sono rimasti due, Light e Sayu, interpretata da Reiko Fujiwara, che praticamente vivono da soli.
Tra lo studio universitario e un lavoro part-time, Light si svaga con il suo migliore amico, andando a vedere i concerti del gruppo Idol Ichigo Berry, tre ragazze che cantano e ballano e di cui fa parte Misa, interpretata da Hinako Sano, e che sarà uno dei personaggi che verranno inseriti diversamente rispetto all’anime: se Misa Misa nel manga e nel fedelissimo anime era una profonda sostenitrice di Light/Kira, qui sembra tutto il contrario (almeno per quanto riguarda questo inizio). Oltre ai nomi, che fortunatamente sono stati lasciati intatti, l’aspetto che lascia davvero esterrefatti è come gli elementi geniali del manga sono stati stravolti e calciati via, lasciando spazio solo agli elementi più superficiali. Detta così può sembrare una frase fatta, partita da un fanboy o una fangirl talmente purista da sdegnare tutto ciò che non sia il materiale originale, ma con un po’ più di attenzione tutti potrebbero arrivare a questa conclusione dopo la fantasmagorica visione dei 90 minuti che compongono il primo episodio.
Il pezzo da novanta dell’originale Death Note sta nella corrispondenza di amorosi sensi che c’è tra Light ed L, un valzer che per tutta la prima parte dell’anime viene ballato dai due protagonisti che si lasciano andare a quella musica così coinvolgente, il tutto possibile grazie anche alla personalità dei due soggetti in questione. Light è uno studente del liceo egocentrico, abituato sempre ad essere il migliore, complice anche la sua vivace intelligenza, e dotato di un intuito abbastanza spiccato tanto da aver partecipato con la polizia alla risoluzione di alcuni casi. Mentre i suoi coetanei sono in piena crisi post adolescenziale, lui riesce a controllare ogni istante della sua vita, tanto da sembrare un cyborg e, quando trova per pura beffa del destino il Death Note, non è spaventato, ma anzi, il suo “io” cresce a dismisura, perché se fino a poco tempo prima il suo egocentrismo si rifletteva sui successi scolastici, in questo caso può imporre la sua personalità e diventare non più solo il dio di se stesso, ma anche il dio degli altri. L, invece, è un ragazzo, coetaneo di Light che, dotato anche lui di logica e intuito (oltre che di stravaganza fuori dal comune), mette le sue doti al servizio della giustizia aiutando nella risoluzione di molti casi a livello mondiale. L avrebbe tutte le ragioni per essere egocentrico, superbo e vanesio (come Light), ma al contrario appare come un ragazzo introverso, timido, e in alcuni casi anche un po’ disadattato.
Nel drama tutti questi aspetti vengono presi e gettati dal balcone dell’ultimo piano di un grattacielo di Tokyo: Light è un ragazzo comune, sicuramente con dei problemi in famiglia, ma non è egocentrico, non ama la sua immagine a tal punto da elevarla alla figura di una divinità, e non gioca con il quaderno come il suo omonimo letterario. Nella serie è quasi come se Ryuk, lo shinigami, concedesse proprio a lui il quaderno, omettendo invece la geniale casualità del manga e dell’anime, e accentuando ancora di più uno dei cliché tipici del made in Japan: la figura del prescelto. Light è l’eletto, e usa il quaderno per la prima volta per punire un compagno di scuola che aveva infastidito il suo migliore amico, pentendosi subito dopo e cercando, prima della scadenza dei 40 secondi, di cancellare il nome scritto a matita. È insicuro, e addirittura, dopo aver tolto le prime due vite, sale sopra il terrazzo di un palazzo per tentare il suicidio: la figura di uno dei serial killer più belli dei manga viene presa e stravolta, ridotta ad un ragazzo comune in colpa, quest’ultimo aspetto totalmente contrario al Light del manga, che invece non sente il senso di rimorso poiché lui è fermamente convinto di stare dalla parte del bene, animato dal forte senso di giustizia che poi si trasformerà in pazzia.
La figura di L nella serie tv è anch’essa totalmente stravolta: qui è un ragazzo/gelataio vestito tutto in bianco dalla personalità sicura e maniaco del pulito. Watari è, oltre al suo portavoce, il suo maggiordomo, tanto che lo si vede stirare camice (ma ce lo vedete il Watari dell’anime, che addirittura cecchina criminali dall’elicottero, a stirare le camice di L?). Tranne che per la determinazione (comune ad entrambe le trasposizioni) di bloccare Kira ed ucciderlo, il personaggio è completamente diverso. Messo da parte, quindi, questo stravolgimento, che ha rimosso tutti gli aspetti originali dei protagonisti (è come se prendessimo l’Hannibal di Mads Mikkelsen della serie tv e lo vedessimo fare il semplice giardiniere o idraulico, piuttosto che l’uomo raffinato e acculturato creato da Thomas Harris e interpretato fedelmente da Antony Hopkins), che rimane? Bella domanda, difficile dare una risposta. Se in un film togliamo la sceneggiatura, cosa ne rimane? Beh c’è la regia, ci sono le doti attoriali, la fotografia, gli effetti… e c’è la serie tv di Death Note che risulta insufficiente quasi in ogni suo aspetto.
Parliamo, poi, degli effetti: Ryuk è realizzato in grafica digitale, ma praticamente viene copiato e incollato in diverse scene, tanto da sembrare spesso fuori contesto. Perfino un occhio non molto “allenato” può accorgersi di come lo shinigami appaia come un surplus, accentuando ancora di più l’effetto di disagio dello spettatore, che già deve sopportare le “straordinarie” doti degli attori, capaci di non far trasparire neppure un’emozione. Alcune parti sono esasperate, risultando finte (come durante gli attacchi di cuore): come è possibile che i giapponesi muoiano di infarto in quel modo? Solo la fotografia a tratti raggiunge la sufficienza, con degli screen piuttosto gradevoli.
Novanta minuti, insomma, di pura sofferenza, di quelli che quando inizi speri finiscano il prima possibile, nei quali sei tentato di spegnere tutto, ma vuoi arrivare fino in fondo per poter poi dire: “È tempo di andare in cura”.
– Alessia Bellettini –
Death Note Live Action – Recensione
Isola Illyon
- È divertente vedere come i giapponesi simulino la morte per infarto;
- Potrebbe fungere da presentazione di Death Note a chi non lo conosceva;
- La personalità dei protagonisti viene stravolta troppo pesantemente;
- Si è cercato di attualizzare un prodotto per un pubblico più recente, in maniera disastrosa;
- Tante scene assolutamente inutili;
- Effetti speciali da youtuber amatoriale;
- Quasi totale inespressività degli attori;
- Colonna sonora fuori luogo in molti punti;