Un fantasy-oso saluto a tutti voi, Illyoners! Questo articolo lo dedichiamo a tutti voi, che avete sempre amato i vampiri repellenti come Nosferatu e oggi vi trovate spiazzati in un mondo in cui i non-morti per eccellenza brillano alla luce del sole, usano il lucidalabbra e conquistano fanciulle tanto virginee quanto poco socievoli. Il cinema, la televisione, ma soprattutto la letteratura contemporanea hanno subito la drammatica invasione di vampiri bellocci e innamorati, fino a raggiungere – e portare tutti noi – ben oltre il limite della saturazione. Tutto questo sta per finire: è infatti arrivata anche in Italia ‘The Strain’, la serie televisiva ideata e sceneggiata dal visionario Guillermo Del Toro (che compare anche in veste regista) e da Chuck Hogan.
Da dove cominciare? Magari dal titolo: ‘The Strain’, appunto, a un primo livello di traduzione può indicare ‘La Progenie’ (questo è, infatti, il titolo scelto dalla Mondadori per la traduzione del romanzo su cui la serie è basata; ma torneremo presto sul punto); ma ha anche un significato più profondo, in quanto sta ad indicare una specie, un ceppo virale. E forse, in un gioco di parole, può alludere anche alla tensione che avvinghia i personaggi – e gli spettatori – dello sceneggiato. Insomma, già il titolo è geniale: il ventaglio delle possibili rese di questa locuzione polisensa riesce a racchiudere in una sola parola tutti questi significati, promettendo, a grandi linee, di essere qualcosa a metà strada tra un thriller, un film apocalittico a sfondo epidemiologico e un horror in cui una qualche creatura oscura invade il mondo con le proprie creaturine.
Il bello, signori miei, è che la promessa viene mantenuta: dentro ‘The Strain’ c’è tutto questo, e forse anche di più. Questa la trama: l’aeroporto JFK è in fermento; su una piazzola di sosta è fermo, da un tempo che inizia ad essere sospetto, un aereo proveniente da Berlino. Motori spenti, carlinga gelata, tutti gli scurini abbassati tranne uno e nessun segno di vita da passeggeri o equipaggio. Le varie agenzie governative si contendono, come nella migliore tradizione televisiva americana, la competenza sul caso, ma poiché il volo arriva dall’estero e si sospetta un’epidemia, a vincere il dubbio privilegio di salire per primi a bordo sono due epidemiologi del CDC (il Centro per la prevenzione ed il controllo delle malattie) di New York. Quello che trovano sull’aereo è agghiacciante: oltre duecento persone morte, apparentemente senza nemmeno essersene rese conto, su un aereo che è privo di vita anche in un senso più ampio. Dopo qualche tempo saltano fuori dei sopravvissuti, ma come chiarisce emblematicamente l’epidemiologo incaricato di risolvere il mistero “ci sono quattro superstiti, e non sappiamo perché sono vivi; ci sono duecento morti, e non sappiamo perché lo siano”.
Crediamo di non farvi troppo danno (lo si scopre fin dai primissimi minuti) anticipando che la causa dell’ecatombe è un vampiro tanto brutto quanto diverso dagli stereotipi ai quali siamo abituati: con i suoi movimenti a scatti, la sua rapidità e forza sovrumana, la sua capacità di diffondere il contagio attraverso dei disgustosi vermicelli, il vampiro di ‘The Strain’ rende giustizia a tutti i suoi più illustri predecessori, risultando – al tempo stesso – innovativo e, in una qualche maniera, (fanta)scientificamente “spiegabile”. Tra qualche ingenuità degli epidemiologi (che gusto c’è a fare tutto a regola d’arte?) e qualche aiutino che suggerisce un complotto molto più ramificato di quanto non appaia inizialmente, si scatena la lotta tra il vampiro intenzionato a diffondere il contagio e i “buoni” che tentano di arginarlo. Tra i film contemporanei, quello forse “spiritualmente” più vicino a ‘The Strain’ è ‘World War Z’, per l’approccio a metà strada fra thriller e indagine scientifica sui “cugini” dei vampiri, gli zombie – anche se, ovviamente, il ritmo della serie è meno frenetico di quello del film, in dipendenza del medium prescelto; ma il padre nobile della serie (ormai divenuta crossmediale) è sicuramente ‘Io sono leggenda’ di Richard Matheson. Chi ha letto il libro – più difficilmente chi si è limitato alla visione del film con Will Smith – riconoscerà l’approccio tendente alla razionalizzazione scientifica di un fenomeno fantastico e scientificamente inspiegabile come, appunto, il vampirismo.
La curiosità è che questo concept doveva approdare in televisione già una decina d’anni fa: Del Toro e Hogan avevano infatti proposto il soggetto alla Fox nel 2006, ma non se ne era fatto niente e i due avevano ripiegato su una trasposizione letteraria dell’idea. Nel 2009 avevano pubblicato il romanzo ‘The Strain’ (‘La Progenie’), nel 2010 ‘The Fall’ (‘La Caduta’) e nel 2011 ‘Eternal Night’ (‘Notte Eterna’). Tutti libri, come dicevamo in precedenza, sono stati pubblicati in Italia dalla Mondadori, che li ha recentemente riproposti in e-book. Solo dopo aver concluso la serie di libri Del Toro e Hogan hanno ripreso a valutare un ritorno alle origini televisive del soggetto, avviando le trattative con FX sfociate nella serie di cui parliamo quest’oggi.
Nel cast spiccano attori eccezionali: uno su tutti è David Bradley, il Lord Frey di ‘Game of Thrones’, qui nel ruolo di uno strambo antiquario ebreo armeno che custodisce più d’un segreto; degno di menzione anche Corey Stoll, veterano di innumerevoli serie TV (‘E.R.’, ‘CSI’, Law & Order’, ‘Homeland’, House of Cards’), nel ruolo del protagonista Ephraim Goodweather, l’epidemiologo a cui è toccata questa patata decisamente bollente. Delle musiche si fa carico Ramin Djawadi, già al fianco di Guillermo Del Toro per ‘Pacific Rim’ e assurto alla notorietà internazionale con l’inconfondibile tema introduttivo di ‘Game of Thrones’. Del Toro ha chiarito di aver optato per uno stile quanto più realistico e documentaristico possibile (pur senza sconfinare nel mockumentary), almeno all’inizio, per poi portarlo ad evolversi (tra virus e progenie vampirica l’espressione ha un che di veramente ironico) verso una poetica più elegante e raffinata, tipica del cinema horror.
In America la prima stagione, di tredici episodi, è andata in onda a partire da luglio 2014, mentre in Italia è sbarcata solo nello scorso mese di febbraio sul canale satellitare Fox; da agosto 2014 è stato ufficializzato il rinnovo per la seconda stagione, di ulteriori tredici episodi. In passato Del Toro ha già lasciato trapelare che, se per adattare ciascuno dei primi due romanzi sarà sufficiente una stagione, per il terzo potrebbero volercene due o addiritura tre. La serie, insomma, vanta una discreta aspettativa di vita e sembra destinata al successo: ottimo cast, buona scrittura, un approccio – forse in sé non originalissimo, ma comunque – innovativo alla tematica dei vampiri, che vengono rappresentati – e anche questo, di questi tempi, è un punto a favore – senza concessioni alla moda del momento, che li vede belli e sexy, anziché deformi e grotteschi. Non resta che vedere se e come la pandemia si… evolverà.
E voi, Isolani? Siete già stati contagiati da ‘The Strain’?
– Stefano Marras –