Oramai anche i Jawa negli angoli più sperduti del deserto di Tatooine lo sanno: George Lucas ha ceduto i diritti della sua creatura, Star Wars, alla Disney, ed è inutile nascondere che tutti noi, quando l’abbiamo saputo, abbiamo sentito un fremito nella Forza, persino peggiore di quella volta in cui Darth Sidious diede l’Ordine 66, sterminando tutti gli Jedi. Da quel tragico momento, per le nostre vite di fan sfegatati della “galassia lontana lontana” non abbiamo fatto altro che chiederci come la casa di Topolino avrebbe sfruttato quello che per tanti è molto più che un semplice marchio. Soprattutto ci siamo domandati, non senza un pizzico di smarrimento, come avrebbe trattato quell’universo vastissimo (che va ben oltre quello cinematografico, ricordiamolo) che ha fatto sognare ben due generazioni, e che nel bene o nel male ha segnato la nostra immaginazione.
Con Star Wars Rebels il giorno della resa dei conti è arrivato, e il 3 ottobre 2014, per essere esatti, la Disney ha mostrato, praticamente in mondovisione, il primo frutto del tanto temuto cambio di gestione. Ci troveremo di fronte ad uno Star Wars 2.0, talmente stravolto da far storcere il naso a tutti gli appassionati, oppure ritroveremo tutto come l’avevamo lasciato? Nessuna delle due, e adesso vedremo perché.
Non potevamo certo sperare troppo in un’assoluta mancanza di cambiamenti, anche semplicemente tenendo a mente il target delle produzioni Disney. La più grande azienda al mondo nel campo dell’intrattenimento, e la seconda compagnia di media negli Stati Uniti d’America, è infatti colpevole di recenti produzioni, come Hannah Montana e Violetta, pensate per attingere dall’immenso bacino d’utenza formato dai teenager teledipendenti americani, ed era impensabile che, in presenza di una gallina dalle uova d’oro come Star Wars, non ci sarebbero stati degli oculati aggiustamenti mirati ad attirare proprio i più giovani. Nulla di troppo sbagliato in questo, s’intende, e Rebels risponde proprio a questa strategia: già ad una prima occhiata sembra di trovarci, per le linee morbide della computer grafica e i colori sgargianti, di fronte a un titolo della Pixar, e anche l’aria che si respira è quella delle grandi produzioni, strizzando l’occhio ai più recenti film d’animazione. Il pilot della serie, il cui titolo è “Scintilla di ribellione”, infatti è un vero e proprio tv-movie di quaranta minuti, quindi quasi il doppio di quanto saranno lunghi i sedici episodi della prima stagione, che sarà trasmessa su Disney XD a partire dal 2 novembre.
La storia, proprio per il discorso del target molto giovane, è davvero molto semplice, ma diciamocelo chiaramente: Star Wars non ha mai brillato per trame complesse. Seguiremo le disavventure di un agile ragazzino dalla mano lesta di nome Ezra Bridger, che vive di espedienti per le strade della capitale del pianeta desertico Lothal. Qualcuno ha detto Aladdin? Durante le sue bricconate, Ezra si troverà spesso in situazioni pericolose contro i soldati imperiali, che ormai imperversano ovunque nella galassia dopo la dissoluzione della Repubblica e la presa di potere dell’Imperatore. Ci troveremo per l’appunto quattordici anni dopo i fatti del terzo episodio della saga cinematografica, e questi enormi eventi sembrano echeggiare in continuazione all’interno dell’episodio, fornendo un background che dà senso di continuità e che metterà a proprio agio anche i fan storici.
Ritornando alle avventure del giovane Ezra, lo vedremo fiondarsi senza riflettere da una situazione spericolata all’altra, fino a quando (ben presto in realtà) non si imbatterà in un gruppo di fuorilegge ai quali, durante un tentativo di sottrarre alcune casse di armi agli imperiali, si unirà.
Ecco il nocciolo di ribelli che dà il nome alla serie: Garzeb “Zeb” Orrelios, un Lasat (leggi: grosso felino bipede tutto muscoli) che cerca di apparire rude e scontroso, per poi dimostrarsi il classico gigante dal cuore d’oro; Sabine Wren, una cacciatrice di taglie mandaloriana (chi ha giocato a Knight of the Old Republic avrà un tuffo al cuore); Hera Syndulla, la Twi’lek a comando dell’astronave del gruppo, la Ghost; Kanan Jarrus, il leader carismatico del gruppo, dal passato misterioso di cui non voglio parlare per non rovinarvi una delle poche sorprese di una trama per lo più piatta, come abbiamo già avuto modo di dire.
Come si può vedere, non mancano gli stereotipi, e si è attinto a piene mani dai cliché tipici di Star Wars. Il senso di già visto, insomma, sarà forte, ma d’altro canto ogni elemento che riusciremo a riconoscere ci tranquillizzerà sul fatto che quello che stiamo vedendo effettivamente rimane Star Wars. Tutto appare ben studiato e la realizzazione è ottima, con uno stile visivo che addirittura sembra ispirato al concept art della trilogia originale, realizzata dal geniale Ralph McQuarrie. Lo stesso personaggio di Zeb è basato in realtà sul bozzetto originale pensato per Chewbecca, e persino le musiche sono tutte riadattamenti dei temi più famosi composti dal maestro John Williams.
Insomma, tra luoghi comuni e citazioni ben studiate, la sensazione è che la Disney voglia sia catturare una vasta utenza di giovanissimi che magari non erano ancora neppure nati alla fine della seconda trilogia – portare Star Wars ad una nuova generazione, insomma –, sia soddisfare gli appassionati più esigenti, gli ortodossi della saga che si sono sentiti traditi dalla mossa di Lucas. Una giusto mezzo tra innovazione e tradizione, una tradizione così importante che la Disney ha pensato bene di salvaguardare e valorizzare.
Siamo chiari, Rebels rimane comunque un prodotto per i più piccoli, ma che farà tornare bambini anche i più nostalgici. Ma sappiamo benissimo, e lo sa anche la Disney, che con Episode VII gli appassionati si aspettano molto di più che delle belle animazioni e dei colori sgargianti. Cadere nel lato oscuro è molto facile, anche per un bonaccione come Topolino. Per il resto posso solo dirvi (e anche qui so di cadere in un cliché, ma in fondo Star Wars è anche questo): May the Force be with you!
– Davide Carnevale –