Final Fantasy VII: dubbi e certezze sul remake in arrivo
Nausee a gogo…che bei ricordi…
Nel 1993 l’apparizione dello sparatutto DOOM sul mercato shareware segnò un punto di non ritorno per l’industria videoludica, e mostrò al mondo le vere potenzialità di questo genere. Basato sul Doom Engine, già utilizzato per Wolfenstein 3D (il papà putativo di DOOM, ambientato in un castello pieno di nazisti malintenzionati) e sviluppato dalla texana Id Software, il titolo riscosse un successo imprevisto e dalla portata imponente. Uno stile di gioco veloce, fracassone e “ignorante” (inteso come approccio che favoriva il ritmo adrenalinico a scapito delle tattiche ragionate), un tasso di violenza decisamente smodato e sopra le righe per l’epoca (con tanto di polemiche che, viste con l’occhio attuale, possono solo strappare un sorriso) e una trama accattivante, resero enormemente popolare la creatura della Id Software, tanto che nei primi giorni di disponibilità il server sul quale era caricato crashò per il numero di richieste simultanee di download. Un marine spaziale poco propenso alla disciplina (che nei libri verrà identificato come Flynn Taggart ma nel gioco semplicemente come Doomguy “Tizio di Doom”), suo malgrado viene inviato al seguito di una spedizione sulle lune di Marte Phobos e Deimos, dove si sperimentano dispositivi di teletrasporto per uso militare, per indagare su un non meglio precisato incidente. “Incidente” che prende le forme abominevoli di un’orda di cyber-creature demoniache che si riversa dai portali di teletrasporto, infestando le lune e trasformando la popolazione della base in zombi senza volontà: in pratica il peggior bestiario D&D con innesti cyberpunk. Ovviamente, il nostro eroe perde immediatamente contatto col resto della squadra, vedendosi costretto ad imbracciare le armi e a risolvere le cose da par suo. Il resto è semplicemente un farsi strada tra orde di demoni, zombi e creature poco propense al dialogo a colpi di motosega, shotgun, fucili al plasma, lanciamissili e chi più ne ha più ne metta, attraverso ogni livello del gioco, fino alla fatidica porta con la scritta EXIT per avere accesso al livello successivo, con tanto di scontri conclusivi con una serie di Boss da antologia. John Carmack e soci aggiunsero una serie di ostacoli logistici all’incedere del Doomguy, aggirabili con una serie di chiavi, botole, leve, interruttori e piattaforme mobili, ivi incluse trappolone e sale segrete dove rifornirsi di power-up (uniche occasioni nelle quali bisognava mettere in moto i neuroni, ma giusto quei due o tre). Un gameplay semplice ma divertentissimo e una dose robusta di ultraviolenza fantastica e stilizzata, ma comunque esagerata per l’epoca, fecero il resto. Dopo DOOM tantissimi furono i cloni ed i videogames ispirati all’apripista degli sparatutto, tanto che nel loro insieme, questi giochi vennero ribattezzati “alla DOOM”. Come dimenticarsi di The Rise of The Triad di Apogee (per la quale lavorava Tom Hall fuoriuscito dallo stesso team di DOOM), di Dark Forces, ambientato nell’universo espanso di SW, e di Heretic ed Hexen, veri e propri “DOOM fantasy” che tra l’altro utilizzavano la licenza stessa del Doom Engine come motore grafico?
“Se dovessi camminare in una valle oscura non temerei alcun male….perché sono il più grosso bastardo della valle!” – preghiera del Marine Spaziale
DEMONI CONTEMPORANEI Appena l’anno dopo vide la luce Doom II – Hell on Earth che, a parte mappe più complesse, la trama ovviamente diversa, e poche aggiunte riguardo mostri e armi, era tecnicamente un clone del primo: ma ebbe comunque un grande successo di pubblico. Infine, nel 2004, uscì Doom III che, se non paragonabile tecnicamente ai predecessori (dieci anni sono davvero un’era geologica a livello di hardware e software) si discostava significativamente dai precedenti anche a livello di gameplay: l’approccio era più ragionato, più tattico, se vogliamo più “stealth”, sempre che questo termine possa avere un qualche significato in rapporto alla saga di DOOM. Molti infatti gridarono al tradimento della “filosofia di gioco” del titolo.
Il gioco attualmente in lavorazione, invece, è uno dei titoli dal percorso più tribolato della storia videoludica. Annunciato nell’ormai lontano 2008 come Doom 4, poi ribattezzato semplicemente Doom, fu cancellato per problemi organizzativi e risviluppato da zero a partire dal 2011. Nel 2014 fu presentato un significativo teaser all’E3, bissato da Bethesda (che aveva acquisito la Id Software in passato) all’E3 di quest’anno, seguito in diretta per voi da Isola Illyon.
Il cacodemone (niente battute pls) mostro iconico di Doom, è ispirato per ammissione degli stessi autori all’Astral Dreadnought e al Beholder di D&D
I demo gameplay e il nuovo teaser trailer hanno sancito una volta per tutte il ritorno al male originale dei vecchi Doom. Stop quindi allo spara e fuggi di Doom 3 e diamo il bentornato al tiro al piccione indiscriminato su tutto quello che si muove, cioè su orde di nemici cattivissimi pronti a riversarsi su di noi da ogni angolo della mappa e pronti a farci a pezzettini piccolissimi. I nemici non staranno lì a fare troppi calcoli e tendervi imboscate ad ogni piè sospinto, ma si getteranno su di voi in fameliche ed ululanti orde, nella speranza di fiaccare la resistenza del Doomguy e potergli infliggere il colpo di grazia finale. Questi, dal canto suo, dovrà far leva sul massacro indiscriminato per raccattare power-up, medikit e tutto quanto possa elevare le sue scarse probabilità di sopravvivenza. Il tutto si riassume nel motto “In Doom non ci si nasconde dietro i muri” che farà la felicità dei puristi della saga, speranzosi di poter dire ai quattro venti che DOOM è tornato, finalmente, dopo tanti anni. Velocità, frenesia e capacità di decidere al volo la mossa giusta da fare, compreso il fatto di switchare furiosamente da un’arma all’altra sfruttando una pratica Weapon Wheel come già visto in Wolfenstein: the New Order, la faranno da padrone. Motosega, shotgun e plasma rifle saranno sicuramente della partita, altre armi storiche non ancora ufficializzate. Confermata la presenza di una modalità fatality in pieno stile Mortal Kombat, che ci consentirà di eliminare con una spettacolare cinematic il nostro nemico, quando questo sarà al lumicino ed inizierà a lampeggiare di rosso. Ma attenzione! Anche i demoni avranno la possibilità di eliminarci nei modi più fantasiosi e truculenti possibili.
La trama, pretestuosa al massimo come normale per un gioco simile, vedrà il Doomguy (un altro, non quello dei precedenti capitoli) alle dipendenze della UAC vedersela su Marte con le orde demoniache vomitate da una serie di misteriosi portali. Da quel poco che è dato vedere dal teaser dell’E3 e dai precedenti, il comparto grafico, basato sul motore id Tech 6, è una solida certezza promettendo i 60 frame al secondo su PS4 e Xbox One. Di tutto rispetto, ma nulla che non si sia già visto.
La release, in contemporanea multipiattaforma (oltre che su console, anche su PC) è prevista per la prima metà del 2016: vi manterremo sempre aggiornati su qualunque novità importante, sempre che la cosiddetta “Sindrome di Doom” ci lasci in pace!
Tolkieniano della prima ora, Trekker incallito, videogiocatore compulsivo e dispotico Dungeon Master. Scrittore in (o con?) erba, creatore di mondi, rocker fuori tempo massimo, granata in eterno, eversivo fantasy e Paperino in armatura. Frequentatore dei FanDom, gattofilo militante e a tempo perso laureato in Scienze Forestali e tecnico del territorio.
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