Certo che ne ha sollevato di polemiche questo filmetto qui… non puoi osare di intingere la punta del piede (o dovrei dire il puntatore del mouse?) nel grande stagno della Rete che rischi di cadervi dentro, affogare in balia della marea di commenti carichi di odio e risentimento. “Nolan, sei una merda!”, “che palle!” oppure “è una cagata pazzesca, vergogna!“, cose così. I commenti di memore fantozziana entrano in risonanza con quelli affascinati di chi è uscito dalla sala ammaliato e soddisfatto, felice di aver visto un filmone e, per una volta, di non aver buttato soldi che, altrimenti, sarebbero stati impiegati in un blu-ray o in una ben più produttiva e filante pizza margherita. Il web impazza, tra detrattori ed ammiratori del regista. E sì, ho voglia di pizza. Ma è anche vero che sono tra quelli usciti applaudendo dalla sala. Ma perché Interstellar, l’ultimo kolossal di Christopher Nolan, ci è piaciuto così tanto?
Le premesse del plot di Interstellar non lo pongono certo tra i capolavori di originalità del cinema hollywoodiano. Il consueto patriottismo americano di fondo scatena l’immancabile impeto romantico del voler salvare il mondo e dell’essere “eroi, anche solo per un giorno”, come cantava David Bowie, in puro stile Armageddon. Ciao Bruce WIllis, so che segui sempre Isola Illyon, anche se non ti è mai andata giù quella mezza storia clandestina tra un nostro redattore e Liv Tyler, ma non facciamo nomi che è meglio.
Diciamocelo, non è colpa degli intrecci narrativi, è il carattere intrinseco della distopia ad avere quel sapore di banalotto e di scontato già di per sé, perché non c’è bisogno di una premessa epocale, perché ciò che conta è focalizzarsi sui personaggi, e come vivono lo scenario post-apocalittico. Persone comuni, immerse in un qualcosa di inusuale e terribile. È il rapportarsi a loro in quella situazione disperata che rende il distopico un genere così affascinante.
Qui la cornice catastrofica è data dalla “piaga” che sta dilaniando le coltivazioni dell’intero mondo, rendendole aride e infertili e lasciando spazio alla crescita esclusiva del mais. C’è polvere, polvere ovunque, e l’umanità è prossima ad oscurarsi in un vortice inesorabile di sabbia. Toccherà a Cooper (il premio Oscar Matthew McConaughey), ex-ingegnere e pilota Nasa, ritiratosi a causa di un disgraziato incidente, lanciarsi nella più grande impresa del genere umano: partire alla volta di universi sconosciuti, lanciarsi in un gigantesco wormhole, esplorare l’immensità siderale, e trovare un nuovo pianeta da poter chiamare casa. Cooper rappresenta l’ultima speranza del pianeta Terra, e non può fallire.
“Infuria, infuria contro il morire della luce”, ripete più e più volte nel corso del film il professor Brand, interpretato dal magistrale Michael Cane, attore feticcio del regista, riprendendo i versi del poeta gallese Dylan Thomas. Interstellar parla, senza vergognarsi, di una storia d’amore. È l’umanità che cerca di sopravvivere ma, prima di tutto, è la storia dell’amore di un padre per la figlia, perduta nel tempo e nello spazio, a dimensioni di distanza, dalla quale ha promesso di ritornare. A proposito, applausi per tutti, compresa la rossa Jessica Chastain. Partiamo dalla fine. A bocce ferme, terminata la visione, mi sono inevitabilmente inerpicato sulla via crucis dei pareri di chi avesse visto il film in questi giorni. E, scioccato, ho letto commenti arrabbiati “che voi utenti non potreste nemmeno immaginarvi”, tanto per restare in tema sci-fi e distopico. Probabilmente c’è chi si aspettava, sin dal primo trailer, di recarsi al cinema e di vedere il lungometraggio definitivo per tutti gli amanti del genere, una pellicola scientificamente fedele al 100%, capace di portare a schermo le più note teorie partorite finora. A tutti i delusi e amareggiati, che ricercavano tanto, posso consigliare, senza remore alcuna, l’intrattenimento dato da un bel documentario.
Non è che Nolan mandi a farsi benedire totalmente leggi della fisica e bruci i libri di teoria, attenzione. Anzi, svariate volte nel film intervengono momenti “spiegone”, che d’altra parte in una pellicola simile mi sembrano d’obbligo. Il già regista di Inception ha saputo omaggiare l’intero bagaglio del cinema di fantascienza dagli albori ad oggi. Gli oltre 60 minuti di sequenze IMAX ci catapultano in un universo muto e ovattato, dove non siamo altro che un puntino fluttuante, se paragonati agli anelli di Saturno, o al mare di stelle che li avvolgono. Il regista fa tesoro delle carrellate di 2001: Odissea nello Spazio, della claustrofobia opprimente di Gravity, delle distese planetarie alla Mass Effect, ponendole alla base di una trama che plasma e modella nel suo stile arrovellante e mai lineare, giocando al suo solito con i piani temporali (Memento vi ricorda niente?), una vicenda incalzante ed emozionale, complice la coinvolgente soundtrack di Hans Zimmer, un altro fedelissimo del regista, nel suo stile finalmente non rombante o aggressivo come le ultime incarnazioni supereroistiche. Interstellar è visivamente così sbalorditivo da vedere, e la sua fotografia è talmente potente che svariate volte mi sono trovato piegato in avanti, a bocca spalancata, quasi volessi cadere nello spazio profondo per perdermi in una nebulosa, su un pianeta sconosciuto, abbracciare un buco nero…
A tutti i detrattori della trama, a chi l’ha considerata banale e scialba, agli esperti quantistici, penso che non abbiate capito molto di quest’opera. Svariate volte Cooper si trova a dire che lui e gli altri componenti della missione sono esploratori. Di nuovi mondi, di nuove possibilità, di ripopolamento. Credo che l’intento ultimo della pellicola – a parte quello di farmi odiare Matt Damon ancor più di quanto lo odiassi prima – sia di esplorare il fondo dell’animo umano, e scoprirsi più forti delle leggi che governano la realtà stessa. E sì, mio dio, c’è il messaggio dell’ammòre alla base di tutto, più forte anche delle attuali leggi della fisica, di una pentadimensione o di esseri intergalattici più evoluti di noi. Ma riuscite ancora ad emozionarvi? Oppure, ormai, siete definitivamente “andati docili in quella buona notte”?
– Mario Venezia –
Interstellar, nel buco nero dell’animo umano
Isola Illyon
- Regia e fotografia impeccabili;
- Tutto il cast è di altissimo livello;
- Tre ore e non sentirle: emozioni;
- Leggero calo nella parte con Matt Damon;
- Matt Damon;
- Toglierà un altro Oscar a Di Caprio?;