Andando un po’ oltre i soliti discorsi del tipo “Che bastardi sono i Lannister?!”, “Ma quanto sono sfigati gli Stark!” o ancora “Io la Khaleesi la vorrei come Presidente della Repubblica”, ci siamo mai chiesti quale sia il vero motivo del successo planetario de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco? Non mi riferisco al successo commerciale, dovuto certamente alla serie televisiva targata HBO che ha sdoganato i romanzi di Martin, facendo conoscere al mondo intero una saga fantasy fino a poco tempo fa sconosciuta, o quasi, al grande pubblico e apprezzata solo dai fan duri e puri. In fin dei conti, se ora siamo di fronte ad un incredibile fenomeno da industria culturale di massa e se gli spettatori hanno cominciato a diventare anche lettori, ci deve essere un motivo, e io sono poco portato a pensare che sia solo merito di una serie televisiva ben confezionata. Se ci pensate, di serie tv ce ne sono a bizzeffe e la maggior parte di esse, seppur ben fatte, vengono cancellate dopo pochi episodi perché non fanno presa sul pubblico. Sono convinto, quindi, che il merito di tanto successo stia nella potenza della storia stessa e nelle idee di base attorno alle quali essa è stata concepita fin dal principio.
Qualche detrattore della saga potrà senz’altro obiettare che Martin non ha fatto altro che prendere Beautiful da una parte e le leggende arturiane dall’altra, mescolando il tutto con un po’ di Tolkien. E che forse la vera genialata sia stato trarre una adattamento televisivo tutto “sesso, droga e rock’n’roll” da una serie di romanzi noiosa da leggere, piena di particolari superflui e che sembra non finire più. Ebbene, io invece credo che – con buona pace di tutti, anche di coloro che non saranno d’accordo con me – la grandezza e l’importanza de Le Cronache nella narrativa contemporanea sia dovuta anche alle parti meno avvincenti e prive di battaglie, alle descrizioni lunghe e particolareggiate fin nei minimi dettagli e alla minuzia dedicata alla caratterizzazione dei personaggi, anche di quelli che ci stanno più sulle scatole e di cui faremmo volentieri a meno di sentire la storia. Questo si chiama creare un mondo secondario, dare vita ad un’ambientazione che percepiamo come vera, credibile e coerente, cosa non scontata visto il pullulare di narrativa fantasy che sinceramente non funziona (su questo tema, vi rimando alle riflessioni di Gaetano Sgariglia). Anche ne Il Signore degli Anelli, il nostro testo sacro, vi sono capitoli che leggiamo più velocemente per scoprire cosa accade dopo o che addirittura preferiremmo saltare. Scusate la bestemmia, ma io la parte su Tom Bombadil la trovo soporifera e faccio ancora fatica a trovarne il senso… Eppure se non ci fossero queste sezioni, tutto perderebbe di significato, e un’impalcatura altrimenti ben costruita finirebbe per crollare. Ma, come afferma con convinzione il libro che andiamo per analizzare, la vera “rivoluzione martiniana” motivo di questa popolarità sta nell’aver creato figure molto umane dai difetti altrettanto umani, abbandonando il classico schema del genere fantasy in cui un protagonista dalla morale integerrima è contrapposto ad un antagonista evidentemente malvagio. È questo “realismo intransigente” che non risparmia nessuno il motivo che vi tiene incollati al divano in attesa della puntata successiva, ed è questo il motivo che vi ha fatto andare in libreria (sia lodato il cielo) a comprarvi i romanzi, sappiatelo.
Ma tutto questo non lo penso solo io. Lo ribadisce con molta più competenza un docente americano di filosofia, Henry Jacoby, che ha pensato bene di spiegare a tutti gli appassionati de Le Cronache, e a coloro che sono curiosi di approfondirne la conoscenza da un punto di vista inusuale, quale impensabile strumento di riflessione su noi stessi rappresenti la saga di Martin. E lo ha fatto curando una raccolta di brevi saggi, dal titolo La filosofia del Trono di Spade (Milano, Ponte alle Grazie, 2013), che offre delle chiavi di lettura illuminanti su temi etico-morali, valori e visioni della vita a partire dalle vicende di Eddard Stark e soci. Cos’è che rende Le Cronache il miglior trattato di filosofia in circolazione? Il filo conduttore di questo volume è l’idea che nel mondo realistico plasmato dall’immaginazione del demiurgo George Martin, dalla gelida Barriera alla assolata Lancia del Sole, dalle inospitali Isole di Ferro fino alla remota Vaes Dothrak, in qualche modo tutto e tutti parlino dritto alla nostra coscienza, mettendo in luce aspetti della vita vera che siamo costretti ad affrontare quotidianamente, con la potenza di cui solo il fantasy è capace. Dal più nobile dei principi di Capo Tempesta fino alla più zozza delle prostitute di Approdo del Re, abbiamo costantemente qualcosa da imparare o quantomeno su cui riflettere: le difficoltà nei rapporti umani, l’indecisione che attanaglia di fronte a scelte difficili da compiere, le ingiustizie create da un modo di fare politica distante dai bisogni della gente, il relativismo culturale e il rispetto, o meno, per le altre tradizioni, gli orrori e i lutti imprevisti che la guerra non risparmia a nessuno.
Dunque, partendo dal presupposto che la complessità morale di individui e società protagonisti de Le Cronache sia estremamente realistica, attraverso una serie di saggi che ripercorrono le tematiche più serie della nostra amata saga, con uno stile di scrittura semplice e divulgativo, ma allo stesso tempo serio e professionale, La filosofia del Trono di Spade non fa altro che spiegare come il conflitto interiore e i lati oscuri della natura umana siano questioni di estrema attualità e come rappresentino ottimi argomenti per creare una storia che funzioni e in cui immedesimarsi appieno. Si va dalla ricerca della felicità ad ogni costo che può portare a diventare bugiardi dalla dubbia moralità, al fascino del dualismo amore-morte, alla constatazione che Bene e Male spesso si intrecciano e si scambiano di posto a seconda della prospettiva, fino alle questioni tra libertà ed etica, passando per Machiavelli e per il rapporto che intercorre tra magia, scienza e metafisica. Insomma, c’è di tutto e di più. Ma se volete scoprire qualcosa di più sulla sorte morale di Tyrion Lannister, non è necessario leggere tutto il libro. Il mio consiglio personale è di sfogliare l’indice e di iniziare da quello che più vi interessa, anche saltando di qua e di là tra le pagine come ho fatto io. Vi accorgerete che leggere piccoli trattati di filosofia non è mai stato così divertente perché vedere temi complicati, per non dire ostici, riferiti costantemente ad uno dei mondi fantastici più riusciti e ai suoi personaggi più amati non ha prezzo.
– Michele Martinelli –
La Filosofia del Trono di Spade – Recensione
Michele Martinelli
- Offre uno sguardo inedito sul mondo di Martin
- Vi farà avvicinare in modo leggere alla filosofia
- Finalmente qualcuno ci dimostra che i contenuti profondi non sono solo ne Il Signore degli Anelli
- Qualche saggio della raccolta risulta a tratti poco fluido e noioso
- Il volume è totalmente privo di immagini