Nasciamo, Cresciamo, Invecchiamo e Moriamo. Sono tutte tappe che vorremmo definire obbligatorie nella vita di un uomo ma, come ben sappiamo, a volte l’ultima interviene anche quando non dovrebbe, anche quando pensiamo sia ingiusto. Perché iniziare un articolo con un “memento mori”, vi chiederete? Non c’è nessun motivo in realtà. E in effetti non si tratta neanche di un memento mori, ma semplicemente di un riepilogo di tutte le tappe dell’umana esistenza, utile a questo articolo per mettere a fuoco determinati aspetti del percorso di vita che ciascuno di noi affronta giorno dopo giorno, portandolo dal seno materno alla madre terra. “Nell’uomo autentico si nasconde un bambino che vuole giocare” diceva Nietzche. Ma cosa intendiamo con il termine giocare? Si tende fin troppo spesso, ad associare questo termine alla fase più puerile, ritenendo il gioco una tappa necessaria ad apprendere, ma che poi diviene inutile. Ciò che invece si ignora è che il gioco altro non è che uno stimolo alla crescita, permettendo di maturare sotto molteplici aspetti grazie al confronto con gli altri. Le persone più socievoli che abbia conosciuto sono giocatori. L’importante, però, è che il gioco sia intelligente. Non ci credete? Allora leggete l’ultima parte e vedrete che leggerete anche il resto.
Il Neonato
Urlando e piangendo, scomodato dal caldo e comodo ventre materno, il neonato viene al mondo. Scopre che fuori è tutto molto diverso. Finalmente conosce la donna che lo massaggiava, lo spostava e lo coccolava. Non saprà definirla, ma con il tempo imparerà a conoscere il suo nome. È lei la mamma, la prima compagna di giochi. Di tutti noi. La mamma e la famiglia costituiranno per il bambino i primi compagni di giochi. Dapprima basterà poco per divertire il bambino. Qualsiasi cosa può essere per lui un gioco. Le chiavi e le bottiglie piene saranno fonti di stupore. I sonaglini con i loro suoni, i peluche, saranno fonte di divertimento. Il bambino impara a scoprire il mondo attraverso il gioco. Toccando, assaggiando, ascoltando: tutto è un immenso gioco. Il mondo intero assume i tratti di una sala giochi, e la famiglia cerca di assicurarsi che sia così. Il neonato impara a conoscere il mondo attraverso ciò che lo diverte. Numeri, lettere, nomi, tutto ciò che il bambino assimila è possibile solo se ciò lo diverte, o gli fa del male. È logico quindi che ci si impegni affinché il bambino conosca il mondo che lo circonda il più possibile con il gioco. Imparerà che l’acqua è bagnata con i travasi, piuttosto che il fuoco fa male scottandosi. Per quello c’è tempo. Giunge il tempo per tutto.
Il Bambino
Avvezzo all’esistenza terrena, e abituato a confrontarsi con il mondo, per il bambino il gioco diviene una ricompensa. Poiché prima ci sono i compiti, le faccende, le prime responsabilità, che per quanto piccole sono pur sempre sue responsabilità. Il bambino quindi comprende che si gioca solo quando ce n’è la possibilità. Possibilità che comunque non manca nella giornata dato che basta assicurarsi di aver fatto (bene o male non importa…Fanculo sono un bambino!) i propri compiti. Finiti i compiti si può giocare! Giocattoli, console (purtroppo oggi imparano a conoscere la tecnologia molto presto), amichetti e la famiglia sono i nuovi compagni di gioco del bambino. Egli apprenderà dal gioco che a volte la vita è una sfida. Il pallone, la bici, le dispute per i giocattoli, quello che ha la pistola ad acqua più figa e quello che ha la console di ultima generazione, essere selezionati per ultimi nella squadra con il sottinteso “lui è quello scarso”, insegnano al bambino le regole di questo mondo. Il gioco ancora una volta diviene il terreno sul quale si imparano le regole. Regole che col tempo subiscono lievi mutamenti, ma non cambiano. Potrà diventare più bravo nel calcio, ma se gli altri sono ancora migliori rimarrà sempre e comunque quello scelto per ultimo. “Se un pesce passerà tutto il suo tempo cercando di scalare un albero egli si sentirà un inetto (Einstein)”. Il bambino impara quindi, i suoi punti di forza e quelli deboli. Starà a lui poi scegliere di cambiare gioco per cambiarne le regole, se il gioco non gli piace.
Il Ragazzo
Ehi fanculo! So allacciarmi le scarpe, e vado a scuola a piedi! Sono grande! Il ragazzo ormai conosce il mondo (o così pensa) e sa come vanno le cose. Egli non ha più bisogno del gioco (o così pensa). È ovvio che non basterà una bottiglia, un sonaglino o la bici per divertirsi. Il PC, le partite a FIFA con gli amici, la musica e il cinema divengono i nuovi giochi del ragazzo. Continua a scoprire il mondo, ma ancorandolo a ciò che vede e tocca. Per la prima volta il senso del termine “ludico” assume dei contorni diversi. Il “gioco della bottiglia”, “verità o penitenza”, classici adolescenziali che portano con sé nuove regole. Vediamo quindi ancora una volta il gioco come fonte di scoperta e curiosità, scoprire un mondo completamente nuovo attraverso il gioco, il poter nascondere un bacio o uno schiaffo dietro delle regole. Il gioco protegge e dona nuove possibilità al ragazzo, che non esita a cogliere. E l’adolescenza, si sa, è un’età costellata di errori. E dietro il “l’ho fatto per gioco” a volte si nascondono cose che gioco non sono. Il sesso, la droga, l’alcol, le armi, la violenza NON SONO UN GIOCO. Vediamo quindi la prima vera distorsione del termine. L’adolescente in cerca di stimoli, che non sa come canalizzarli, rischia di cadere in un errore che può rivelarsi madornale.
Il Mezz’uomo e L’Uomo
Il ragazzo-uomo e l’Uomo possono essere fatti rientrare nella stessa categoria. Il gioco ormai è una parola distante e lontana. Preso dai suoi impegni, i suoi giochi sono il sesso (valvola di sfogo primordiale) il gioco d’azzardo (non è un gioco) e ovviamente lo sport. Ci sono i giochini per cellulare, molto casual, ma quanto ha perso di senso la parola gioco? Il gioco come ricerca, scoperta, il gioco per confrontarsi e conoscere. Il gioco che stimola, che fa viaggiare la mente. L’Uomo non sa più giocare. Se gli chiedi di interpretare un PG diviene stranamente timido, se gli metti davanti un gioco da tavolo pensa di essere superiore. Ma perché? Perché questo disdegno da quattro soldi? Pensate: quanti amici conoscete che nelle serate al bar giocano a Fruit Ninja? La tecnologia che abbiamo inventato per comunicare più rapidamente si è ritorta contro di noi, e nascosto sotto l’aspetto del “casual game” il gioco ancora una volta assolve alla sua funzione. Quella di proteggere, incuriosire e stimolare. Lo fa in un modo contorto, ponendo barriere tra noi e gli altri, ma lo fa. Ho visto molta gente, timida, nascondersi dietro lo schermo di un cellulare. La cosa però non ha fatto altro che peggiorare la situazione. Sono timido = non parlo = gioco al cellulare. Potete sostituire l’equazione come volete, fatto sta che si vede sempre più gente piegata sul cellulare. In ogni gruppo di amici ce ne è almeno uno. Allora dico: dopo queste constatazioni è possibile ritenere il gioco “puerile”? Si può definire oggi il nerd amante di D&D o di giochi da tavolo un “bambinone”?
Closure
Spero di essere riuscito a comunicare ciò che volevo, con questo articolo. La divisione tra “Nerd” e “non-nerd” è una cosa stupida. Anche perché i non-nerd hanno torto. Quando parlo con i miei amici delle avventure affrontate al tavolo ne parliamo con la stessa enfasi di quelle fatte davvero. Il gioco al tavolo crea un’atmosfera intima, che permette di conoscersi e viversi meglio. In Germania il gioco da tavolo è un must per famiglie. Crea un momento per stare insieme, per fare qualcosa che permetta di unire interessi diversi. Il gioco intelligente stimola la mente e i suoi benefici sul singolo sono inequivocabili. Il mio parere sui GdR e sui GdT è lo stesso che ho per i libri: TUTTI amano i libri. Devono solo trovare il loro genere. E TUTTI amano giocare. Bisogna solo saper scegliere in modo intelligente.
P.S: Le facce famose non stanno li per attirare visualizzazioni… ma perché…?
– Andrea Fabiano –