Piccolo, spigoloso, con una moltitudine di facce ornate da motivi fantasy e numeri. Questi oggetti poliedrici sembrano essere nati dall’ingegno di un drago antico e maledetto dai propri avi, che è riuscito ad imprimere in questi artefatti qualche sorta di effetto magico, il quale, entrando a contatto con una persona, solamente attraverso un processo induttivo, può essere portato al suo imponente potere primordiale. Impugnandone uno riceviamo una scarica di adrenalina, ci trasformiamo nel personaggio da noi interpretato e siamo pronti ad iniziare un’avventura, orgogliosi e inebriati da una nuova forza vitale. L’immedesimazione è tale da poter annusare l’odore del nero sangue che defluisce dalla ferita aperta che ci siamo appena procurati tentando di evitare quella trappola nascosta sotto un tappeto, o da poter udire il tintinnio della pioggia che con insistenza batte sulle grezze finestre della locanda dove siamo giunti in cerca di un riparo dalle intemperie. Sto ovviamente parlando di quell’oggetto che è caro ad ognuno di noi e che portiamo sempre in morbido sacchetto: il dado, questa piccola estensione della nostra mente, è un manufatto fondamentale per lo svolgimento della maggior parte dei giochi di ruolo, nei quali gestisce diverse meccaniche legate alla battaglia e non. Il lancio dei dadi rappresenta un rituale, qualcosa di unico, mistico, un’esperienza che si ripete più volte durante l’arco di una seduta di gioco, ma che ogni volta dona emozioni incredibili e diverse, che variano da giocatore a giocatore. È sempre una sensazione indescrivibile, parte dalla mano e pervade tutto il corpo, che si trova in una sorta di estasi divina, rinvigorito dal potere latente che ognuno di noi possiede. Immaginiamoci all’interno di un’antica fortezza, la creatura eterea che è appena sbucata fuori dalla parete marmorea ci ha messo alle strette, abbiamo pochi punti vita e solo un tiro di dado azzeccato ci farà uscire fuori da questa pericolosa situazione. Noi ci speriamo, prendiamo in mano il nostro prezioso d20 e lo stringiamo in pugno, chiudiamo gli occhi, il nostro respiro si fa sempre più fievole, le mani quasi ci tremano, sulla fronte compaiono alcune goccioline di sudore, preghiamo e… lanciamo. Nella nostra mente scorrono, con un climax un ventaglio di emozioni, dalla speranza alla paura di poter mancare il bersaglio, mentre i nostri compagni ci osservano in un silenzio quasi religioso. Il dado si è fermato sopra il tavolo di legno e lo percepiamo grazie al nostro udito, riapriamo gli occhi lentamente, siamo salvi: infondendo il nostro pugnale di magia riusciamo nell’intento di eliminare lo spettro, che si dissolve emettendo un sibilo. Mi sono trovato in una situazione simile proprio settimana scorsa, quando durante una seduta di D&D, con il mio mezzelfo cercavo in tutti i modi di resistere alla manipolazione mentale di un mago, che grazie ai suoi eccelsi trucchetti, aveva già messo fuori gioco i miei inseparabili compagni. Tutto ciò avveniva nella spaventosa cornice di un antro nascosto nelle profondità di una grotta scavata all’interno di una montagna innevata. Trattenevo il respiro, il dado quasi scivolava dalle mie mani sudate, ma ad un certo punto sentì uno strano calore provenire da esso ed una forza nuova pervase il mio corpo. Tirai senza pensare, solo pochi secondi dopo mi accorsi che il mio personaggio, concentrandosi, era riuscito a superare la prova di resistenza mentale.
L’aspetto dei dadi rappresenta un po’ quella che è l’anima del giocatore, così come il cane somiglia al proprio padrone. Il possessore di un set draconico sarà il tipo fiero e tranquillo, che tratta il nemico con rispetto non sottovalutando nemmeno la più ignobile delle creature. Invece, il tipo silenzioso che si nasconde nell’oscurità avrà un set di dadi neri decorati con un motivo elfico dorato. Ma si sa, alla fine non è davvero importante la decorazione, è importante ciò che rappresenta davvero il lancio di un dado, il semplice gesto potrebbe non simboleggiare nulla di così speciale in altri frangenti, ma in quello fantasy acquista significati ben più affascinanti e misteriosi, che insieme ad altri elementi contribuisce a render sempre più sottile quella membrana che separa la realtà dall’universo di un gioco di ruolo, nel quale entriamo dentro, risucchiati da un vortice spazio temporale e assaporiamo il suo essere, così maledettamente epico e suggestivo.
Col passare degli anni il giocatore entra in simbiosi col suo set, non lo cambierebbe per nessun motivo al mondo e sarebbe pronto a difenderlo a qualunque costo. Ricordo la storia narratami da un caro compagno, il quale perdendo e successivamente ritrovando il suo amatissimo set di dadi lucenti, descrisse la scena come se un gigantesco minotauro si fosse appropriato dei piccoli manufatti nel cuore della notte e lui, con coraggio e caparbietà, se li sia ripresi sconfiggendo la temibile bestia a colpi di ascia. Come abbiamo potuto vedere, amici isolani, i dadi ricoprono un ruolo importantissimo nell’ambito del gioco di ruolo, un elemento davvero totalizzante che contribuisce a creare suspense ed imprevedibilità alle azioni. Sono come i nostri compagni, inseparabili, ci accompagnano nelle nostre avventure e viaggiano insieme a noi racchiusi all’interno di un morbido sacchetto. In ogni seduta si impregnano di emozioni e il loro potere intrinseco viene amplificato sempre più. Cari abitanti dell’isola, concludo qui il mio piccolo articolo di approfondimento sui dadi, a questo punto sarei davvero curioso di sapere la vostra esperienza più significativa con questi preziosi poliedri.
– Leonardo Codamo –