DISCLAIMER: Quella che state per leggere è una recensione del film. Come tale, per ragioni logiche, logistiche e perfettamente comprensibili, contiene spoiler inevitabili al fine di capire di cosa stiamo parlando. Se non volete rovinarvi la – relativa – sorpresa, non proseguite oltre.
Un uomo innamorato
Nel suo romanzo (1897), lo scrittore irlandese Bram Stoker non esplicitava il collegamento tra il suo Conte Dracula e il Principe Vlad l’Impalatore, limitandosi ad implicarlo in alcuni passaggi. Il film di Francis Ford Coppola (1992), trasposizione di quel romanzo, trasformava quel collegamento in un prologo, in cui un fenomenale Gary Holdman rendeva tutta la disperazione di un uomo innamorato per l’eterna dannazione della quale la sua donna si era resa incolpevolmente prigioniera. Se il vero Lord Impalatore ebbe tre mogli, spesso per ragioni politiche, le sue controparti cinematografiche sono legate indissolubilmente alla consorte e prendono spesso decisioni fondamentali per vendicarla, per salvarla o perché già l’hanno persa.
‘Dracula Untold’ – uscito il 30 ottobre in Italia, ma in circolazione da più di venti giorni nel resto del mondo – si presenta come il primo capitolo di una serie di film della Universal dedicati alle origini dei mostri più celebri del cinema – anche se, dopo gli incassi tutt’altro che eccezionali, il progetto sembra in bilico e gli sviluppi futuri sono quantomai incerti.
La trama
Il film tenta di ampliare l’ambientazione del già citato prologo, richiamandosi velatamente all’opera di Coppola, ma modificando la trama nella speranza di sorprendere gli spettatori. È il 1462: i perfidi Turchi minacciano le terre di Vlad con un esercito imponente. Il nostro paga i tributi, tenta di mantenere un equilibrio finché il sultano Mehmet II non gli chiede la consegna in ostaggio del figlio – stessa sorte toccata a Vlad vent’anni prima. La ribellione è d’obbligo (chi ha detto ‘Braveheart’?), ma Vlad non ha un vero esercito e per sconfiggere i Turchi fa una sorta di patto col diavolo: per tre giorni avrà ‘in prova’ i poteri di un vampiro; se resisterà alla sete di sangue, tornerà umano, altrimenti manterrà per sempre la nuova condizione.
‘Game of Thrones’ in salsa transilvana
Diciamolo subito: il film non è propriamente un horror. Non spaventa lo spettatore, e anche il livello di gore è bassissimo. È una specie di epic fantasy a tinte dark, ecco: c’è una sorta di supereroe, con poteri soprannaturali – in questo caso demoniaci – e c’è una battaglia impossibile da vincere, se non ricorrendo a quei poteri.
La parte più gradevole è probabilmente quella iniziale, che rispecchia – al netto, si badi, di molte infedeltà, imprecisioni storiche e licenze poetiche – il personaggio storico di Vlad III di Valacchia. L’ispirazione a ‘Game of Thrones’ è evidente nei costumi, nella scena della celebrazione pasquale, persino nella scelta di taluni attori che ritroviamo in questo film (il giovane Art Parkinson, Rickon Stark nella serie TV e Ingeras, figlio di Dracula, nel film; il ben più scafato Charles Dance, già Tywin Lannister, nel ruolo di Caligola, il primo vampiro), con un certo effetto straniante. I costumi sono ben realizzati, e su tutti spicca sicuramente l’armatura dell’Ordine del Drago.
L’accompagnamento musicale è decisamente azzeccato, ad esempio quando offre una sottolineatura drammatica ai momenti tra Vlad e la moglie Mirena, ma non dispiace neanche nei momenti più concitati. Sorpresa sorpresa, anche il compositore viene da ‘Game of Thrones’: è Ramin Djawadi.
Superpoteri sì, ma con moderazione
Il guaio è che non solo il film abdica ben presto a qualunque approccio realista, ma rinuncia addirittura ad ogni pretesa di verosimiglianza. Dracula pesta un intero esercito a mani nude; un personaggio – del quale non riveleremo il nome per evitare spoiler troppo grossi – cade da una torre in cima a una montagna e non soltanto non si spiaccica, ma rimane addirittura in vita il tanto di mormorare le sue ultime battute. Momenti come questi fanno vacillare esageratamente la sospensione di incredulità dello spettatore, tirando un po’ troppo la corda.
Non solo le singole situazioni, ma anche la trama nel suo complesso perde di quando in quando ogni parvenza di coerenza: come fa un manipolo di soldati turchi a comparire all’interno del castello? Non c’è una scena che lo spieghi, né prima né dopo: sono lì e basta. E non è l’unico buco in una trama che, per appena un’oretta e mezza di durata, tende a sfilacciarsi ben oltre il lecito. Ad esempio: da dove sbuca il “servitore” che si mette al servizio di Vlad, tentando di trasformarlo in vampiro? Perché la vera natura di Vlad viene svelata, agli occhi dei suoi compratrioti, dopo appena un minuto di osservazione? Perché anche i sassi sanno come si sconfigge un vampiro? E soprattutto: perché alla fine Dracula riesce addirittura a controllare a piacimento nuvole e tempeste?
La sottile metafora dell’atto sessuale sottesa al romanzo di Bram Stoker e ripresa dal ‘Dracula’ di Coppola si riduce qui ad una sete di sangue dichiarata, ma mai realmente fatta percepire allo spettatore, che si risolve in una-scena-una di preliminari interrotti à la ‘Twilight’, senza mai davvero rendere il dramma di una impellente compulsione psicofisica a bere il sangue umano. Dopodiché il problema sembra dimenticato, l’istinto vinto dalla ragione (senza necessità di ulteriori confronti) e dalla ragione stessa liberato nel momento di somma necessità.
‘Dracula begins’?
Anche sul versante visivo le cose non vanno meglio. A fronte di un budget di circa 70-100 milioni di dollari, la computer grafica è spesso abusata, con effetti paradossali: praticamente tutti i paesaggi sono realizzati digitalmente, e stridono con le inquadrature ravvicinate delle rocce o del castello, creando di quando in quando un effetto fumetto che ricorda alla lontana il film ‘300’ di Zack Snyder. Come lo ricordano la telecamera che scorre su immagini fisse, le uccisioni in slow-motion o le stesse scenografie dell’accampamento turco, pericolosamente simili alla pacchiana tenda dell’Imperatore-Dio Serse. E la famigerata scena del “pugno di pipistrelli” che si abbatte sui Turchi fa pensare, più che altro, al manicomio di Arkham assediato dalla SWAT in ‘Batman begins’. Sempre in tema Batman, la visuale del vampiro, che evidenzia in rosso i nemici e le prede, sembra ripresa paro paro dalla ‘Modalità detective’ dei videogiochi della serie ‘Arkham’.
“Gli uomini non temono la spada, temono i mostri…”
Buona la prova degli attori: Sarah Gadon, bellissima, riesce a dare intensità al personaggio di Mirena, anche se rimane imprigionata nella bidimensionalità della moglie devota e sempre schierata dalla parte del marito; Art Parkinson, il giovane Ingeras, mantiene, come in ‘Game of Thrones’, il ruolo del bambino inutile, piagnucolone e privo di sostanziale utilità; Charles Dance appare troppo limitato dal ruolo per rendere appieno – e certo il doppiaggio italiano non aiuta. Luke Evans si comporta invece più che bene, mettendo sentimento in un personaggio che vorrebbe essere sfaccettato, ma alla fine – anche per una questione di ristrettezza dei tempi della pellicola, costretta a correre dall’espediente dei tre giorni di prova – si riduce al binomio amorevole uomo di famiglia vs. vampiro assatanato. Peccato quindi per il contesto in cui la recitazione di Evans e della Gadon si inserisce.
La fine del film suggerisce la possibilità di un sequel, in attesa del quale – in tutta onestà – non tratterrei il fiato. Il mistero rimane: con una buona idea per la trama, bravi attori, un discreto budget, un’ambientazione gotica e un personaggio immortale (in tutti i sensi), come si è potuto mancare un successo che doveva essere assicurato? Personalmente, dovendo puntare il dito contro qualche comparto, direi che a mancare sono state l’attenzione alla resa grafica del film e – soprattutto – una sceneggiatura adeguata, credibile e coerente con se stessa.
– Stefano Marras –
‘Dracula Untold’: la recensione
Isola Illyon
+ La buona prova attoriale di Luke Evans e di Sarah Gadon
+ Le musiche di Ramin Djawadi, azzeccate soprattutto per i momenti più intimi e riflessivi, all'inizio del film
+ La prima parte, per certi aspetti - anche stilistici - affine a 'Game of Thrones'
+ I costumi, attentamente studiati e convincenti
- I grossi buchi nella trama
- Alcune scene troppo inverosimili per essere apprezzabili
- Gli effetti speciali, non all'altezza di una produzione così ambiziosa
- I fondali realizzati in CG e le scene in stile '300'
- La 'Modalità detective' utilizzata come soggettiva del vampiro: sembra di giocare ad 'Arkham City'
- La totale bidimensionalità dei Turchi e del loro Sultano
- La durata eccessivamente ridotta per sviluppare una storia di questa portata
- La semplificazione esagerata delle pulsioni vampiriche di Vlad