Durante il trascorso B-Geek 2014, tenutosi in quel di Bari, abbiamo avuto modo di incontrare varie personalità del mondo dell’intrattenimento ludico, come vi abbiamo già accennato (cliccate qui e qui per rinfrescarvi la memoria): a riprova del fatto che il Sud Italia e la Puglia in particolare hanno molto da dire sotto il profilo fantasy (non dimentichiamoci nemmeno dell’Hobbitton 2014 tenutosi nella città della famosa “disfida” cavalleresca, ossia Barletta), abbiamo seguito uno dei numerosi seminari ed incontri tenutisi nella due giorni di settembre presso la cittadina pugliese, tenuto da un giovane quanto oramai affermato esperto del settore: Gilbert Gallo, romanziere, writer e game designer.
Nell’ottica di offrire sempre riscontri pratici a voi, affezionati isolani, che vi interessate del mondo ludico e del gdr nello specifico, abbiamo scambiato qualche parola nel tempo che Gallo ha sottratto ad altri impegni per fare con lui il punto sul mondo dell’editoria ludica, della produzione di un gdr e per avere le anticipazioni del suo lavoro, alcune delle quali si sono concretizzate proprio al recente Lucca Comics & Games 2014 con la pubblicazione, assieme a Simone Raspi, dell’ambientazione ispirata all’omonimo gioco di carte Warage, adattata all’originale e flessibile sistema del gdr Savage World: per chi non lo sapesse, quest’ultimo è stato eletto, semplicemente, come il Miglior Gioco di Ruolo dell’Anno, il che ha riempito doppiamente di giusto orgoglio gli autori italiani che hanno potuto lavorare sul già citato adattamento dell’ambientazione.
Di Savage World e di Warage nello specifico parleremo in modo approfondito prossimamente.
Tornando all’ospite che abbiamo intervistato, Gilbert Gallo si dimostra più che disponibile a condividere consigli con gli aspiranti creatori di giochi di ruolo, mettendoli anche a parte delle proprie esperienze personali.
“La prima cosa che dovrebbe decidere chi si propone di creare un gioco di ruolo,” esordisce “è se desidera creare un sistema che sia destinato all’uso privato, ossia di una ristretta cerchia di persone – che solitamente gravitano attorno all’autore stesso, come tipicamente accade per il gruppo di gioco- o se invece punta a creare un sistema che sia destinato alla vendita. Per quanto possa sembrare una scelta semplice, se non scontata, le cose sono più complesse: un sistema destinato al proprio intrattenimento personale o di un piccolo gruppo di persone sarà sempre flessibile perché, dovendo corrispondere ai gusti di pochi e nello specifico dell’autore, potrà sempre venir adattato, modificato e risulterà sempre perfettibile, per così dire. Un gioco destinato invece alla vendita, che poi è il sogno più comune da parte di un autore, necessita invece di una serie di considerazioni accessorie: si intende creare un gioco completamente nuovo, differente da ogni altro? Quale potrebbe essere, dunque, il bacino di utenti di un gioco che non ha paragoni con altri sistemi più familiari? Può essere una cosa ponderata oppure è una scelta azzardata puntare su qualcosa di così diverso dalle abitudini dei giocatori (come un sistema d20 o d100) che si potrebbe accontentare poche persone e soprattutto si rischierebbe di spaventare o scoraggiare tanti? Sono tutte domande che devono essere messe sul piatto della bilancia fin dall’inizio”, ci dice Gallo.
Difatti il segreto del successo o meno di un gdr che venga creato dipende proprio da una serie di fattori che non possono venir trascurati e che devono essere messi in correlazione, stando a quanto ci viene raccontato: un’idea vincente, un regolamento originale, la presenza o meno di una casa editrice, così come illustrazioni e layout accattivanti sono tutte variabili di un’equazione che, quando pure produce risultati positivi, può diversamente spingersi verso una soddisfazione personale (“ce l’ho fatta!”) senza altri sbocchi oppure verso la gloria professionale (e , perché no, anche economica) che nasce nel momento in cui il proprio gioco incontra con successo il mercato. “Nel 2005, quando creai il mio primo gdr, GILDAR, puntai molto su alcuni aspetti di quelli elencati, tra cui un’idea vincente, un regolamento originale e una diffusione in autonomia del mio prodotto, senza passare attraverso una casa editrice né rendendo accattivanti il manuale ed i suoi contenuti: nonostante questo gdr avesse e conservi ancora oggi delle potenzialità, il risultato non fu entusiasmante e, quindi, non fu esattamente il successo che speravo.”
Sulla base di quanto ci viene riferito, dunque, è plausibile ritenere che la casa editrice possa giocare un ruolo importante nell’attività che decreta o meno il successo commerciale di un nuovo prodotto ludico: “ci sono molteplici soluzioni che si prestano a portare avanti un gioco, dal Digital Publishing al Traditional Publishing, dal Self Publishing al Print-on-demand; ma il ruolo della casa editrice deve essere sempre quello di perfezionare l’opera con opportuni accorgimenti tesi a presentare concretamente l’opera sul mercato in modo accattivante, decidere il giusto prezzo e promuovere l’opera in ogni modo possibile per raggiungere il più grande numero di fruitori finali che sia possibile.”
Considerando che in Italia le case editrici sono tante, ci si potrebbe aspettare che le cose vadano nella giusta direzione, specie tenendo conto del fatto che ciascuna casa editrice è poi specializzata in un sotto settore: eppure, “… qui iniziano altri problemi, perché spesso chi gestisce queste attività, rispetto al gdr, le pratica come corollario di un normale lavoro, quindi si deficita alle volte di giusta competenza, il che non può non creare delusioni cocenti o frustrazioni in chi è un aspirante game designer. Sempre attingendo alle mie esperienze, nel 2007 vinsi il GDR ITALIA CONTEST con il gioco di ruolo di mia creazione intitolato Mythos, che la allora famosa Rose adn Poison (una casa editrice in voga tra gli autori emergenti, ndr) si accaparrò: nonostante il grande successo che il gioco riscosse al successivo Lucca Comics & Games, anche in questo caso non giunse il giusto riconoscimento perché la casa editrice, semplicemente, dopo alcuni mesi svanì nel nulla (c’è chi dice che sia fallita).
Lecito sarebbe, a questo punto, credere che dove falliscano i terzi soggetti, possa riuscire l’autore stesso tramite la sua volontà, le sue forze e i suoi mezzi, avvalendosi del self-publishing; ma, personalmente, non è una strada che consiglio di percorrere salvo non sia vista come una seconda scelta: gli impegni a cui ci si espone, specie per l’autopromozione della propria opera – ma anche per la realizzazione concreata della stessa- spesso sono tali che, il più delle volte, scema anche il desiderio di proseguire oltre un certo limite con un progetto. “
A questo punto, interrompiamo Gilbert Gallo: se le cose stessero effettivamente così, ci sarebbe ben poco da stare allegri, perché con queste premesse ci appare chiaro che le possibilità concrete di successo o anche solo di affacciarsi sul mercato risultino essere poco meno che chimeriche; ma egli interviene precisando che quanto riferito vale finchè si resta confinati nell’angusto panorama nostrano. Il principale consiglio che egli elargisce, a questo punto, è di aprirsi all’Inghilterra o, comunque, al mercato anglofono, precisamente all’America: non solo perché l’inglese è la lingua comune mondiale (sebbene le lingue asiatiche stiano per scalzare tale affermazione) cosa che accresce immensamente il potere commerciale di un nuovo prodotto, ma anche perché al di fuori dell’Italia, il numero di giocatori di ruolo o di case editrici serie nel settore (e, quindi, di acquisti di prodotti da lanciare) è spesso e volentieri di 100 a 1.
“Infatti, a questo punto, mi era chiaro che l’Italia non era in grado- o forse, non era ancora pronta- di dare il giusto spazio a questo settore ed alle nuove idee: fu così che contattai la Mystical Throne Entertainment, una casa americana licenziataria di Savage Worlds che in America è una realtà consolidata, alla quale presentai il progetto di Mythos che piacque al punto di firmare il contratto prima ancora di apportare quelle migliorie e conversioni , tenuto conto del regolamento di SW, che hanno permesso di pubblicare, finalmente col successo che merita, il mio gioco come un’ambientazione del sistema di Savage Worlds, ossia Mythos – Battle of Thermopylas. Creare un gioco non è affatto facile, specie se lo si crea dal nulla, perché troppe variabili o alienità a meccanismi standard ne inficiano già in partenza la portata: è già meglio puntare sulle ambientazioni originali per sistemi collaudati, cosa che apre tutta un’altra strada; in ogni caso, creare un gioco già in partenza destinato al mercato anglofono è senza dubbio il passo più importante che si può compiere, nonché il più corretto: editori responsabili sanno riconoscere un buon prodotto e hanno tutto l’interesse a venderlo, reclamizzandolo a dovere: a poco contano le difficoltà linguistiche, nulla di ciò è insormontabile per chi, lavorando responsabilmente in questo settore, sa come mettere un autore a proprio agio. L’importante è, tuttavia, non arrendersi mai e rialzarsi con l’entusiasmo inalterato.Quest’anno è poi arrivato il nuovo successo grazie a Warage, presentato a Lucca Comics & Games 2014, che ha sancito anche la mia collaborazione con la MTE e la forza commerciale di questo nuovo, più leggero e flessibile, sistema di gdr..”
Si ringrazia Gilbert Gallo per l’intervista.
– Leo d’Amato-