Inauguriamo il nostro anno di recensioni sulla collana fantasy che più fantasy non si può di Mamma Bonelli, con la consueta fame di lettura che attanaglia la Redazione tutta: Carnevale è alle porte anche nell’Erondàr, e quale pretesto migliore per mascherarsi da cesso rachitico grigio e andarsene in giro a compiere misfatti, ingannando brave persone per i propri tornaconto personali? No, non stiamo parlando di quel mattacchione infido di Gollum, stiamo parlando dei numeri 18 e 19 di Dragonero, tra le pagine dei quali un manipoli di infami ghoul metterà a seria prova le coronarie di Ian e compagni. Ma andiamo con ordine.
Dragonero 18: Nelle terre dei Ghoul
Inizio insolito per questo numero, che si focalizza non sul classico dinamico duo di protagonisti, ma sulla sorella del protagonista, la di-latex-vestita-evviva-il-sadomaso tecnocrate Myrva, intenta nella missione di scortare la giovane Sophia, figlia dell’alto dignatario imperiale Mose Devin, verso il monastero delle madri librarie, per un apprendistato della durata di tre anni. Ma i sogni di diventare un’insegnante della fanciulla vengono bruscamente infranti dal machiavellico raid di una tribù reietta di ghoul, capeggiati da Rhooga che, per ignari motivi, si presenta parecchio simile a Michael Stipe, cantante e frontman degli ahimé defunti R.E.M.. Questa new entry tra le razze della serie, di cui già si era accennato nel corso del numero 8, Il Fascino del Male (qui l’articolo dedicato), viene descritta dagli sceneggiatori della serie, Vietti ed Enoch, come un arido e antico incrocio tra elfi ed umani, letali in combattimento quanto rispettosi della natura e delle sue creature, dagli animali ai frutti della terra. In genere, se non attaccati, sono un popolo che ama starsene per fatti propri, tra le foreste centrali dell’Impero, raccolti in tribù rivali tra loro, un po’ come i Corvi di Pietra e company che arruola Tyrion Lannister quando, dalla Valle di Arryn, se ne ritorna smargiasso ad Approdo del Re. Michael Stipe, però, vuole formare una tribù spaccaculi. E se, nel paese dei ciechi, chi ha un occhio solo è re, il fatto che sia l’unico dei suoi simili a parlare la lingua corrente dell’Impero lo rende boss di diritto, scatenando il mega-piano-ricattone per spillare un bel gruzzolo d’oro al ricco e divino paparino, in cambio del rilascio della sua bambina. L’agguato va bene, Sophia viene rapita, e Myrva ferita gravemente e data per dispersa… fino, ovviamente, all’entrata trionfale in scena del fratellone Ian e del suo fedele braccio destro dalla pelle verde, che guideranno l’indagine e lo scambio, scortati dagli squadroni di cavalleria del regno di Candarya. Ma, in barba agli accordi, ben presto si troveranno accerchiati…
Dragonero 19: Nessuna pietà umana
I nostri putentissimi paladini usciranno vittoriosi dal precedente, ennesimo assalto dei ghoul al proprio campo fortificato: Ian sfodererà di nuovo i suoi sensi di ragno, riuscendo perfino ad abbattere un feroce quanto raro Trollgheist. Come si dice, “ar cavaliere nero…”, e così, tanto per cambiare, il biondo più paraculato di tutto il regno prenderà le chiavi del palcoscenico, cospargendosi di segni tribali come Conan il Barbaro, e lanciandosi nell’impresa solitaria di liberare gli ostaggi prigionieri all’interno delle rovine ghoul, trucidando al chiarore lunare una ventina di nemici, manco fosse, uno e trino, una fusione transgenica ottenuta dal DNA combinato di Ezio Auditore, Solid Snake e Rambo. Rambo I, eh… al massimo il II. Da quando, nel III, fa saltare in aria l’elicottero con una freccia esplosiva, poi va tutto a sprofondare. Tornando a noi, la missione ha clamorosamente successo, ma gli esseri pelati e incazzati inseguono la compagnia come se non ci fosse un domani, fino a costringerli a rifugiarsi, attraverso un percorso votivo, in una caverna sotterranea, con tanto di pozza e altare sacro. E qui si compirà il destino di tutti, Michael Stipe compreso, complice anche l’arrivo dell’immancabile boss finale: un kraken di lago che, senza farselo dire due volte, si unirà alla festa, cominciando a tentacolare un po’ chiunque gli capiti a tiro e a sbatacchiarlo con infinita perizia sulle rocce dell’umido antro, per la gioia di tutti i feticisti di suddettohentai. Ah, qualcuno ha detto Miniere di Moria?
E Myrva, in tutto questo? Tranquilli, isolani, tranquilli, sta bene, dopo essere stata amorevolmente presa in consegna dall’anziano ma competente Eliah, uno dei tanti medici itineranti dell’Impero, altra “gilda” che in questo numero fa la sua prima apparizione, il quale non esita a curare le sue ferite da freccia e a rimetterla in sesto come nuova.
Insomma, il solito doppio numero pieno zeppo di azione, inseguimenti, spadate, sangue. La serie si conferma su un discreto livello, tanto che il 18 e il 19 andrebbero letti insieme, essendo chiaramente parte di un’unico filone narrativo. Quello che ci ha fatto storcere un po’ il naso, a parte non poche tavole dai disegni stranamente abbozzati, è il finale, che risolve in maniera scialba e troppo semplicistica uno contro che si pregustava da decine e decine di pagine. Sì, è vero, un personaggio piatto e stereotipato come Sophia ne guadagna in spessore, rispetto al suo vincolato ruolo di donzella in difficoltà. Ma l’impressione è che, troppo spesso, in Dragonero, ci si ritrovi dinanzi ad un cul-de-sac narrativo, per il quale l’unico espediente è tirare il d20 ed evocare un boss per far cantare le lame all’intero party. Per carità, alziamo le mani: tutti voi sapete quanto amiamo D&D fino al midollo, fino all’ultima casella della scheda personaggio. Però, a volte, ci piacerebbe anche che questa serie osasse un po’ di più, che Gmor non fosse solo una spalla dalle solite, tre battute automatiche in croce, che il protagonista fosse più umano e fallibile, che Dragonero, in sostanza, ci spiazzasse e sorprendesse, lasciandoci in bilico e ad arrovellarci i pensieri fino al numero successivo.
A proposito, appuntamento al 20, “Faccia d’Osso”! E no, non sarà ambientato in Monkey Island…purtroppo!
– Mario Venezia –