La generazione attuale di console sembra proprio non volerne sapere di “decollare”, ancora fortemente ancorata a porting e remake di giochi usciti sulle vecchie piattaforme. La stragrande maggioranza di titoli nuovi è infatti rappresentata da produzioni indipendenti, che di certo non possono compensare la mancanza di blockbuster tripla A. Ogni tanto, però, qualcuno di questi giochi riesce a farsi notare, come accaduto per “Ori and the Blind Forest“, un indie (anche se non del tutto, in quanto pubblicato da Microsoft) sviluppato da Moon Studios per Xbox One e PC, capace di coinvolgere nelle avventure di un animaletto bianco con una delicatezza e una forza narrativa molto preziose. Il nome del team di sviluppo non è casuale, perché già dai primi istanti di gioco possiamo notare un uso dei colori molto accurato e di una luce quasi lunare, capace di incantare la foresta e di farci dimenticare di essere di fronte allo schermo. Sembra di essere nella foresta di Rayman Origins, con uno stile più serioso. In realtà sono molti gli indie che mi vengono in mente giocando a Ori, ma questo vorrei definirlo “un Limbo con la luce accesa“, ma anche con un gameplay molto più ricco e articolato. Anche l’acqua, usata spesso come metro di giudizio per la parte prettamente grafica e tecnica di un gioco, in Ori supera a pieni voti la prova grazie alla ricchezza di dettagli e di riflessi. Non solo negli stagni, i dettagli grafici brillano nelle foglie, nei raggi di luci che filtrano nel bosco e persino negli sfondi più nascosti.
Il tutto è reso ancora più emozionante da una colonna sonora ben realizzata e integrata con il gioco. Come nel cinema non è solo ciò che vedi a rendere grande un film, anche nei titoli come questo non basta un’ambientazione ben disegnata a sostenere la produzione. Anche la musica, infatti, gioca un ruolo importante, e nel caso di Ori si mescola perfettamente con lo scenario. Già dal menù iniziale siamo cullati da un sottofondo molto fiabesco, dove il pianoforte diventa lo strumento principe per un racconto fatto di sogni, come avviene in molti brani di Ludovico Einaudi o di Thomas Newman.
C’ERA UNA VOLTA NARU…
Il mondo di gioco è subito agitato da una forte tempesta dal tono piuttosto oscuro. Una piuma viene sbattuta qua e là per il cielo per poi essere scaraventata a terra dal vento: è Ori, il piccolo animaletto bianco. Viene raccolto e adottato da un secondo personaggio al quale ci si affeziona immediatamente: è Naru, una sorta di orso nero e ciccione con il volto bianco. La sua somiglianza con il “senza volto” della Città Incantata ci evoca quel mondo intimo ed emozionante dei racconti anime di Miyazaki, ma il tratto goffo e simpatico simile a Po di Kung Fu Panda lo rende ancora più buffo e ghiotto dei frutti della foresta, che condivide con Ori in una divertente scampagnata.
Purtroppo, in questa introduzione, scopriamo subito che si tratta di un personaggio assai più serio e nobile. La foresta è infatti colpita da una sorta di malattia, una siccità che rende tutto sabbioso e annulla in un istante i colori accesi e festosi dei primi momenti di gioco. Naru sarà costretto a rendere l’ultimo frutto a Ori, in un atto di estrema generosità, e qui scappa la lacrimuccia.
A questo punto, il destino di questo magico mondo è tutto nelle mani di Ori, che partendo da piccole azioni dovrà imparare nuove abilità e potenziarsi sempre di più per salvare la foresta.
Insomma, un gioco che gli amanti del fantasy dovrebbero provare, lontano dal logorio della vita di enormi rpg come Skyrim, per riscoprire il gusto della narrazione più semplice e fiabesca.
UNA FORESTA INCANTATA
Il bosco delle fiabe è un luogo infinito, dove possono succedere le cose più incredibili. Questa volta si tratta di una foresta “oscurata” e di un simpatico animaletto di nome Ori. La storia si apre con una voce narrante piena e profonda: forse dello stesso grande albero al centro della foresta? Può essere, e infatti il primo personaggio a cui ho pensato sentendola è stato Barbalbero. La foresta, scenario classico dei racconti fantasy e fiabeschi, dove alberi alti e frondosi diventano un rifugio per i protagonisti (e forse anche per gli stessi autori). Il mondo viene svelato gradualmente, varie zone diventano esplorabili solo dopo aver ricevuto le abilità e i potenziamenti necessari, come il salto triplo e il paracadute, ottenuti sconfiggendo i nemici che minacciano il mondo: in questo modo la foresta si apre piano piano, come un libro di fiabe, ed è possibile tenere traccia delle zone già svelate e di quelle ancora nascoste grazie a una mappa nel menù. Potremo aumentare anche la forza di Ori e sbloccare nuove mosse nel corso del gioco raccogliendo sfere colorate e riempiendo tre diversi rami di abilità.
Ori si ritrova quindi a dover affrontare molti pericoli, come in ogni platform che si rispetti, esplorando uno scenario ricco di sporgenze, spazi scivolosi, trappole, elementi che a volte aiutano e a volte ostacolano, tempeste e molto altro. Una foresta viva, animata, che interagisce con il protagonista fino a diventare essa stessa un personaggio. Ad esempio, l’attraversamento di una particolare zona “abissale” della foresta è disseminato di ostacoli, come mostri viola che sputano sfere esplosive o raggi di luce in grado di incenerire il povero animaletto. La complessità dello scenario può, a volte, risultare persino sgradevole, quando le combinazioni di movimenti necessari per proseguire diventano difficili costringendo a passare per vari trial and error. Se poi consideriamo che il gioco salva automaticamente in poche occasioni, c’è davvero il rischio che si possano infastidire i giocatori dotati di scarsa pazienza, quindi attenzione. In definitiva, allora, vale la pena acquistarlo?
– Gabriele Cinquetti –
Ori and the Blind Forest – Recensione
Isola Illyon
- ambientazione grafica emozionante;
- ottima colonna sonora;
- un sistema di controllo davvero eccellente;
- sistema di salvataggio automatico da rivedere;