Ci eravamo lasciati non molto tempo fa con questo articolo, dove avevamo incominciato ad analizzare la figura di Georges Méliès, l’uomo che andò controcorrente abbandonando un impronta educativa e moralista che serpeggiava altrove, come in Gran Bretagna dove la morale vittoriana imponeva il suo veto. Lui invece fu un sovvertitore giocoso di queste leggi, parenti di una struttura “favolistica”, nel più puerile delle sue accezzioni.
Bene, ora ripartiamo da dove eravamo rimasti. Il nostro aveva cominciato ad essere molto più consapevole delle potenzialità che il mezzo cinematografico poteva offrire e comincia ad elaborare nuove storie, personaggi e situazioni. Tappa fondamentale è “La lune à un mètre” (La luna a un metro), che innanzi tutto si presenta di lunghezza tripla. È un continuo rocambolare di effetti speciali e situazioni movimentate. La trama gira intorno al mago che nel suo studio osserva la luna, ci sono varie sparizioni (oramai un marchio di fabbrica), la luna che si ingrandisce e arriva per l’appunto “a un metro”.
Alla fine di tutto, il mago si rimette a studiare, ripensando all’accaduto e muovendo freneticamente le braccia con un fare pensieroso. Vengono ancora una volta usati sia effetti teatrali che cinematografici, ma sono presenti anche timide novità, come lo scatto singolo che permette l’animazione dei disegni sulla lavagna del mago/astronomo. La particolarità, nonché l’elemento più importante è l’avvicinarsi al al tema dell’astronomia e della luna che verranno ripreso dopo pochi anni nel suo capolavoro.
Il tempo passa ancora inesorabile e produttivo, si giunge all’alba del nuovo secolo. Il nostro regista è ormai affermato, eccelle nella diversità di produzione e ha raggiunto una tecnica squisita. Ne “L’homme-orchestre” (L’uomo orchestra) datato 1900 mostra la sua perfetta padronanza della tecnica del mascherino e della sovraimpressione, facendo sembrare tutto girato contemporaneamente. Grazie all’arresto della ripresa riesce a sdoppiarsi ben sette volte, creando solo con la sua persona un’orchestra intera, febbricitante di gioia.
Andiamo ancora più in avanti: 1902. È arrivato a produrre quasi 400 film ed è ormai nel pieno del suo successo. È proprio in questo momento che produce il suo il suo capolavoro assoluto, quello che lo ha consacrato per sempre nella storia del cinema: “Le voyage dans la lune” (Viaggio nella luna). Considerato – a buona ragione – il primo film di fantascienza. Come consono del suo stile, non si prende troppo sul serio, infatti il film è una parodia liberamente basata sui romanzi di Jules Verne e H. G. Welles. Composto come “film a quadri”, rappresenta uno sforzo non indifferente con i suoi 15 minuti di lunghezza, densi come sempre di trucchi cinematografici. Impossibile non conoscere il celeberrimo lancio del proiettile sulla luna, che si conficca nell’occhio dell’astro; come non apprezzare la fattura dei Seleniti – gli abitanti della luna – che conducono il gruppo di scienziati all’interno del corpo celeste. Il resto ovviamente è storia.
Sulla falsariga del suo pezzo da mestro, ne riprende e sviluppa lo schema in “Voyage à travers l’impossible” (Viaggio attraverso l’impossibile). Un professore ha brevettato un mezzo che comprende tutte le conoscenze di trasporto e organizza uno straordinario viaggio fino ad arrivare sul Sole. Il film è intriso dei miti del positivismo, che vedeva nelle macchine e nelle invenzioni il modo per raggiungere il progresso.
Il successo di Méliès nel primo decennio del novecento fu a dir poco strepitoso, ma con il passare del tempo il pubblico divenne più esigente, sopratutto per quanto riguarda l’apparato narrativo dell’opera. Nel 1913 la sua casa di produzione cadde in bancarotta a causa della pirateria dilagante e il non riconoscimento dei suoi diritti d’autore. Definitivamente uscito dal mondo cinematografico incomincia ad occuparsi di un chiosco di giocattoli alla stazione di Paris-Montparnasse. Solo grazie allo scrittore Lèon Druhot riuscì ad uscire dall’oblio e ricevere la meritata riconoscenza che da tanto tempo gli mancava.
Ora questo viaggio è giunto al termine, ma se la storia di quest’uomo ha suscitato minimamente il vostro interesse, vi consiglio -qualora non lo abbiate ancora fatto – di vedere “Hugo Cabret”, film del 2011 per la regia di Martin Scorsese.
Alla prossima, illyoners!
– Vittorio De Girolamo –