Non chiamatelo, per carità, retrogaming. ‘Pillars of Eternity’ non è né un remake né un reboot, bensì una Proprietà Intellettuale completamente nuova che sa di vecchio… ma non di stantio. Tutt’altro. I pochi fortunati che hanno avuto il piacere di seguire dal vivo una demo del gioco ne sono usciti stregati, con l’animo in subbuglio come bambini davanti alla vetrina di un negozio ancora chiuso. Il nuovo prodotto della Obsidian Entertainment sfida il mercato mainstream, ma al tempo stesso ne crea uno nuovo, uno tutto suo, in cui domanda e offerta si incontrano raggiungendo il perfetto equilibrio.
Andiamo per ordine: ‘Pillars of Eternity’ nasce con il nome assai ambizioso di ‘Project Eternity’ (ne aveva parlato qui Mario Ferrentino), lanciato dalla Obsidian nell’insidiosa frontiera del crowdfunding. Per capirci, Obsidian vanta nel suo curriculum successi di pubblico e di critica come Knights of the Old Repubic II, Neverwinter Nights 2, Fallout: New Vegas; quel che più conta, nasce nel 2003 da una costola dei leggendari Black Isle Studios. Su Kickstarter, in una campagna trionfale conclusasi nell’ottobre 2012, il Progetto raccoglie qualcosa come quattro milioni di dollari, a fronte del solo milione richiesto, aggiornando in continuazione i suoi obiettivi, conquistando oltre 73.000 sostenitori con una promessa semplice: riproporre, nella seconda decade del Ventunesimo Secolo, le emozioni e le sensazioni suscitate dai giochi di ruolo per PC comparsi tra la fine degli Anni Novanta e i primi Anni Duemila, capolavori rimpianti basati sull’Infinity Engine come ‘Baldur’s Gate’ e ‘Planescape: Torment’. Chi, meglio dei ragazzi capitanati da Feargus Urquhart e Chris Avellone, poteva raccogliere l’eredità dei classici del gioco di ruolo occidentale?
Il bello è che sembrano proprio esserci riusciti. Pillars of Eternity riprende tutti i punti di forza dei classici già citati, dalla visuale isometrica all’impostazione del combattimento basata sulle statistiche, rigettando qualunque componente action. Al tempo stesso, prende la ricetta cara ai vecchi appassionati e la aggiorna, utilizzando un nuovo motore grafico (Unity Engine) e rifiutando di applicare le regole e le statistiche portate di peso dal gioco di ruolo pen-and-paper ‘Dungeons & Dragons’ (per i classici che abbiamo richiamato si trattava ovviamente dell’edizione 3.5), dando la preferenza ad un sistema creato appositamente. L’impatto grafico è senz’altro notevole. Obsidian riesce ad amalgamare alla perfezione i modelli poligonali dei personaggi con una costruzione certosina degli sfondi interattivi in 2D, regalando un colpo d’occhio straordinario. Quanto all’autonomo sistema di regole, poi, Obisidian ha rivelato la presenza di ben sei razze diverse, combinabili liberamente con undici classi, ciascuna suscettibile di proseguire su sentieri diversi grazie alle specializzazioni, alle sottoclassi e alle multiclassi. Insomma, una serie di combinazioni pressoché infinita.
Come nei classici RPG, sarà fondamentale l’interazione con i compagni. Gli sviluppatori garantiscono che ogni azione che compiremo, ogni decisione che prenderemo non mancherà di avere ripercussioni sui nostri rapporti con gli altri membri del party – oltre che sull’evoluzione della storia. Anche un gesto banale come l’attraversamento di un ponte potrebbe portare un rapporto ad incrinarsi: i compagni reagiranno a qualunque nostra mossa e ad ogni nostra scelta. Allo stesso modo, sia le quest legate all’avventura principale sia le side-quest potranno essere risolte con approcci differenti, in base alle scelte e alle abilità dei nostri personaggi: così moltiplicando il numero di ore di gioco, già inquadrabile nell’ordine delle decine. L’interazione, tuttavia, non sarà limitata al piano verbale: in maniera piuttosto astuta, per non esigere sacrifici che la grafica del gioco non potrebbe sopportare, Obsidian ha inserito delle cut-scene un po’ particolari, costruite a mo’ di librogame, in cui il più potente motore grafico esistente al mondo – l’immaginazione del giocatore – sarà chiamato a dar vita alle situazioni descritte per iscritto, mentre ragione e sentimento si scontreranno per decidere se aiutare un compagno che incespica sul ciglio di un burrone o se lasciarlo cadere nel precipizio.
Per i giocatori con velleità di feudatario e con una passione per il lato gestionale non mancherà la Fortezza (Stronghold, in originale), un castello del quale – a un certo punto della storia – il nostro PG entrerà in possesso. Ovviamente lo si troverà diroccato e abbandonato, quindi starà al nostro avatar trovare le risorse per rimodernarlo e renderlo un riparo confortevole, magari imponendo delle tasse sulle terre circostanti. Nei sotterranei sarà possibile costruire una prigione nella quale rinchiudere i nemici catturati in battaglia, che potremo interrogare (e torturare…?), a patto di non abbassare mai la guardia contro i loro tentativi di fuga. La Fortezza sarà utile anche per ospitare i PNG in soprannumero rispetto alla capacità del party, che potranno partire da questa base per dedicarsi a nuove avventure; inoltre consentirà di guadagnare degli speciali bonus attraverso la costruzione, ad esempio, di una sala da allenamento o di una libreria.
Tutto questo non vi è bastato? Allora parliamo del lore, creato da zero proprio per questa splendida iniziativa. Il mondo in cui è ambientato Pillars of Eternity si chiama Eora, ha due lune ed è coperto da mari e continenti. Tra questi quello che più ci interessa è
l’Eastern Reach, l’area – grande più o meno quanto la Spagna del mondo reale – in cui si svilupperanno le vicende del gioco. Questa terra, solo da poco tempo aperta alla colonizzazione umana, ha già proclamato la propria indipendenza rispetto all’Impero Aedyr, madrepatria avida, lontana e per questo ben presto dimenticata. La zona, divenuta così un crocevia di popoli e di razze (Umani, Elfi, Nani…), è però funestata da dei fenomeni naturali più unici che rari: i Biamhac, tempeste al cui interno si dibattono incessantemente gli spiriti dei morti e che, al loro passaggio, strappano l’anima dei malcapitati che non trovano riparo e non sono sufficientemente forti da opporre resistenza. Di questi fenomeni sente parlare il nostro protagonista, quando la carovana con cui si accompagna si ferma per indagare su delle morti, causate – per l’appunto – dai Biamhac. Par di capire che proprio sulla comprensione di questo mistero si incentrerà in massima parte l’avventura offerta da Pillars of Eternity.
Cosa si può fare, oltre ad attendere l’uscita di questo capolavoro annunciato? Per i più curiosi segnalo la pagina ufficiale del gioco, in modo da non perdere nessun aggiornamento, oltre alla Wiki ufficiale di PoE. Originariamente la Obsidian puntava ad un rilascio nella primavera del 2014, ma la necessità di implementare tutte le aggiunte promesse in dipendenza del cospicuo afflusso di finanziamenti ha portato ad un slittamento all’insegna del motto che contraddistingue anche l’uscita di The Witcher 3 della CD Project: “il gioco sarà pronto quando sarà pronto”. Intanto, già dal mese di agosto i più fortunati e tempestivi finanziatori avranno accesso alla beta del videogame, di modo che l’uscita (sotto l’egida del distributore Paradox) sembra non distare poi troppo. Forse in autunno, in coincidenza con l’uscita di Dragon Age – Inquisition, la più mastodontica espressione del nuovo gioco di ruolo occidentale. Alla domanda “temete il confronto?”, gli sviluppatori rispondo di no: “Sono mercati diversi.”
E voi, Isolani? Siete nostalgici degli old-school RPG o preferite l’innovazione portata da Bioware? Oppure lo spirito della frontiera e il conservatorismo coesistono nei vostri animi? Fatecelo sapere nei commenti, prima che un Biamhac di passaggio vi rubi l’anima!
– Stefano Marras –