Si conclude anche per Illyon l’epica campagna “Tyranny of Dragons”, che ha monopolizzato e caratterizzato i primi mesi di questa nuova edizione 5.0 di Dungeons&Dragons. Logica conclusione del primo volume della Campagna (che trovate recensito qui) “Hoard of The Dragon Queen”, è venuto il momento di fare davvero sul serio con la recensione di “The Rise of Tiamat”: tremate, perché la Regina dei Draghi sta sorgendo!
Sinossi
[spoiler] La situazione si fa sempre più fosca nelle città della Costa della Spada. I raid compiuti dal Culto del Drago e dai loro alleati si fanno sempre più numerosi, aperti e sfrontati, colpendo dal Mare del Ghiaccio Mobile fino ai confini di Amn, mentre i rapporti di intelligence indicano che il Culto è ormai davvero molto vicino al folle piano di evocare Tiamat sul piano materiale. Davanti a queste allarmanti notizie, su iniziativa dell’Alleanza dei Lord, a Waterdeep si costituisce un Consiglio permanente delle città e dei gruppi di potere che, messe da parte per una volta le reciproche diffidenze, si oppongono ai piani di Severin. Waterdeep, la ricostruita Neverwinter, Silverymoon, i nani, gli elfi, gli Arpisti, L’Enclave di Smeraldo, e addirittura in corso d’opera la Confraternita Arcana e gli Zentharim si ritrovano attorno ad un tavolo per dibattere furiosamente su come mettere i bastoni tra le ruote agli adoratori dei draghi. Particolare fondamentale, i PG sono ospiti fissi del Consiglio in virtù dei loro trascorsi sforzi contro il Culto, e giocheranno una parte fondamentale sia nell’indirizzare le decisioni dei loro alleati, sia nel fungere da capofila ed arieti per assestare più danni possibili al piano dei folli. Le operazioni si concentreranno nell’indebolire il Culto e i suoi alleati, sia nel recuperare l’appoggio di forze amiche durante l’inevitabile scontro finale. I personaggi si ritroveranno a dare la caccia ai capi del Culto, i temibili Wyrmspeaker, ed a perseguire i loro alleati draconici direttamente nelle loro tane. Dovranno cercare di insinuare il dubbio e la discordia tra le file dei loro nemici, andando ad agire addirittura a Thay o direttamente tra gli adoratori dei draghi. Dovranno cercare di ottenere l’appoggio di insospettabili alleati quali la Confraternita Arcana di Luskan e i leggendari draghi metallici, controparte buona del flagello draconico. Tutto questo farà da retroterra al decisivo scontro finale tra le forze di Tiamat e le forze del bene che avrà luogo nel quartier generale del Culto, il Pozzo dei Draghi sulle pendici delle Montagne del Tramonto, e che metterà definitivamente fine alla più grave minaccia alla Costa della Spada da secoli.[/spoiler]
Tiamat sorge
Se la struttura della prima parte della campagna, il modulo “Hoard of The Dragon Queen”, manteneva una certa consequenzialità nelle missioni, pur presentando una struttura del plot decisamente aperta, nel caso di “The Rise of Tiamat” siamo in presenza dell’apoteosi della non-linearità. Gli autori della Kobold Press hanno individuato e puntato senza troppi fronzoli il cuore del problema alla base di qualsiasi campagna gdr. Cos’è che rende memorabile e divertente un’avventura o una campagna al tavolo da gioco? Qualcuno dirà “il roleplay”, qualcun altro “l’esplorazione” altri ancora “ambientazioni coinvolgenti” oppure “PNG ben caratterizzati”. Tutto vero, ma questi non sono altro che aspetti diversi del medesimo punto, perché la questione di fondo è solo e soltanto una: ciò che fa divertire e sentire coinvolti i giocatori di un GdR è avere la percezione che le loro azioni e le loro decisioni influiscano effettivamente sullo svolgimento della storia. Di più, è il sapere che lo spargersi della tremenda piaga di una tirannia draghesca o la sua distruzione sul nascere dipende esclusivamente dalle tue azioni come Pg, che non ti fa vedere l’ora di sederti nuovamente al tavolo da gioco. E questo è ottenibile esclusivamente con una struttura di gioco, anzi una sceneggiatura (perché, come dice Frank Mentzer, il GdR non è altro che una sceneggiatura che gli stessi attori concorrono a scrivere) aperta e non lineare. Dove le avventure non sono del tipo: c’è prima A, B e poi C, e il luogo D è sempre uguale a se stesso. Ma dove sono del tipo: affronto A e poi B, decido se andare a C o D, e la mia scelta influirà sul luogo E e sul personaggio F. E quando deciderò di affrontare D, la situazione sarà diversa da come sarebbe stato D se l’avessi affrontato subito. Il problema è che per scrivere una campagna simile ci vogliono, per usare un francesismo, due palle così ed eccezionali doti di sceneggiatura. Siamo tutti capaci a disegnare un dungeon, piazzare qualche mostriciattolo, il tesoro al fondo, e far entrare i giocatori. Altro è scrivere una campagna aperta: la mole di interazioni possibili e di esiti da prevedere è tale da scoraggiare in partenza.
Eppure, in questo caso è andata esattamente così: problema individuato, affrontato e risolto brillantemente. tRoT è una campagna aperta composta da diverse avventure presentate nell’ordine di gioco più logico e “consigliato” (per così dire), ma assolutamente e liberamente interpretabile. I giocatori si troveranno a dover frustare i piani del Culto nel corso di avventure che ricalcano la falsariga di “The Hoard of the Dragon Queen”, con esplorazione, combattimento e roleplay sempre presenti ed amalgamati in maniera egregia, più la solita qualità nel design di dungeon e locazioni più o meno amene. Ma tRoT si eleva se possibile di un ulteriore gradino per quanto riguarda il tono epico della storia (in fin dei conti non capita tutti i giorni di scontrarsi in un’epica battaglia finale con una dea-drago!) e della complessità del gameplay. La struttura ruota interamente intorno ad un luogo interpretativo (il Consiglio di Waterdeep) che svolge il duplice ruolo di paradiso del roleplay e di setup per le singole avventure della campagna. In pratica ad ogni avventura conclusa, i Pg si troveranno a sedere in sessione al tavolo decisionale con i potenti della Costa della Spada. Durante questo check abituale avranno l’opportunità di misurare e influenzare l’approvazione delle varie fazioni in base al loro atteggiamento e alle loro azioni. Dall’aver risolto alcune avventure al “come” sono state risolte; dal roleplay che dispiegheranno all’interno della sessione stessa del consiglio alle decisioni che prenderanno in assemblea; tutto concorrerà ad influenzare positivamente o negativamente l’opinione del lord di questa città o del capo di quell’organizzazione nei confronti dei Pg. Allo stesso tempo, queste stesse scelte dei Pg influiranno sulle decisioni che prenderà il consiglio nel suo insieme circa il modo migliore per combattere il culto, e cioè su quali avventure i personaggi dovranno intraprendere al termine delle varie sessioni del Consiglio. Le statistiche sono ridotte veramente ai minimi termini: il manuale abbonda invece di linee guida, consigli e descrizioni di interazioni e personalità, e dei possibili esiti delle varie situazioni che si possono presentare al DM. Ma questo non è in alcun modo limitativo: si finisce a consultare il Manuale dei Mostri o il Player’s Handbook il più in fretta possibile per tornare nel vivo dell’azione e “vedere che strada prenderanno i PG dopo”.
Tutti i nodi verranno al pettine nel finale, dove, tramite l’ausilio di uno strumento apposito (una tabella punti Consiglio), il Dungeon Master dovrà tenere debito conto dell’appoggio guadagnato dai Pg tra i vari alleati e dei risultati ottenuti nel portare scompiglio tra le file del Culto. Il Dm potrà in questo modo stabilire chi e come avranno al fianco e chi e come avranno contro i personaggi durante lo scontro finale con Tiamat stessa, e cioè la relativa difficoltà della battaglia finale. Se non avranno giocato il loro ruolo abbastanza bene, c’è la possibilità addirittura che i nemici prevalgano, e allora l’ombra calerà su tutta la Costa della Spada! D’altronde è proprio quello che ci si aspetta da un manipolo di eroi: che uniscano e guidino contro il comune nemico…
– Luca Tersigni –
D&D 5.0 The Rise of Tiamat – Recensione!
Luca Tersigni
-La conclusione della campagna più epica della storia di D&D
-Struttura aperta e in continuo divenire
-I personaggi spostano l'equilibrio della storia
-E', più di ogni altra cosa, divertente da giocare e masterizzare.
-L'aver fatto uscire un prodotto che non lascia molto spazio alle descrizioni ambientali prima dell'uscita della relativa ambientazione può mettere in difficoltà qualche master, ma è davvero voler cercare il pelo nell'uovo.