Mostri giganti vs robot giganti: così era stato presentato Pacific Rim di Guillermo del Toro al Comicon di San Diego del 2011, quando ne venne annunciata la lavorazione. Non avrebbero dovuto esserci sorprese nel guardare il film. Invece di sorpresi ce ne sono stati, e tanti.
Forse nessuno aveva preso sul serio del Toro quando aveva dichiarato di voler realizzare la pellicola che lui stesso avrebbe voluto vedere da tredicenne?
Il punto per apprezzare Pacific Rim è tutto qui: regredire all’età mentale di un bambino che non vede l’ora di ammirare robot giganti picchiare mostri ancora più grossi e cattivi. Ed è per questo che la critica si spacca: da una parte quelli che speravano in più trama, più spessore, personaggi più caratterizzati; dall’altra quelli che hanno interpretato il film con lo spirito giusto e si sono lasciati coinvolgere dalla spettacolarità.
La trama? Quale trama? Non c’è trama in questo film! C’è un pretesto: mostri giganti che spuntano da una crepa dimensionale nell’Oceano Pacifico e l’ umanità costretta a creare altri mostri, gli Jaeger, i robot giganti, per far fronte alla minaccia. Altro? Non c’è, perché a del Toro bastava questo per raggiungere l’obiettivo prefissato.
Non ho visto il film al cinema, non gli avrei dato un centesimo. Ho visto il film a casa, noleggiato in dvd e il primo impatto, anche per me, è stato tragico. Da del Toro, il regista dello strepitoso Hellboy, mi aspettavo qualcosa di più spumeggiante e meno banale. Ne ho fatta una critica molto negativa: vedi il trailer, vedi tutto!
A causa della marea di articoli che confrontano PR con Neon Genesis Evangelion (chiamate uno jaeger per arginarli!) in un secondo momento mi sono informata, ho riguardato il film con più attenzione e ne ho approfondito i punti. Mi sono appassionata, e ne ho fatto una critica più positiva. Sono sempre un po’ bipolare.
La verità è che un appassionato di mecha non può non inchinarsi a del Toro: è riuscito a riportare alla ribalta un genere morto, quello dei robottoni che combattono mostri giganti, e a farlo apprezzare ad un po’ tutte le categorie. A quelli che vogliono solo le botte. Agli amanti dei film spettacolari. Agli appassionati di mecha e kaiju. Ah, e a quelli che hanno amato i Power Rangers, visto che la quantità di città distrutte è più o meno la stessa. E poi, ve li ricordate i mostri‑dinosauro dei Power Rangers? Intramontabili.
Il presunto confronto con Neon Genesis Evangelion di Hideaki Anno? Non sta in piedi. Innanzitutto, perché il regista stesso ha dichiarato di non aver voluto ricalcare NGE, e in questo non c’è da vedere malizia. È ovvio che il grande pubblico, quando vede dei mecha, faccia dei paragoni con altro, senza soffermarsi sulle profonde differenze. Del Toro ha cercato di prevenirlo ottenendo, però, l’effetto contrario. In secondo luogo, aveva premesso di voler inserire in PR rimandi agli anime e ai film giapponesi a tema robottoni e mostri giganti: le scene parallele sono cameo, richiami, omaggi a quelle serie che da bambino lo hanno tanto appassionato.
A chi, per esempio, l’Elbow Rocket di Gipsy Danger non ha ricordato il Rocket Punch di Mazinger? E l’aggancio della testa degli jaeger, non è forse un po’ simile al “Pilder, ON!” usato da Koji Kabuto per collegare l’aliante slittante al Mazinger? E poi, quando Gipsy Danger si regge alla spada dopo il combattimento con Raiju, come si fa a non ricordarsi di Mazinger che, dopo lo scontro con il Generale Nero, si appoggia alla sua fida spada? Crimson Typhoon, lo jaeger cinese a tre braccia, rosso sgargiante e dotato di un unico occhio, non è visivamente simile allo Sarabi di Gungam, egualmente rosso e sempre con un occhio solo? E Striker Eureka, lo jaeger degli australiani, non ricorda un po’ l‘EVA-01 di Neon Genesis Evangelion? Un’altra chicca è quella che rimanda a Giant Robot: il giorno in cui la terra si fermò, nel quale Giant Robot è l’unico a non venire arrestato dalla disattivazione dell’energia Sisma Drive perché… dotato di propulsione nucleare, esattamente come Gipsy Danger e tutti gli jaeger appartenenti ai release da mark I a mark III. Oltretutto, facendo dell’ironia nera, del Toro introduce Cherno Alpha, un mark I, con un nome che è chiaro rimando al disastro della centrale di Chernobyl, e questo è forse l’unico dettaglio la cui gravità non può essere compresa da un tredicenne.
Concludendo, è evidente che del Toro ha voluto fare un film di cameo, e sono sicura di essermene persi molti.
Pacific Rim si configura quindi come un mecha vs kaiju senza precedenti hollywoodiani moderni.
Ah, giusto, i kaiju! I più attenti si saranno accorti che questa parola, che in giapponese vuol dire “strana bestia” o “mostro” (nel mio vocabolario, invece, “bestiaccia”), è anche il nome degli avversari del film. La parola kaiju per indicare i nemici che spuntano dalla crepa dimensionale è volutamente vaga: che importanza ha che genere di mostri siano di preciso? Sono mostri, vanno abbattuti con creature di uguale imponenza!
Eh sì, per apprezzare questo prodotto bisogna proprio tornare bambini… allora si salta entusiasti sul divano quando Gipsy Danger afferra una petroliera (una petroliera!) e la brandisce a mo’ di mazza contro Otachi.
I kaiju di del Toro, un po’ squali, un po’ scimmioni, un po’ coleotteri, un po’ tutto, sono mostri che non sorprendono, piuttosto familiari e fosforescenti, e per questo piacciono. Riprendono a piene mani dalla tradizione giapponese dei daikaiju eiga/tokusatsu: i live action con massicci, palesi, e non troppo raffinati effetti speciali nei quali troneggiano mostri giganti. Il primo e più famoso? Gojira (per i non appassionati, Godzilla). In Occidente lo abbiamo amato o odiato, in Oriente lo hanno amato e basta. Del Toro, è chiaro, lo osanna, visto che vorrebbe un sequel di Pacific Rim in cui i nemici siano Gojira o Mechagojira!
Ma ci sono due produzioni che PR ricorda da vicino. Dinosaur War Izenborg, nel quale i dinosauri vogliono riconquistare la terra e l’organizzazione D-Force glielo impedisce sfruttando i fratelli Tachibana, trasformati in cyborg dopo un incidente e in grado di sincronizzarsi con i propri veicoli per formare Aizenborg (rileggete questa frase tutto d’un fiato). E una più nota opera di Go Nagai, Getter Robot, il papà… no, il nonno di tutti i robot componibili, che si trova a combattere contro il Regno dei Dinosauri quando il popolo‑rettile si risveglia dalla sua ibernazione. Getter Robot ha anche un’altra peculiarità: per sfruttarne le potenzialità, questo mecha doveva essere guidato da tre piloti in grado di coordinarsi.
Guillermo del Toro si è ispirato a DWI o a Getter? Beh, a Getter Robot. Gli USA non sono stati poi così invasi dai mecha, al contrario dell’Italia che ne è stata letteralmente sommersa, e DWI non è mai sbarcato in America.
“Sì, ma insomma, in PR si parla di connessione neurale fra i piloti! C’è anche in NGE! Alla copiatura! Date del Toro in pasto agli Angeli!”
Wait a moment! La sincronizzazione neurale compare già in Gakeen il Robot Magnetico (1976), fra l’altro comandato da due piloti che lavoravano in sincronia grazie al loro rapporto affettivo, UFO Diapolon (1976) e General Daimos (1978): Neon Genesis Evangelion (1995) non ha inventato niente sotto questo punto di vista.
Anche perché, i metodi per guidare un mecha sono sempre e solo due: meccanico, diretto o a distanza, e a connessione neurale (cioè, diciamo, telepatico). Questo a prescindere dalle forme di energia utilizzate per animare il mecha (e qui si spazia davvero dalla scienza, alla metafisica, alla fantascienza, perché potremmo includere energia elettrica, nucleare, volontà, e cose più strane come il Sisma Drive o i Raggi Getter).
Non ci ricordiamo di UFO Diapolon e General Daimos, e ad altri mecha funzionanti a connessione neurale, per il semplice fatto che NGE è più famoso e più recente, e quindi la tentazione di accostarlo a PR è forte. Se ci pensiamo bene, ci rendiamo conto della divergenza: Gli jaeger sono comandati fisicamente, la sincronizzazione dei piloti serve solo per far sì che le loro menti si coordinino e i gesti del robottone non siano sconclusionati e inefficienti; mentre gli EVA, a parte per alcuni comandi sistemati sulle leve laterali, hanno una guida neurale e l’abilità del pilota è determinata dal tasso di sincronizzazione, cioè da quanto è in grado di imporre la propria volontà sul mecha.
E poi ci sono una similitudine e una differenza curiose.
La similitudine è che sia in PR che in NGE i piloti subiscono il dolore quando i loro mecha vengono danneggiati (del Toro ci ha tenuto molto a specificare che la connessione neurale con i jaeger è bidirezionale). Ma la connessione neurale in PR avviene fra i piloti, in NGE fra il pilota e l’EVA. Una cosa da niente? No, è uno snodo fondamentale: Gli jaeger sono puramente meccanici e privi di capacità decisionale, sono robottoni pesanti tonnellate che necessitano della volontà di due persone per essere mossi. Gli EVA, invece, hanno una propria volontà (e forse anche un’anima) e il pilota deve sincronizzarsi con loro… e non sono solo meccanici: sono corpi biologici di proporzioni mastodontiche rivestiti di un esoscheletro e dotati di un sistema di alimentazione per la locomozione.
Quindi, addirittura, i puristi non considerano quelli di NGE dei mecha veri e propri!
Fra le altre presunte copiature, viene citato anche il fluido che riempie il casco dei piloti dello jaeger. Il gel trasmissore ha più o meno la stessa funzione del Link Connected Liquid di cui sono piene le entry plug inserite negli EVA, anche se quest’ultimo non funziona solo come liquido di connessione, ma anche come protezione per il corpo e la mente, e per il mantenimento delle funzioni vitali dei piloti. Tuttavia, anche questo si era già visto in The Abyss (1989) di James Cameron, dove i caschi dei membri della spedizioni sono riempiti di un fluido che permette loro di respirare senza problemi anche negli abissi marini più profondi.
Una cosa incomprensibile, invece, è come si possano paragonare i Kaiju di PR con gli Angeli di NGE: il design è completamente diverso, visto che i primi sono le tipiche bestiacce dei film daikaiju eiga giapponesi, al contrario dei secondi, molto più raffinati e strambi. Kaiju che, per altro, sono tutti diversi a livello fisico e che vengono fatti combattere e muovere in modo impeccabile secondo le loro possibilità (e Slattern… lo avete già visto come Rodan, lo pterodattilo che compare nei film di Godzilla). Cambia questo, e cambia l’approccio al mecha: del Toro ci regala jaeger tutti diversi e personalizzati, Anno degli EVA più o meno tutti uguali, costruiti in serie, e ben poco caratterizzati, se non per colori o per un paio di dettagli unici.
Andando in chiusura di questo lungo discorso, possiamo dire che PR si lascia guardare se si accetta che è un concentrato di citazioni che vuole omaggiare i mecha e i kaiju. Non ha rubato niente a NGE, ma ha attinto a piene mani dalla cultura giapponese. Sotto questo punto di vista, l’uso di una trama semplice e di personaggi stereotipati non è pesante: è chiaro che il regista ha voluto ridurre i minuti necessari all’introduzione di eventi e tematiche, e attraverso il talento “spettacolarità massimizzata” prendersi tanto, tantissimo spazio per i combattimenti fra jaeger e Kaiju.
Per accontentare l’America abbiamo un eroe biondiccio, spaccone e ardito. Tutto il resto è omaggio agli anni d’oro dei mecha. Perciò troviamo Mako, la giovane giapponese risoluta, riservata e coraggiosa, che affianca il protagonista restandogli dietro di appena un passo. Troviamo suo padre (adottivo), che non è niente di meno che il capo della situazione. Vediamo i russi “tispiezzoindue” con grugno duro e jaeger massiccio. I cinesi, agili, acrobatici e dotati dell’unico mecha con tre braccia. E così via.
Bieco uso di stereotipi da parte di del Toro? Sì, esattamente come facevano Go Nagai e gli altri negli anni ’70 e ’80.
Guardabile, quindi, ma passibile di qualche perplessità. Lasciamo perdere l’errore di traduzione fatto nei dialoghi italiani, dove in più punti Gipsy Danger è definito “analogico”, mentre in America si parlava di “alimentazione nucleare”… il che fa sorgere spontanea la domanda: ma gli adattatori, sanno di cosa stanno parlando? Però un paio di sbavature, già in origine, del Toro le ha fatte. Se gli jaeger sono alti circa 90 m, come può una petroliera essere grande quanto uno jaeger? La petroliera più piccola supera i 150m! E poi… meno male che Gipsy funziona con energia nucleare, a che accipippolina servono cinque motori diesel per fascia muscolare? Inoltre, il suo reattore nucleare crea energia elettrica impiegata nel funzionamento dei circuiti interni, e il Gipsy avrebbe dovuto inattivarsi quando Latherback investe la città e lo jaeger con un impulso elettromagnetico.
A voler rendere le cose troppo mastodontiche, a volte si sbaglia un po’, ma diciamocelo: la spettacolarità non ne risente affatto. E il regista si fa ampiamente perdonare quando si viene a sapere che la IA di Gipsy Danger ha per doppiatrice americana Ellen McLaim, colei che ha dato la voce a GLaDOS, il supercomputer di Portal e Portal 2. Addirittura sono stati applicati gli stessi filtri vocali usati dalla Valve. Questo vuol dire che, sì signori e signore, la voce della IA di Gipsy è GLaDOS! Amazing!
– Lucrezia S. Franzon –