Ci siamo. È ormai arrivata la festa più dark e macabra dell’anno: Halloween. Periodicamente condannata dalla Chiesa come festa paganeggiante e para-satanista, divenuta ormai più un fenomeno commerciale e di costume, questa tradizione ha radici più profonde di quanto non si possa immaginare. Per capirlo è sufficiente riflettere sulla data: il 31 ottobre, vigilia della festività di Ognissanti, rimanda ad una sovrapposizione con l’antica festività celtica di Samhain (utilizziamo la grafia più comune e accreditata), una celebrazione per la conclusione dell’estate e l’inizio della stagione fredda, nonché dell’ultimo giorno di raccolto. Nella tradizione celtica, improntata ad una concezione circolare del tempo, questa festa cadeva in una sorta di limbo tra l’anno vecchio e l’anno nuovo, assottigliando il velo che ordinariamente separa il mondo dei vivi da quello dei morti.
La tradizione di Samhain ha trovato nuova vita nei culti neopagani, in particolare nella Wicca, per la quale rappresenta una delle principali festività della Ruota dell’Anno. Parallelamente, però, è sopravvissuta e ha prosperato sotto nuove forme: come spesso accadeva, infatti, nella sua penetrazione nel tessuto pagano la Chiesa ha man mano assorbito queste tradizioni inglobandole nelle proprie. Ne è indice il nome stesso che la festa ha assunto, una variante scozzese che deriva da ‘All-Hallows-Eve’, cioè ‘Vigilia di Ognissanti’.
A questo punto, però, immaginiamo che i nostri lettori si pongano una domanda che, francamente, sorge spontanea: perché il simbolo di Hallowen è una zucca?
Per capirlo dobbiamo scavare a fondo nel folkore irlandese e conoscere la storia di Jack-o’-lantern (anche se vincende non dissimili si possono rinvenire nelle tradizioni di gran parte dell’Europa Occidentale: Inghilterra, Scozia, Spagna, Francia e, non ultima, Italia; è sempre evidente la matrice celtica). Nella leggenda irlandese questo fabbro beone, tirchio quanto Scrooge, ma astuto quanto il mediterraneo Ulisse, ha la dubbia fortuna di incontrare il Diavolo in persona, che manifesta un particolare interesse per la sua anima. Siccome il nostro è tanto ubriacone quanto astuto, dapprima rischia di perdere l’anima, ma successivamente utilizza il suo ingegno superiore per ingannare il povero Satana. Ci sono mille varianti di questo inganno, ma fondamentalmente passano tutte per una sorta di trappola costruita con il segno della croce. Una delle più diffuse e divertenti vede Jack convincere il diavolo ad arrampicarsi su un albero per raccogliere una mela e intrappolarlo lassù disegnando una croce sulla corteccia. Alla fine, lo scaltro protagonista della storia libera il diavolo, ottenendo in cambio l’esonero dall’eterna dannazione. “Mica male”, direte voi. E invece no, perché – come molte storie ci insegnano – bisogna stare attenti ai desideri che si esprimono: il loro realizzarsi potrebbe diventare la nostra condanna.
Forte del suo patto col Diavolo, infatti, Jack vive una vita dissoluta e peccaminosa e, quando giunge la sua ora, si vede comprensibilmente sbarrata la strada per il Paradiso. Al tempo stesso, però, viene rigettato anche dall’Inferno, dal quale Satana lo scaccia, trasformandolo in un’anima errante. Disperato davanti all’enormità dell’errore commesso, con un futuro peggiore dell’eterna dannazione davanti a sé, Jack si lamenta col Diavolo dell’oscurità in cui è precipitato e quello, come ultimo insulto, gli lancia un inestinguibile tizzone d’inferno, che quello che ormai è diventato il povero Jack-o’-Lantern raccoglie e infila in una rapa (cibo del quale, stranamente, pare andasse ghiotto), facendone una lanterna.
“Cosa?!?” direte voi, “Una rapa?!?”. Sì, precisamente, proprio una rapa. La zucca arriva in un secondo momento, quando la tradizione europea sbarca in America – da dove poi verrà nuovamente importata nel Vecchio Continente – e i locali decidono di utilizzare per l’appunto le zucche, agevolmente reperibili in grandi quantità e più facili da da intagliare. Ad ogni modo, che sia rapa o che sia zucca, l’importante è che sul davanzale di ogni casa faccia bella mostra di sé una lanterna intagliata negli ortaggi, così da segnalare a Jack-o’-lantern, intrappolato da secoli nella ricerca di un posto in cui mettere le tende, che quell’abitazione è già occupata da qualcun altro. Nel variare delle tradizioni, poi, la lanterna è utile per tenere alla larga anche altri morti – o meglio, non morti.
Anche l’Italia non è esente da celebrazioni affini a quella di Halloween, che hanno preceduto la sua rinascita a metà strada tra neopaganesimo e moda anglosassone e che, in alcuni casi, tuttora persistono in parallelo. In Friuli-Venezia Giulia, in Calabria e in Sicilia si registrano riti tradizionali, sempre legati all’idea di un incontro fra il mondo dei vivi e quello dei morti, connessi alla zucca svuotata e intagliata nella forma del teschio, nei quali bambini mascherati si aggirano per le case domandando dolciumi e minacciando conseguenze negative di vario genere. Curiosamente lo stesso avviene anche in Sardegna, con la tradizione de ‘Su mortu mortu’. Di particolare interesse è la celebrazione della festa di Sant’Andrea (30 novembre), in voga sempre in Sardegna, a Martis, Nulvi e in altri Comuni del Goceano e dell’Anglona: in questo caso, come nell’Halloween re-importato in Europa, i bambini bussano alle porte delle case del paese – ciascuno porta una zucca (‘sa corcorija’) illuminata da una candela – e ripetono una nenia minacciosa: “Sant’Andria muzza li mani, cantas azzolas has filadu…”, ricevendo per questo dolci o monetine. Anche in Toscana, Lazio, Liguria e Lombardia si conservava traccia, fino alla metà del Ventesimo Secolo, di tradizioni che legavano in qualche modo il ritorno dei morti, il fuoco, la luce e le zucche intagliate.

Bart Simpson trasformato in lupo mannaro da un incantesimo, nella puntata ‘Treehouse of Horror XVI’ (in Italia: ‘La paura fa novanta XVI’). Ormai ogni anno ‘I Simpson’ celebrano la ricorrenza di Halloween con uno speciale episodio a tema horror
Alla fine del percorso secolare e ramificato del quale abbiamo cercato di dare un’idea, Halloween – con la sua focalizzazione su rituali occulti, morti e non-morti, spettri erranti e scheletri ghignanti – rimane una festa decisamente atipica, che tanto diverte quanto crea disagio. Forse perché tocca temi-tabù per la nostra società, come la Morte e, in definitiva, la Paura. Proprio questo vale a renderla speciale: il fatto che serva ad esorcizzarle, coltivandole e, al tempo stesso, ridicolizzandole. Non è dunque un caso che, quest’anno, i costumi (da ammalato, da medico in tuta NBC, da infermiera sexy…) più venduti siano quelli tematicamente legati al virus ebola, la grande fobia – più o meno giustificata – di questo 2014.
Non ci resta, quindi, che augurarvi buon Hallowen!
P.S.: Anche dalle vostre parti ci sono tradizioni popolari simili a quelle di cui abbiamo parlato? Volete descrivercele? Non esitate, Isolani, commentate!
– Stefano Marras –