Cielo, da dove cominciare? Forse è meglio partire dalle basi, fornendo qualche dettaglio lessicale e sociale a coloro non avvezzi ai costumi dell’estremo oriente: “otaku” è un termine dispregiativo giapponese coniato per etichettare con onta tutti quegli individui che hanno fissazioni tanto prominenti da deteriorare le loro interazioni sociali. Gli interessi in questione sono comunemente legati a vezzi tecnologici, all’assidua lettura di fumetti o all’ossessione verso hobby di varia natura, tutti aspetti che, portati all’estremo, creano attriti con l’opprimente società nipponica. In effetti, la chiave di lettura del “deterioramento delle interazioni sociali” ottiene senso esclusivamente nella prospettiva antropologica di uno stato che punta assolutamente verso il lavoro e la produttività, anche perché gli otaku risultano essere estremamente socievoli tra di loro, condividendo con euforia ogni incontro con individui che considerano loro simili. Il paragone ovvio nella nostra cultura sarebbe quello coi nerd, ma si tratterebbe di una comparazione bigotta, soprattutto alla luce del fatto che in occidente si stia cavalcando una effimera moda geek quando in oriente sia ancora diffusa, seppure mitigata rispetto gli anni passati, la valenza negativa imposta dalla comunità.
Perché questo antefatto? Parto dall’idea che sia piacevole istruire nelle piccole cose approfittando dell’ingenuità dei molti che hanno iniziato a leggere l’articolo attirati da un paio di tette, ma anche per far capire di quale realtà si stia parlando; il movimento otaku abbraccia un numero tale di individui da spingere gli istituti di ricerca a vergare statistiche atte a creare sottocategorie di mercato, prendendo in considerazione le grandi cifre mosse dai loro vizi. Ecco, dunque, spiegato il successo di Senran Kagura, serie intermediale che colpisce i diversi punti di interesse del suo obiettivo commerciale, divenendo un pastone capace di sfamare i diversi appetiti a seconda delle necessità.
Affrontiamo subito l’elefante nella stanza, la prorompente presenza di una componente erotica a sfondo bishojo. Con l’esile pretesto di narrare le vicende di una scuola di shinobi/ninja, gli sviluppatori di Tamsoft hanno programmato una serie di belle adolescenti dotate di peculiarità fisiche ben sottolineate da un’oculata scelta stilistica nel selezionare gli abbigliamenti. Non è la prima volta che ci troviamo davanti a una combinazione di eros e azione proveniente dal paese del Sol Levante; l’esempio più popolare è certamente quel Lollipop Chainsaw diretto dal folle Suda51, ma possiamo scendere anche su titoli più oscuri quali i molti Oneechanbara o la miriade di giochi minori più o meno ufficialmente ispirati ad anime di larga diffusione.
Un ennesimo elemento che Senran Kagura riprende è certamente quello del fanservice, attraverso la possibilità di (s)vestire le proprie eroine con indumenti personalizzati. In questo senso il retaggio ha radici ancora più profonde, con una prima diffusione alle masse durante gli albori di internet attraverso programmini – spesso di poco conto – chiamati paper doll; questo genere di svago è sbiadito sui nostri lidi, ma le coste giapponesi reggono la tradizione, sfornando tutt’ora titoli quali Final Fantasy X-2 o Dead or Alive Xtreme, che fanno di questa peculiarità il gaudente fulcro della loro giocabilità.
Anche in questo caso, in un certo senso, gli indumenti incidono sul gameplay, sostituendosi di fatto ai più canonici segnalatori della vita. Quanto più i vestiti della donzella di turno saranno laceri, tanto meno energia sarà rimasta per combattere prima di rimanere solamente in intimo e, di conseguenza, perdere la sfida. Le uniformi fungono anche da “trasformazione” delle protagoniste che, quali novelle guerriere Sailor, sono in grado di cambiare i capi indossati per accedere a nuovi attacchi o modificare le proprie statistiche di combattimento. Ah già, il combattimento! Fino ad ora non abbiamo ancora parlato del gioco effettivo! Sebbene la serie sia nata come picchiaduro a scorrimento non troppo diverso da quelli che intasavano le sale giochi nei primi anni ’90, il passaggio su console Sony ha drasticamente alterato la sua natura, trasformandolo di fatto in un musou di bassa ambizione (nota: il musou è un genere picchiaduro in cui si sterminano centinaia di avversari; molto apprezzato dal mercato giapponese, è stato usato per commercializzare molti brand amati dagli otaku). A differenza degli esempi virtuosi dettati da Dynasty/Samurai Warriors, infatti, le ninja adolescenti sono costrette in spazi molto più angusti e lineari che, frequentemente, non brillano per originalità.
Solitamente questi prodotti non offrono standard di intrattenimento sufficienti da arrivare nei nostri negozi, ma saltellando tra console Nintendo e quelle Sony il marchio è finito con l’essere nobilitato anche dalla carta stampata e vivacizzato da un breve anime, garantendosi un bacino di notorietà abbastanza solido da osare dove molti altri hanno rinunciato. Ecco quindi il mondo dei videogiocatori ad attendere col fiato sospeso l’annuncio di un eventuale rilascio PAL/NA del Senran Kagura: Estival Versus, episodio per PS4/PS Vita che promette di espandere la proposta videoludica con l’aggiunta di nuovi personaggi e scenografie a tema vacanziero.
-Walter Ferri-