Tanto tempo fa, in una Galassia lontana lontana… esisteva l’Universo Espanso. Sin dall’uscita nelle sale del primo film, adesso conosciuto come ‘Episodio IV – Una nuova speranza’, i film di ‘Star Wars’ hanno attirato, quasi per effetto di una forza di gravità “artistica”, un’infinità di altre produzioni sui media più disparati: trasmissioni radio, show televisivi, giochi di ruolo, giochi da tavolo, giocattoli, action figures, collezioni di modellini di astronavi, scacchi (!), videogiochi, fumetti, romanzi… e chi più ne ha più ne metta. Talora realizzati direttamente da George Lucas, talaltra dal suo braccio armato videoludico (la Lucasarts), ma molto più spesso frutto della fantasia e della passione di autori di fantascienza, conquistati dall’Universo di ‘Star Wars’ in tenera età e desiderosi di cimentarsi con la loro saga preferita. Chi di noi non ha sognato, almeno per una volta, di pilotare – come narratore – le avventure di Luke e compagnia?
Il concetto di Universo Espanso nasce verso la fine degli Anni Ottanta del Secolo scorso (vi sentite vecchi se scrivo così, eh?), quando la casa editrice West End Games avvia il proprio progetto di modellare un gioco di ruolo sull’Universo di ‘Star Wars’, salvo scoprire di non avere a disposizione un lore sufficientemente approfondito per costruire un’ambientazione coerente. La Lucasfilm allora pensa bene di fornire all’editore i materiali d’archivio legati alla prima (e all’epoca unica) trilogia, e di autorizzare la West End Games a denominare, previa approvazione di Lucas, pianeti e città non espressamente trattati nei film. Nasce così il primo nucleo dell’Universo Espanso, al quale nel corso degli Anni Novanta si sovrappongono nuovi fumetti, editi dalla Dark Horse – che aveva rimpiazzato la Marvel –, e romanzi – su tutti la ‘Trilogia di Thrwan’ di Timothy Zhan. Negli anni successivi fumetti, libri e videogiochi ampliano a dismisura questa massa di lore informe, sia tra un Episodio cinematografico e l’altro (‘L’ombra dell’Impero’ di Steve Perry, 1996), sia nel futuro successivo all’Episodio VI (‘La trilogia dell’Accademia Jedi’, fondata da Luke Skywalker, di Kevin J. Anderson), sia nei millenni antecedenti ad entrambe le prime trilogie (chi non conosce i fantastici giochi della serie ‘Knights of the Old Republic’ – KOTOR per gli appassionati?).
Con la varietà e la libertà, però, giungono anche le contraddizioni. Non solo tra la prima trilogia e l’Universo Espanso di produzione successiva, ma anche tra l’Universo Espanso e i film della nuova trilogia (i prequel), che – tanto per fare un esempio – introducono un divieto di matrimonio per i Jedi di cui nessuno, fino all’Episodio II, aveva mai sentito parlare (tanto che, sia nella Vecchia Repubblica che nella Nuova, diversi Jedi sono felicemente sposati). Le spiegazioni interne all’Universo fittizio potevano parare qualche colpo, ma ben presto si rende necessario un intervento più pesante, che prende la forma di un canone narrativo costruito su diversi livelli:
– G Canon (dove G sta per George Lucas): praticamente è la Bibbia. Tutto ciò che George ha toccato con mano: i film (incluse le scene tagliate, ma diffuse successivamente), i romanzi scritti da lui, i copioni, i fazzoletti da bistrot vergati dalla sua Sacra Penna… insomma, tutto. Questo canone prevale su tutti gli altri senza lasciarli nemmeno fiatare.
– T Canon (dove T sta per Television): introdotto solo nel 2008, contestualmente alla release della serie TV ‘Star Wars: The Clone Wars’, questo canone, in quanto comprendente materiale elaborato dalla Lucasfilm, prevale sul resto dell’Universo Espanso.
– C Canon (dove C sta per Continuity): il terzo – originariamente il secondo – livello della piramide, che contiene tutto ciò che sia stato pubblicato su ‘Star Wars’ da qualcuno che non sia Lucas e che non sia stato classificato in un’altra maniera. I prodotti di questo canone non possono contrastare con quelli del G Canon, né con precedenti prodotti dello stesso C Canon.
– S Canon (dove S sta per Secondary): comprende le prime storie legate all’Universo di ‘Star Wars’, con un basso livello di coerenza con questo immaginario sci-fi, come il famigerato ‘Star Wars Holiday Special’, del quale Lucas avrebbe volentieri distrutto ogni registrazione esistente, neanche fossero i piani segreti per la Morte Nera.
– N Canon (dove N sta per Non Canon o Non Continuity): tutto ciò che è fuori dal canone.
Il materiale legato all’Universo Espanso era divenuto tale e tanto da dover essere raccolto e registrato in un apposito database, denominato Holocron Continuity Database (dal nome del supporto informatico utilizzato da Jedi e Sith in ‘Star Wars’), capitanato da Leland Chee e Pablo Hidalgo, per tenere traccia di tutto il materiale legato alla Lucas Licensing. E ce n’era davvero bisogno: l’Universo Espanso contiene un guazzabuglio di storie in cui la Principessa Leia si innamora di un nuovo pretendente, Luke passa al Lato Oscuro, Luke viene clonato, l’Imperatore Palpatine resuscita, razze aliene usano una forma di magia alternativa alla Forza… e così via, di follia in follia. Per non parlare di fidanzate, mogli, figli e figlioletti dei protagonisti della trilogia originale.
Tutto è però cambiato quando, sul finire del 2012, la Lucasfilm – con tutta la relativa proprietà intellettuale – è caduta nelle mani della Disney, a fronte dell’esborso di circa 4 miliardi di dollari. Sin da subito l’azienda ha annunciato di voler seguire il modello utilizzato per la Marvel – altro pesce grosso ingurgitato dalla Casa di Topolino: neanche fosse un re straniero appena impossessatosi di un territorio frammentato in mille principati, ha proceduto al grido di “Unificazione!”. In primo luogo, con una circolarità sorprendente, ha spodestato la Dark Horse Comics dalla pubblicazione dei fumetti del franchise, rimettendo questa attività nelle mani della Marvel. In secondo luogo ha avviato una pianificazione quasi teutonica delle uscite cinematografiche dal 2015 al 2019 (per adesso), infondendo nuova linfa vitale all’intera saga – e al relativo merchandising. Da ultimo, ha annunciato la necessità di elaborare un nuovo canone sulle cui fondamenta edificare la futura trilogia.
Dopo più di un anno di lavoro, affidato ai già citati Chee e Hidalgo, il 25 aprile 2014 Disney ufficializza quello che a molti è parso un gigantesco colpo di spugna ai danni dell’intero Universo Espanso. Tutto ciò che prima rientrava nel cosiddetto C Canon è stato, di fatto, spazzato via; seguendo una linea in voga nelle case di fumetti come Marvel (appunto) e DC Comics, tutte quelle storie, narrate sui media più diversi, sono state rimosse dalla continuity e qualificate, dall’oggi al domani, come non-più-canoniche, facenti parte di un Universo Alternativo chiamato ‘Star Wars Legends’. Ebbene sì, i videogiochi KOTOR, lo stesso MMORPG EA-Bioware ‘Star Wars – The Old Republic’, nonché tutti i romanzi e i fumetti ambientati dopo la morte dell’Imperatore fanno parte di una versione alternativa della storia. Ciò vale, a maggior ragione, per ciò che rientrava nel N Canon – ci mancherebbe altro. Rimangono dunque in piedi i film, le serie TV (ivi inclusa la recentissima ‘Star Wars Rebels’, rencensita qui per voi da Davide Carnevale) e i romanzi scritti da Lucas; nient’altro. La Disney non ha escluso, ad ogni modo, di effettuare dei “ripescaggi” di trame e personaggi dall’Universo Legends, ma sempre nell’ottica di una nuova costruzione narrativa. Contestualmente ha incaricato una nuova divisione, il Lucasfilm Story Group, di sovrintendere d’ora in avanti alla costruzione del Nuovo Universo Espanso, con la funzione di garantire l’assoluta coerenza dei futuri prodotti con il nuovo canone starwarsiano.
Ora, a mente fredda, è chiaro che questa opzione sia stata prescelta, di sicuro non senza patemi, al fine di garantire agli sceneggiatori della prossima trilogia la più ampia libertà di manovra possibile, recidendo in un solo colpo il nodo gordiano di trame e sottotrame che li avrebbe, inevitabilmente, avviluppati, e consentendo loro di offrire al pubblico qualcosa di veramente e completamente inedito. È anche vero che l’Universo Espanso, assieme a molti prodotti validi, si portava dietro il peso di opere prive di qualità intrinseche, troppo stravaganti rispetto al canone, quando non semplicemente deliranti. Vi è da chiedersi, a maggior ragione, se non vi fossero altri modi – meno drastici – per garantire la libertà artistica di J. J. Abrams e soci, salvaguardando ciò che nel corso di questi trentasette anni è stato fatto di buono e che i fan hanno apprezzato, cancellando invece i passi falsi o le storie inadatte a far parte del canone. Nulla vieta che la Disney attinga dall’Universo Legends in futuro, ma questo passo doveva forse essere compiuto prima, e non a posteriori. Sembra, insomma, che la dirigenza della Disney abbia optato per la soluzione più semplice, più veloce. E si sa che è questo il tipo di scelte che conduce al Lato Oscuro.
– Stefano Marras –